Abbiamo provato il fortissimo sequel di Ubisoft
Tra le molte anteprime presenti anche quest’anno alla Milan GamesWeek, la nostra attenzione non poteva che posarsi sullo stand dell’inarrestabile Ubisoft che, oltre alla vendita di gadget ufficiali a prezzi bassissimi, ha portato con sé un buon comparto di titolo, da quelli già disponibili a quelli in dirittura d’arrivo. Tra questi ultimi il protagonista assoluto è stato l’attesissimo The Division 2.
I miglioramenti rispetto al primo capitolo sono evidente, per questo non vediamo l’ora di avere il mano il prodotto finale!
The Division 2 è stato presentato allo scorso E3 con una data d’uscita già prevista per il 15 marzo 2019; per tutto quello che è già stato rilevato sul titolo vi rimando a questo articolo post E3 per una presentazione più dettagliata. Per quanto riguarda la nostra prova invece il gioco è stato presentato tramite una periferica PC, per permetterci di goderlo al meglio con un frame rate stabile e una grafica sostenuta; ci è stato riferito che il prodotto che stavamo provando era ancora in Alfa, con la versione Beta che sarà disponibile in futuro per chi si è iscritto attraverso i servizi Ubisoft. Ogni postazione era dedicata ad una delle nuove tre classi, grande novità per questo sequel, senza la possibilità di selezionare quella più congeniale al giocatore. Non sappiamo ancora con certezza se ogni agente creato potrà passare da una specializzazione all’altra nel corso dell’avventura o se, per testarne una nuova, sarà necessario creare un nuovo agente e ricominciare da capo l’intera esperienza, come accade per esempio nel diretto rivale Destiny. Possiamo però immaginare che ciò sia possibile visto che durante il gameplay, quando si attende il respawn del proprio personaggio, compare un’opzione relativo alla classe con cui si vuole rientrare in partita.

La missione che ci è stata presentata è la stessa che abbiamo potuto vedere durante l’E3, nella periferia di Washington con quel grande relitto di un aereo schiantato al suolo e brulicante di ostili. Per affrontare l’incarico abbiamo vestito i panni dell’agente della divisione di classe Survivalist, dotata come arma caratteristica di una balestra di precisione, molto efficacie da una media e corta distanza, con un ruolo più improntato al supporto. Infatti, il danno provocato dalla sua arma caratterista non era eccessivamente sbilanciato, ma era dotata di un set di equipaggiamenti in grado di stordire i nemici per facilitare il compito ai compagni che offrivano fuoco di soppressione verso gli ostili. Per fare un esempio: la nostra agente era dotata di una sorta di lanciagranate (simile alla pistola che usava il medico nel primo capitolo per le cure di massa), la quale poteva lanciare a ripetizione dei fumogeni rosa in gradi di bloccare immediatamente le azioni d’attacco dei nemici. Ovviamente i personaggi che ci hanno fatto provare avevano un assetto precedentemente impostato di abilità ed armi, siamo quindi riusciti a vedere forse l’1% delle combinazioni di capacità degli agenti, rispetto a quelle che saranno effettivamente presenti in gioco.

Per quanto riguarda tutto l’ambiente di gioco e i nemici che ci circonderanno, durante le missioni o anche solo l’esplorazione, il distacco è veramente netto e ben visibile rispetto al primo The Division. Sappiamo che sono passati vari mesi dagli avvenimenti del primo capitolo e che c’è stato un cambio di stagione, ma questo fattore viene ancora di più valorizzato e diventa evidente con il cambio di città e ambientazione; passare da una cupa, fredda e chiusa New York verso una fiorente, luminosa e spaziosa Washington ci dà più respiro e ci fornisce la sensazione che la Divisione questa volta possa finalmente debellare tutte le minacce. Durante il gameplay ci è stata presentata una singola tipologia di nemici, con i loro diversi gradi, riconoscibili tramite il colore della barra con i punti vita e talvolta una fisionomia completamente differente; vita rossa per i nemici base, vita viola per un rango più alto, con una barra superiore per l’armatura e anche un piccolo simbolo per verificarne la specialità: cecchino, granatiere e via discorrendo. Infine, la brra della vita era gialla per i mini boss, presenti in duplice copia, nella stessa missione; quest i nemici presentavano una stazza molto più grossa e un’armatura che li ricopriva interamente, dandogli quasi una fisionomia robotica e con una barra dwlla resistenza nettamente più lunga rispetto ai normali nemici. Per fortuna ognuno di loro presentava dei punti deboli che, una volta individuati, ne hanno reso la sconfitta meno difficoltosa. Inoltre, se verrà mantenuto queso trend anche nella versione finale, sembra che sia garantito un drop rate molto più elevato rispetto al precedente capitolo; per entrambi questi nemici di rango maggiore è stato garantito un drop di colore giallo (il più raro in The Divison 1) non solo a me, ma anche ai miei compagni di squadra; fatto che ci fa sperare in un migliore bilanciamento nelle ricompense di gioco, per qualunque giocatore e in ogni tipologia di missione affrontata.

In conclusione, ho potuto riscontrare anche qualche piccolo aspetto nell’ambiente circostante molto differente dal primo capitolo, come banale esempio i civili che incontriamo nel mezzo di una missione non sono più inerti e passivi come quelli di New York, ma addirittura ci aiutano partecipando attivamente nella dinamica di combattimento; mi sono ritrovano dietro un riparo con accanto un PNG che, imbracciando un fucile a canne mozze, aiutava noi agenti a sconfiggere i nemici. Parlando poi di ripari, il level design presentato in quest’Alfa non si discosta più di tanto da quello del primo capitolo; ovviamente gli spazi più aperti danno un maggiore senso di libertà e movimento, ma sostanzialmente i punti di riparo per i momenti di scontro sono disposti strategicamente per non rimanere troppo scoperti al fuoco nemico. Il gioco di squadra sarà fondamentale per il successo dell’operazione, con tutte quelle dinamiche cooperative che sfruttano le abilità dei vari agenti che rimangono invariate; sono state però aggiornate con delle novità, come per esempio l’inserimento dei droni che potranno sia essere usati come difesa personale che per difendere un agente alleato. Sembra insomma un titolo rinnovato sotto molto aspetti, ma con una struttura di base stagna e consolidata dal suo predecessore che non ci turba affatto. Infine, come piccola chicca, parlando con il gentilissimo addetto di Ubisoft ci è stato dichiarato che la Dark Zone, quindi la componente PvP di The Division, sarà sicuramente presente con un posizionamente stimato attorno alla Casa Bianca, teoria che avevo posto nello scorso articolo e che pare sia consolidata da parte di Ubisoft. Quanto visto e, finalmente, giocato, ci ha reso estremamente fiduciosi verso questo progetto, e non ci resa che attendere almeno l’uscita della Beta per provare il tiolo più approfonditamente per qualche giorno, mentre ci prepariamo al 15 marzo prossimo.