Il classico ritorna senza cambiare
Quando Blizzard ha annunciato di essere al lavoro per riportare sui nostri sistemi Diablo 2, in tanti ci siamo esaltati. È merito di questa produzione datata 2000 se oggi definiamo “alla Diablo” diversi giochi che hanno fatto la loro fortuna sul bottino fatto di armi ed equipaggiamenti più o meno rari; il poter giocare oggi un titolo così seminale è un grosso vantaggio per chi che nel 2000 magari non era neanche nato, così come per i più stagionati, che magari hanno solo voglia di rivedere sui loro schermi un hack ‘n slash su cui avevano passato chissà quante ore. Riuscire nell’impresa però non era semplice perché c’era il rischio di modificare eccessivamente quello che Diablo 2 rappresentava; così, per creare questo Diablo 2 Resurrected, si è scelto di rimanere fedeli all’opera originale, con tutti i pro e i contro che ne derivano.

Diablo 2 inizia poco dopo la fine dell’originale. Nel filmato introduttivo, ripulito per l’occasione, assistiamo alla venuta dell’Oscuro Viandante, un essere che sembra perdere il controllo in una locanda, scatenando la fuoriuscita delle armate infernali. Un anziano di nome Marius assiste alla scena e benché sia terrorizzato da quello che ha visto, sceglie di seguire questo losco figuro. A questo punto ci troveremo con il personaggio che avremo scelto nel primo dei quattro atti, cinque se si considera anche l’espansione Lord of Destruction che in questa versione è inclusa nel pacchetto, insieme a tutti gli aggiornamenti. Da qui inizierà la vostra avventura in un mondo di gioco creato casualmente, se non per gli elementi cardine su cui si basano le missioni da affrontare. Non ci sono livelli di difficoltà, almeno finchè non avrete terminato il gioco, e potrete solo scegliere se vorrete giocare con un eroe che può resuscitare all’accampamento (pur perdendo il suo equipaggiamento, da recuperare tornando sul luogo del fattaccio) o se volete giocare in modalità hardcore, ossia con eroi che saranno persi per sempre una volta che verranno sconfitti. Si può poi giocare le due varianti anche in modalità Ladder, ossia con classifiche online che tengono traccia dei vostri progressi durante tutta l’avventura.

Le sette classi a disposizione (5 di base più 2 relative all’espansione) sono ovviamente molto diverse ma possono garantire esperienze spesso complementari. Potrete scegliere di creare un personaggio online, così che sia salvato sul vostro account Battle.net e recuperabile anche da una diversa piattaforma (anche se dovrete comunque comprare il gioco anche su quella), oppure potete anche scegliere di creare un eroe offline che sarà presente solo sul vostro sistema. Fatto questo scoprirete che ogni classe rappresenta un modo alternativo di giocare, pur con similitudini ovvie che però si affievoliscono sempre più mentre si sale di livello e si ottengono poteri unici e potenziamenti. Ogni creatura sconfitta, oltre alla possibilità di rilasciare oro, oggetti ed equipaggiamenti, fornisce punti esperienza per il level up. Questo non è automatizzato come in Diablo 3, ma ci permette di scegliere l’abilità che vogliamo acquisire, così come di aumentare per cinque volte le quattro caratteristiche di base su cui si basa il nostro eroe. In questo modo si può sbagliare clamorosamente, assegnando la forza ad un mago, così come il potere magico ad un barbaro, ma chi ha un minimo di esperienza con i giochi di ruolo non avrà problemi a capire come procedere creando la propria build preferita.

Qui arriviamo al nocciolo della questione: Diablo 2 è molto diverso rispetto a Diablo 3. Se il terzo capitolo è stato fin da subito più “arcade” e spettacolare, permettendo a tutti di divertirsi nel mondo di Sanctuarium, ecco che Diablo 2 ci ricorda perché i vecchi giocatori si erano lamentati all’uscita del terzo episodio. Diablo 2 Resurrected sceglie di riproporre quasi integralmente l’uscita del 2000, e con essa anche tutte le meccaniche che oggi possono apparire macchinose e anche un po’ scomode. Anche se l’inventario personale è stato leggermente ingrandito, vi troverete presto a dover scegliere cosa tenere e cosa buttare, con oggetti che non sono nemmeno equipaggibili finché non vengono identificati attraverso una pergamena monouso che potreste non avere. La corsa è limitata da una barra della stamina, i combattimenti, specie all’inizio, sono parecchio ingessati e chi acquisterà il gioco in versione console potrebbe litigare un po’ troppo con i controlli che non sono stati riadattati come in Diablo 3, ma che, nelle fasi in cui si ha l’inventario aperto, sono rimasti legati al movimento di un cursore che simula il mouse. Inoltre non esiste la cooperativa in locale che tanto ci era piaciuta ne terzo capitolo su console, lasciando le scorribande in compagnia al solo online.
Eppure nonostante queste scomodità, Diablo 2 mantiene la sua natura da hack ‘n slash vecchia scuola, che punta molto sulla build del personaggio e che ricorda in modo chiaro gli RPG di una volta. L’azione è presente e andando avanti diventerà tantissima, ma ci sono molti più momenti in cui si esamina molto attentamente l’inventario o il menu del personaggio per scegliere come migliorarsi, osservando le statistiche come si fa, appunto, nei giochi di ruolo più classici.

La componente tecnica è la vera, grande novità di questa Resurrected edition. Se a vederla negli screenshot può non sembrare questo gran miglioramento, premendo in ogni momento un tasto, si può tornare al mondo tutto pixel del 2000. Si capisce che ogni aspetto del gioco è stato potenziato in modo nettissimo, dai personaggi all’illuminazione, passando per le ambientazioni. Anche gli effetti speciali dei colpi magici hanno subito una spettacolarizzazione prima impensabile, ma senza perdere di vista la filosofia di migliorare senza stravolgere. Ogni elemento del gioco è rimasto fedele all’originale e chi si era affezionato a certi design li ritroverà potenziati dalle nuove tecnologie ma ancora riconoscibili. Anche il doppiaggio è stato ripulito e mantenuto, così come le musiche e tutto quello che comporta la componente audio. Non è sicuramente un gioco da mostrare agli amici quando si vuole sfoggiare una PS5 o un PC da gaming da 3000 euro, però rinnova con classe un titolo per troppi anni rimasto nell’ombra.

Se con Diablo 2: Resurrected si voleva riportare alla luce un classico senza stravolgerlo, l’operazione si può dire perfettamente riuscita. Ogni elemento è al suo posto, con tutti gli aggiornamenti e le “novità” che nel tempo hanno caratterizzato questo gioco di importanza storica. Se invece si pensava di poterlo far conoscere alle masse, la missione si intoppa in dinamiche che al giorno d’oggi si vivono come farraginose e scomode, e che possono rendere molto più piacevole Diablo 3, specie per i giocatori console. Gli appassionati di vecchia data possono considerarlo un bel tuffo nel passato, da giocare anche online insieme ad altri appassionati della loro specie, ma i nuovi arrivati che vogliono falciare orde di demoni senza badare troppo a build e statistiche, potrebbero rimanere delusi dal ritmo iniziale, specie se hanno conosciuto e apprezzato l’azione arcade di un terzo capitolo che i cultori di Diablo 2 non hanno mai visto come un vero seguito.
- – Un classico amatissimo, completo di tutto
- – Si è scelto di rimanere fedeli all’originale
- – Gameplay in equilibrio tra pacatezza e furia
- – Sette eroi davvero unici e personalizzabili
- – Tanti contenuti e rigiocabilità altissima
- – Per qualcuno può essere molto lento, specie all’inizio
- – Si è scelto di rimanere (troppo?) fedeli all’originale
- – Gestione dell’inventario scomodo su console

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