Dragon Quest XI: Echi di un’era perduta DE – Recensione

Nella lista dei JRPG più belli di questi ultimi anni c’è sicuramente Dragon Quest XI: Echi di un’era perduta, un gioco di ruolo con combattimenti a turni di stampo classico come non se ne vedevano da tempo, o comunque dall’altrettanto bello Persona 5. Dopo un debutto su Playstation 4 arriva però ora, a distanza di un anno su Nintendo Switch Dragon Quest XI: Echi di un’era perduta: Definitive Edition, una versione ampliata del già ottimo titolo sviluppato da Square-Enix. Vediamolo insieme.

Pur essendo una versione definitiva, le novità di questa uscita si riscontrano sulla propria pelle solo dopo alcune ore, con le prime che si sviluppano esattamente come nella versione originale. La storia narra del Lucente, un eroe a cui potremo dare il nome che vorremo e che accompagneremo in una vicenda molto più complicata di quanto ci si aspetterebbe. Il suo viaggio verso il castello di Hellador sarà l’inizio di un’avventura lunga e appassionante, in cui incontreremo personaggi caratterizzati ottimamente che si uniranno al nostro gruppo  con cui visiteremo luoghi magici che, proprio in questa versione definitiva, faranno da sfondo a situazioni prese di peso dalla storia della saga tutta. Se non volete andare a vedere la recensione della versione standard uscita su PS4, vi basterà sapere che in questo nuovo Dragon Quest c’è ritmo, momenti divertenti e altri potenti, riuscendo a raggiungere il livello altissimo dell’ottavo capitolo, quell’Odissea del re maledetto che ha fatto conoscere la saga qui in Europa.

Anche sul gameplay non mi dilungherei più di tanto, evidenziando come le fasi open world, oltre a offrire oggetti preziosi per chi vorrà esplorarli in lungo e in largo, ci porta i combattimenti con i nemici. Le lotte, seppur simili a molti action RPG di oggi, si svolgono interamente a turni, chiedendoci di selezionare la mossa, la magia o la tecnica speciale da eseguire. Possiamo spostarci per l’area di scontro, ma è solo un trucco scenico che non ha alcun impatto su quanto avremo scelto di fare attraverso il menu. Tutto funziona a meraviglia e le aggiunte che pian piano si innestano nel gameplay, compresa la forgia da viaggio con cui creare anche armi e armature, a patto di avere i giusti materiali e soprattutto la ricetta per farli, rendono il gioco davvero completo e degno di essere giocato.

Fin qui vi ho parlato di quello che era già presente nella versione “standard”, una mole contenutistica a dir poco notevole. Per l’arrivo su Nintendo Switch Square Enix ha puntato ad ingrandire ulteriormente l’esperienza, andando ad inserire in modo divertente e originale ulteriori quest. La parte del leone viene fatta da dall’aggiunta di una serie di missioni che ci porteranno in altri mondi per rimettere a posto fatti e accadimenti che in qualche modo stanno modificando la linea temporale. Meno bizzarro di quanto si potrebbe pensare, questo espediente riesce a mettere a segno diversi obiettivi: oltre ad allungare la vicenda principale e a farci ottenere oggetti ed equipaggiamenti totalmente nuovi, questo strattagemma ci porterà a rivivere alcuni episodi dei precedenti Dragon Quest. Se siete nuovi a questo universo l’effetto sarà piacevole ma non favoloso, ma per rimettere ogni cosa nella giusta prospettiva, bisogna considerare che giocherete queste fasi con grafica e gameplay a 16-bit. Un tuffo nel passato che si rivela quindi completo sia per i personaggi, sia per il giocatore stesso.

La creazione del 2D non si ferma però a questi mondi del passato, ma è stata espansa a tutto il gioco principale. Il passaggio può avvenire sono nelle chiese o comunque nei punti di salvataggio e ci permetterà di iniziare da capo, piuttosto che iniziare un particolare capitolo già affrontato nella modalità tridimensionale. Non è quindi una transizione immediata, magari da attivare tramite un semplice tasto o menu come può avvenire con altri giochi che implementano questa funzione, ma visti i profondi cambiamenti che porta con sé, sarebbe stato impossibile fare altrimenti. Altra aggiunta di valore è la presenza di sidequest che ci metteranno nei panni dei nostri compagni di avventura per raccontarci parti della loro storia che, fino ad oggi erano totalmente oscure o appena accennate. Tutto questo sarà poi accompagnato da una soundtrack che, ora, è interamente orchestrata, affiancando il doppiaggio in inglese e in giapponese selezionabile da menu. L’unica vera differenza che “peggiora” l’esperienza originale riguarda la grafica. Nintendo Switch non ha l’hardware di Playstation 4, e questo lo sappiamo, però questa differenza che ci porta qualche elemento ed effetto grafico in meno (nulla che comunque sia mai troppo evidente o, peggio, invasivo) ci dà la possibilità di avere un gioco incredibile che può essere giocato ovunque in portabilità. E visto il genere e il suo sviluppo, questo è un vantaggio da non sottovalutare in alcun modo. Tenete solo d’occhio la batteria perché l’avventura del Lucente la consuma piuttosto in fretta.

Dragon Quest XI: Echi di un’era perduta – Definitive Edition tiene fede al suo nome completo e ci porta la versione migliore del già meraviglioso JRPG che abbiamo amato su Playstation 4. Scendendo a compromessi sul profilo grafico (ma giusto un filo), abbiamo nuove quest, tutta l’avventura da poter giocare con il 2D a 16 bit di una volta, una colonna sonora ora suonata da una  vera orchestra e la portabilità che solo questa console può offrire. Chi ha già il gioco originale può prenderlo in considerazione in base alla passione che prova verso questa grandiosa uscita perché di contenuti inediti ce ne sono parecchi. Diversamente, se non avete mai messo piede ad Erdrea non avrete occasiona migliore di questa per iniziare un viaggio incredibile che non scorderete facilmente.

Pro
  • – Tante nuove Nuove missioni
  • – Tutto (anche) in 2D
  • – Colonna sonora orchestrale
  • – Ora anche portatile
  • – Tutto quello che già aveva di buono il gioco base
Contro
  • – La grafica ha subito un leggero downgrade
  • – Consuma parecchia batteria in portabilità

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