Tra i generi più apprezzati del mondo indie ci sono i metroidvania, i roguelite e tutti quelli che in un modo o nell’altro riescono a inserire al loro interno alcune meccaniche dei soulslike. Se ora vi dicessi che in questo caldo agosto i ragazzi di Motion Twin hanno pubblicato un gioco che riesce ad appartenere a tutte queste categorie e che, allo stesso tempo, rende onore a tutte loro? Il nome di questo riuscitissimo miscuglio è Dead Cells, titolo che molti di voi potrebbero già aver conosciuto mentre era in early access su PC ma che, ora che è completo, approda su tutte le console con la forza necessaria per diventare un nuovo classico.
Uno dei primi elementi che ricalca i soulslike arriva dalla storia apparentemente assente e “spiegata” in modo estremamente blando, specie all’inizio. Una strana melma verde prenderà possesso di un cadavere senza testa in una misteriosa prigione, rendendolo di fatto il nostro personaggio principale. Non potendo parlare con i vari PNG che troverete in giro per il mondo di gioco (senza testa e con uno strano globo luminoso al suo posto si fa poco in questo senso…) lo vedremo esprimersi a gesti molto esplicativi ma, solo dopo essere morti la prima volta, inizieranno ad arrivare alcuni pezzi del puzzle.

Il Prigioniero, questo il nome con cui viene identificato all’inizio, non può infatti morire per davvero ma ad ogni decesso tornerà nella cella che ha dato il via all’avventura. Proprio le vostre sconfitte serviranno a far evolvere gli eventi che accadono sulla misteriosa isola in cui sarete, la quale cambierà forma ad ogni vostra morte per giustificare il meccanismo procedurale che modifica ad ogni partita i livelli che affronterete. Un sistema di narrazione decisamente affascinante e al contempo criptico che si accosta magnificamente ad un gameplay che, comunque, rimane il re incontrastato di questa produzione.

Con un 2D che inquadra l’azione lateralmente come in un classico Metroid e Castlevania, Dead Cells propone un sistema di combattimento e di movimento che li ricorda in più di un’occasione. Se dal primo prende alcuni poteri che una volta conquistati rimarranno vostri per sempre, dal secondo (specie dall’originale) prende la costruzione a livelli, evitando di mettervi all’interno di un mondo unico. Si parte da un punto A e si esce dallo stage dal punto B, seguendo una serie di livelli che talvolta può variare grazie ad una seconda uscita. Nel mezzo troverete nemici, trappole, miniboss (che altro non sono che mostri potenziati da una maggiore energia e da abilità speciali) e ovviamente boss veri e propri. Senza girarci troppo intorno vi avviso subito che la difficoltà è alta ed obbliga a studiare e riconoscere i pattern dei nemici, ma l’azione è molto più rapida rispetto ad un classico soulslike. Non disperate però, perché ad aiutarvi nell’impresa troverete teletrasporti che potranno velocizzare il ritorno sui vostri passi nel caso abbiate preso una deviazione in cerca di tesori e oggetti preziosi, mercanti che venderanno oggetti da voi sbloccati nelle partite precedenti, PNG che potranno migliorare il vostro personaggio nella run in corso e addirittura sidequest.

Morirete comunque spesso e personalmente ho respirato quell’aria nostalgica da vecchio cabinato arcade in cui non esistevano “continue?” o comunque si sceglieva di ricominciare da capo ogni volta per sfruttare al massimo le poche monetine che si aveva in tasca. Vi dico questo perché in Dead Cells è stato inserito il permadeath: se vieni ucciso perdi tutto quello che avevi in quel momento e non puoi più recuperarlo. Non ci sono “pozze di sangue” a cui tornare, ma solo una nuova run da affrontare, potenziando nuovamente da capo il Prigioniero. L’eccezione a questa regola sta tutta nelle abilità speciali acquisite che possono anche aprire nuove strade nei livelli precedenti a dove le avete rinvenute, nei progetti raccolti che diventano oggetti acquistabili in futuro e nelle cellule che avrete investito alla fine di ogni stage da uno speciale mercante. Anche se avete speso 20 cellule in un’abilità o in un oggetto che ne richiede 60, dopo essere morti vedrete che quell’abilità richiederà solo le restanti 40. Avvicinarsi sempre più allo sblocco di un potenziamento o di un’arma che a quel punto potrà essere rinvenuta durante la partita, sono piccoli traguardi che aumentano le nostre possibilità di riuscita, creando un vortice in cui, anche quando si muore e si riparte da capo, si sa comunque di aver fatto dei progressi.

In un gioco in cui si muore spesso è importante che il fattaccio non si verifichi per problemi dovuti ai controlli. Per fortuna questo inconveniente è scongiurato da una risposta eccellente che permette di agire immediatamente alle minacce con attacchi di vario tipo e con la fondamentale rotolata evasiva. Le armi che potrete rinvenire sono tante e soprattutto varie, con fruste elettriche, spade di fuoco, pedate, granate, trappole, archi, scudi e moltissimo altro. Solitamente potrete portare con voi un’arma principale, una secondaria come per esempio l’arco (con frecce limitate e da recuperare), lo scudo o alcune magie, e altre come trappole e bombe che invece hanno un cooldown. Queste avranno statistiche precise che potranno aumentare in base alle tre caratteristiche da migliorare tramite speciali pergamene che, però, verranno anch’esse azzerate alla morte. Per gli amanti dei numeri e del DPS, ci sarà comunque parecchio da scoprire, avendo la possibilità di creare un personaggio che da una partita all’altra potrebbe essere molto diverso in statistiche ed equipaggiamento.

Che Dead Cells sia un piacere da giocare mi sembra di avervelo già spiegato in lungo e in largo, ma che possa essere anche un piacere per occhi e orecchie non era affatto scontato. Prendendo spunto da alcune glorie a 16-bit, il titolo Motion Twin garantisce una qualità invidiabile in moltissimi aspetti. Le animazioni del Prigioniero per esempio sono validissime, oltre che fluide, mostrandoci un personaggio che si muove con un’agilità impressionante se mosso da mani abili. I nemici potevano forse essere un po’ più numerosi, ma la necessità di studiare i loro pattern e di poter essere messi KO con pochi colpi li rende temibili e anche molto riconoscibili. Menzione d’onore per i livelli, tutti studiati a tavolino in fatto di ambientazioni, ma creati da un algoritmo che alterna alcune zone più random ad altre invece fisse e necessarie sia per la narrazione, sia per dare loro uniformità. Prigioni, fogne, paludi, bastioni e molto altro sono disegnati con grande cura e lasciano nel giocatore quella sensazione di aver davvero intrapreso un’avventura epica. Questo è enfatizzato dalla colonna sonora, altro tassello fondamentale e di gran classe in questo mosaico, in grado di tratteggiare combattimenti rapidissimi e boss fight davvero tese. Pur senza un qualsiasi doppiaggio, il gioco è tradotto anche in un buon italiano.
Dead Cells è quello che potrei definire il gioco indie da aver in questa estate 2018. Pur avendone provati parecchi e tutti molto validi, questo incrocio tra generi ha creato un’avventura appassionante e incredibilmente rigiocabile, perfetta per partite veloci (il gioco salva quando voi deciderete di tornare al menu principale, facendovi tornare nel punto esatto in cui avete interrotto), così come per partite in sequenza che, anche nel fallimento, avranno il pregio di migliorare le vostre conoscenze e le vostre possibilità, rendendo il vostro personaggio sempre più pronto e meglio armato per il confronto che lo aspetta. Solo chi mal sopporta ricominciare sempre da capo dopo la morte dovrebbe lasciarlo sullo scaffale digitale, anche se così si perderebbe un’uscita che in realtà propone partite che non sono mai uguali tra loro. Un’ultima nota: la nostra prova si è svolta senza intoppi su PC, ma anche le versioni PS4 e Xbox One non mostrano problemi. L’unica che accusa qualche calo di frame rate in specifiche zone (per esempio i Bastioni) è la versione Nintendo Switch, ma gli sviluppatori hanno già promesso una patch correttiva che risolverà l’inconveniente. All’arrivo di questo aggiornamento, la possibilità di giocare a Dead Cells in portatilità renderà questa versione quella da preferire.
- – Riuscito mix di generi
- – Gameplay eccellente
- – Mappe procedurali ma con intelligenza
- – Alto livello di sfida
- – Personalizzazioni infinite per partite sempre nuove
- – Comparto tecnico e artistico di alto livello
- – L’obbligo di ricominciare dal primo livello dopo ogni morte può non piacere
