Fade to Silence – Recensione

La possibilità di scelta è un lusso enorme per l’appassionato di videogiochi odierno. Tra i tanti titoli tripla A che solitamente percorrono strade abbastanza popolari, ormai c’è spazio anche per produzioni meno amichevoli e ostiche. C’è chi ne ha fatto una regola di vita riguardo questo tipo di autorialità, come From Software, e chi invece ha scelto di creare progetti complessi ed elitari partendo quasi da zero. Gli sviluppatori tedeschi Black Forest Games fanno parte di questi temerari che con il survival Fade to Silence hanno scelto la strada più complessa, quella di creare un gioco complesso e sfaccettato che spinga il giocatore e il suo personaggio al limite, riuscendoci pur con alcune riserve dovute più al budget che alla loro abilità, senz’altro di alto livello.

Narrarvi l’incipit di Fade to Silence è questione di un attimo visto che dopo pochi istanti dall’avvio vi troverete a guardare il protagonista Ash mentre viene riportato in vita da un’oscura entità. Questo risveglio che fa da tutorial in modo molto minimale, vi porterà a conoscere un mondo freddo, innevato e in cui uno strano e sconosciuto morbo avvelena piante a animali, portando in vita pericolose creature. Presto scoprirete che potrete purificare il mondo attraverso l’entità che vi ha posseduto all’inizio, ma tutto è lasciato volutamente sospeso in un limbo che lentamente, verrà svelato al giocatore che riuscirà a sopravvivere.

In Fade to Silence esiste il permadeath, ossia quella condizione che, alla morte, cancella inesorabilmente ogni progresso del giocatore, seppur con alcune eccezioni. Questa condizione non avviene al primo fallimento, ma le vite a disposizione del povero Ash sono appena tre, come succedeva nei giochi di una volta. Poi, ogni risorsa, ogni progresso ottenuto dagli accampamenti che potrete fondare e ogni vostra azione andranno persi per sempre, a meno che non abbiate accumulato qualche “vita extra” durante le vostre spedizioni e speso alcuni rari oggetti per migliorare non tanto il personaggio, quanto la possibilità di ricominciare da capo con oggetti e materiali già a propria disposizione, un po’ come accade in un roguelike. Si scopre così quanto l’esplorazione di questo angusto mondo di gioco sia fondamentale fin dai primi istanti, quando vi servirà delle legna da ardere per scaldarvi nel vostro primo rifugio. Una visuale che svela collezionabili di vario genere vi aiuterà nell’impresa, ma indicatori di fame e freddo inizieranno a farsi sentire, rendendo ogni vostro viaggio fuori dall’accampamento denso di tensione.

In un gioco del genere il crafting ha sempre connotati importanti, dando la possibilità di raccogliere oggetti che poi potranno essere elaborati per ottenere armi più performanti, così come equipaggiamenti più utili. Progredendo riuscirete poi a popolare la vostra base, con NPC che consumeranno risorse ma che lavoreranno per voi mentre sarete fuori in esplorazione, sbloccando potenziamenti e progetti altrimenti impossibili da ottenere. Quello che ne consegue è un gioco che si rivela più complesso e oscuro proprio durante le prime ore, quando le meccaniche non sono ancora chiare e le possibilità del povero Ash si limitano ad armi rudimentali e cibo incapace di saziarlo per davvero. Se siete preoccupati per questo genere di benvenuto, gli sviluppatori hanno inserito la modalità esplorazione, una sorta di modalità facile in cui i principali indicatori dei survival game non esistono, così come il permedeath. L’inghippo di partire con queste facilitazioni, utili principalmente per familiarizzare con il gioco, è che gli obiettivi non possono essere sbloccati e, soprattutto, si annacqua un gameplay che nasce per essere giocato con le limitazioni e le difficoltà della modalità originale chiamata, non a caso, Sopravvivenza.

Giocando in modo canonico e superando le prime e più ardue difficoltà, il gioco sviluppa lentamente una profondità davvero notevole, aumentando i metodi di trasporto per Ash e rendendosi sempre un po’ più pronto per le sfide che vi attendono. Il mondo di gioco è vasto e permette di esplorare diverse aree con specifiche caratteristiche, così come di ottenere risorse sempre più importanti dall’ambiente e dalle creature che incontreremo. Fronteggiandole salta agli occhi la più grande difficoltà strutturale di Fade to Silence: il combat system. Basato su colpi deboli e altri forti, su parate e rotolate difensive, sembra di avere a che fare con le dinamiche tipiche dei soulslike, comprese animazioni un po’ legnose e una stamina che pian piano si esaurisce menando fendenti o correndo.

Quello che però differenzia le due produzioni è la pulizia di questi meccanismi, molto più macchinosi e lenti in questa uscita. Eseguire una combo di alcuni colpi deboli potrebbe andare completamente a segno o non andare a segno affatto se l’attacco nemico, anche partendo per secondo, è più veloce del nostro primo fendente. Non si può interrompere l’attacco o eseguire una rotolata che cancelli quel primo attacco quando ci si accorge che, dopo aver dato l’input, il nemico inizia ad eseguire la sua animazione; tutto questo crea momenti in cui si preferisce aspettare il colpo avversario per poi controbattere, piuttosto che finire nella trappola delle animazioni nemiche. Inoltre, visto che anche le possibilità in combattimento sono molto scarse, non si possono effettuare chissà quali approcci al combattimento, appiattendo un elemento che invece avrebbe meritato più cura ed “elasticità” per integrarsi nell’altrimenti notevole gameplay proposto.

Anche tecnicamente Fade to Silence non rispecchia i giochi attuali, sembrando uscire più da una produzione della scorsa generazione di console che da questa ormai giunta al suo apice. Le texture non sono sempre eccelse, così come la modellazione poligonale, mentre le animazioni appaiono fin da subito ingessate e poco fluide. Quello che manca in tecnica viene compensato con un lato artistico ispirato e vario, grazie ad effetti che enfatizzano tormente e passaggi giono/notte. Il senso di pericolo e di urgenza si respira in ogni istante, ma la bellezza di quel mondo così bianco e – solo idealmente – puro, spinge ad uscire per esplorare questo inquietante luogo e, perché no, di capire qualcosa di più sulla creatura dentro Ash e su quello che è successo a queste terre. Le musiche e soprattutto i silenzi aiutano ad entrare nella desolante messa in scena, mentre gli effetti sonori fanno un ottimo lavoro per avvertirci dei nemici o per accompagnare i nostri passi sempre più pesanti sulle soffici ma letali nevi che tutto, o quasi, ricoprono. Un buon doppiaggio in inglese e i testi in italiano chiudono il discorso permettendo a tutti di capire a cosa servono gli oggetti che raccoglierete e come utilizzarli.

Fade to Silence è un survival che lascia poco spazio all’interpretazione delle sue regole: o le rispettate stando attenti a non morire, o vi troverete a dover ricominciare tutto da capo (seppur con alcune conquiste precedenti già in tasta) senza tanti complimenti. Il suo essere spietato con il giocatore meno attento diventa un grande vantaggio per chi invece adora questo genere, offrendo un mondo da esplorare e una serie di misteri da risolvere. Purtroppo il sistema di combattimento eccessivamente rigido rende questa parte dell’avventura poco pulita e gestibile, chiedendo di adeguarsi ad un combat system semplice e, allo stesso tempo, un po’ impreciso. Questo problema, comune anche ad altri esponenti del genere, abbassa il livello qualitativo di un’opera che, anche per via della sua difficoltà (la modalità esplorazione non andrebbe considerata a prescindere, se non per capire i meccanismi iniziali), è dedicata unicamente a quei giocatori che amano mettersi alla prova non tanto con i nemici, quanto con una gestione oculata dei materiali e con una pianificazione attenta delle proprie esplorazioni. Per essere la prima volta di Black Forest Games in un genere così complesso, occorrono comunque dei meritati complimenti perché, se vi piace il genere Survival, saprà intrattenervi e sfidarvi con intelligenza.

Pro
  • – Esplorazioni tesissime
  • – Meccaniche sempre più ricche
  • – Storia misteriosa e intrigante
  • – Comparto artistico si spessore
Contro
  • – Sistema di combattimento troppo rigido
  • – Prime ore molto complesse
  • – Comparto tecnico poco attraente

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