Ghost Recon: Breakpoint – Recensione

L’ultima volta che abbiamo visto la squadra dei Ghost di Ubisoft eravamo in Bolivia e si combatteva uno spietato cartello della droga. All’uscita non tutto andò per il meglio e tra una modalità PvP mancante, una giocabilità per qualcuno un po’ troppo arcade e una storia molto frammentata, la prima incursione nel free roaming dell’amato Tom Clancy’s Ghost Recon aveva lasciato stranito più di un giocatore. Nel tempo però Ghost Recon Wildlands migliorò notevolmente, diventando uno dei giochi Ubisoft più amati in questa generazione di console. L’attesa per il suo seguito era quindi molta alta ma, considerando anche le recenti ammissioni del presidente di Ubisoft, con Tom Clancy’s Ghost Recon: Breakpoint qualcosa è andato storto. Cerchiamo quindi di capire cosa funziona e cosa no in questa nuova avventura.

Nei mesi scorsi Ubisoft si è sforzata per comunicarci che in Ghost Recon Breakpoint non saremmo più stati i predatori, bensì le prede. Anche se la trama vuole portarci a pensarla così, è difficile far cambiare idea a qualcuno finchè non lo si dimostra apertamente. Finchè infatti guarderete l’introduzione in cui il vostro elicottero viene abbattuto vicino alla fittizia isola di Auroa, terra in cui la tecnologia si affida su droni e altre diavolerie elettroniche, non vi sarà chiaro quanto dovrete cambiare il vostro approccio rispetto a Wildlands. Anche i primi passi, con tanto di inedito sistema per curare le ferite, vogliono farvelo capire, ma fintanto che non inizierete a combattere in inferiorità numerica e non vi imbatterete nei Lupi di alto livello, non capirete quanto sia importante una bella fuga cercando anche di non inciampare o scivolare giù da una parete scoscesa, tenendo d’occhio la barra della resistenza fisica. Nella frase che avete appena sentito ci sono quasi tutte le più grandi novità di questo sequel. Cercando però di fare ordine, chiudiamo rapidamente il discorso trama, visto che anche questa volta il nome di Tom Clancy non basta per portarci una narrazione di alta qualità. Il Ghost traditore interpretato dal Jon Bernthal di The Walking Dead e The Punisher non è male, ma non credo riuscirà a rimanervi impresso a lungo. Il resto è abbastanza prevedibile e pilotato, facendosi giocare più per l’infinità di cose da fare che per vedere come va a finire una trama che incrocia i tipici ingredienti del genere, senza però inventarsi nulla di nuovo. Quindi, per essere chiari, non è per la storia che si gioca Ghost Recon: Breakpoint, situazione che comunque non dovrebbe sorprendervi.

Quello che invece potrebbe sorprendervi e non nel modo giusto è il come si giocherà questa nuova avventura. Dopo esservi collegati ai server Ubisoft, pratica necessaria per avviare il gioco, potrete scegliere di giocare in solitaria o insieme agli altri giocatori che popolano Auroa. Potrete incontrarli all’interno di un hub sempre a portata di viaggio rapido o dai tanti bivacchi sparsi per il mondo di gioco, per unirvi a loro per una qualsiasi missione. Al contrario di quanto accade per esempio in Destiny, non li incontrerete mentre starete svolgendo attività più o meno specifiche come assaltare una base o affrontare una missione e questo, per chi sceglie di giocare “in santa pace” è un’ottima cosa. Molto meno valida è invece l’idea di eliminare la squadra di Ghost per chi sceglierà di giocare in single player. Se in Wildlands avevate comunque un team di altri tre Ghost che vi seguivano durante tutto il gioco, offrendovi supporto e aiutandovi un po’, in Breakpoint se scegliete di giocare da soli, non ci saranno BOT ad accompagnarvi, eliminando di fatto il senso di squadra che fino ad ora è stato il tratto distintivo di questa serie fin dagli esordi. Se volete dei compagni di squadra dovete cercarli online attraverso una serie di filtri, ma rimane la grossa incognita dovuta al fatto che il vostro compagno potrebbe disconnettersi nel bel mezzo di una missione o semplicemente potrebbe scegliere di andare a completare missioni per conto suo, obbligandovi a seguirlo o lasciarlo andare e, di fatto tornare a giocare da soli. Ovviamente se avete degli amici queste critiche non sussistono, ma siccome non è sempre così semplice, bisogna tenerne conto. Inoltre si segnalano le Ghost Wars, nome della modalità competitiva 4 contro 4 che però, per adesso, si limita ad alcune mappe e a due modalità molto basilari. Si possono completare obiettivi anche qui e avanzare, ma l’offerta di Auroa nella sua modalità standard è molto più avvincente.

Senza il nostro team di Ghost, giocare in solitaria è molto diverso da come ce lo ricordavamo. Il titolo si può esplorare e portare a termine anche così, è importante dirlo, però per le prime ore sono rimasto piuttosto spiazzato. Iniziando poi a recuperare il drone con cui taggare i nemici, così come quelli per effettuare i colpi sincronizzati (altro marchio di fabbrica della serie, ora relegato a piccoli droni che fungono da consumabili), qualcosa ha fatto click e mi sono ricordato le intenzioni di Ubisoft quando dice che stavolta siamo preda dei nemici. Lo stealth diventa importantissimo e le tattiche di guerriglia talvolta fondamentali per dividere le forze nemiche e decimarle pian piano, anche grazie alle armi che potranno quasi sempre essere silenziate. L’IA avversaria non è fenomenale, ma grazie al loro numero e al loro equipaggiamento che coinvolge anche aerei spia, droni e mortai automatici, ogni vostra azione merita un minimo di preparazione e di strategia.
La mappa poi è molto estesa e densa di cose da fare e di obiettivi secondari da portare a termine, tra missioni del giorno sempre nuove e oggetti speciali da recuperare come le armi e i loro accessori, due elementi che ci portano all’altra novità di Breakpoint.

Impostato con un sistema online che prende spunto da Destiny o, per restare in casa Ubisoft, da The Division, il nuovo Ghost Recon continua su questa strada anche per il modo in cui si sviluppa il proprio agente. Oltre ai level up standard che permettono di sbloccare quattro specializzazioni (che però differiscono quasi solo attraverso la mossa speciali che possono attivare) e abilità attive e passive di vario genere, selezionabili da un grande skill tree, la progressione si sviluppa anche attraverso l’equipaggiamento che troverete. Caschi, elmetti, corpetti, pantaloni tattici e scarpe avranno un livello che indicherà la loro efficacia, passando poi ad essere categorizzati con il loro livello di rarità. Alcune missioni richiedono un certo livello per essere affrontate e se non lo avrete saranno dolori, principalmente per via del danno che vi verrà inflitto. Quando invece si tratta dei danni che infliggerete voi, si è scelto di appoggiare la natura più realistica data a questa uscita decidendo che un colpo alla testa, sparato da qualsiasi arma, sarà sempre letale, a meno che non ci siano particolari equipaggiamenti nemici a difendere quella parte del corpo. Avere una pistola comune, piuttosto che un fucile da cecchino incredibile, contro un soldato standard, non fa alcuna differenza, se non per l’ottica, la stabilità e tutte le altre caratteristiche che in effetti rendono migliore l’una rispetto all’altra ma non per questo più letale. La possibilità di trovare armi speciali con le missioni secondarie non è quindi da sottovalutare, così come gli accessori che potrete poi installare modificando e limando alcuni parametri. Darsi alle modifiche non è una pratica fondamentale, specie all’inizio, però sul lungo periodo può essere molto interessante.

Non ci ha convinto granchè invece il sistema di lesioni e ferite che potrete curare sul campo attraverso un kit di pronto soccorso. Cadere da grandi altezze può portare ad una penalizzazione al movimento, così come essere colpiti ad un braccio può impedire di usare specifiche armi. Concettualmente tutto ciò abbraccia il realismo che Ubisoft vuole infondere al gioco, reso ancora più concreto da una maggiore pesantezza e fisicità del vostro personaggio che talvolta rende complessi alcuni movimenti in spazi ristretti. Il problema di questo sistema dedicato ai danni è che molto spesso non si fa in tempo a vedere queste dinamiche perché semplicemente si muore prima. Giocando in gruppo è più semplice ricevere supporto e riuscire a defilarsi per darsi una risistemata, ma se giocherete da soli sarà rarissimo potervi riparare per rattopparvi.
Molto più interessante invece il doppio sistema con cui vengono indicati gli obiettivi delle missioni sulla mappa. C’è quello canonico che vi piazza un puntino da raggiungere e tanti saluti, ma è stato introdotto anche quello più realistico e appagante che, attraverso tre indicazione relative alle location sulla mappa, vi chiede di capire la sua posizione. Questo sistema ci è piaciuto parecchio perché richiede un lavoro di ricerca abbastanza semplice ma anche soddisfacente, rendendolo quello consigliato sia da Ubisoft stessa, sia da noi.

Trattandosi di un open world costantemente online non si poteva sperare nell’assenza di bug o glitch, ma dopo alcuni giorni dal day-one le cose sono sensibilmente migliorate. Nel nostro caso, a circa tre settimane dall’uscita, su piattaforma Xbox One, non ci sono mai capitate disconnessioni o problemi che invalidassero i progressi, segno che il codice sta reggendo bene. Graficamente Auroa propone tanti ambienti differenti ma hanno il difetto di essere troppo disabitati. Se la Colombia di Wildlands era popolata e viva, quest’isola si presenta quasi deserta, con pochi PNG presenti ai bivacchi e qualche personaggio in zone più abitate, ma l’idea che ci siano solo i giocatori e i nemici è molto forte. Nulla da dire sulle armi e gli equipaggiamenti, tutti esaminabili nei dettagli i primi e visibili sul protagonista i secondi, che riescono ad offrire un bel colpo d’occhio anche al giocatore meno esperto. Le musiche non ci sono sembrate così importanti e dispiace che siano andate perse le radio dei veicoli che si prendono in prestito, mentre i dialoghi si confermano ben recitati, specie quelli appartenenti ai personaggi principali.

Tom Clancy’s Ghost Recon: Breakpoint è un gioco molto complesso da valutare poiché sulle prime potrebbe scontentare vari tipi di pubblico, in primis chi ha amato alla follia il precedente Wildlands. Il cambio di passo che intercorre tra il gioco in solitaria e quello in compagnia di utenti fidati è enorme, penalizzando il single player se si cerca l’approccio tipico di Ghost Recon, ma riuscendo a divertire se si agisce in modo più lento e ragionato con toccate e fuga. Rimane comunque il fatto che molte missioni, anche principali, sono studiate per essere giocate da più agenti limitando di fatto la fruibilità di chi aveva giocato per conto poprio Wildlands, senza difficoltà. La maggiore pesantezza della fisica (che però rimane arcade e poco precisa quando si guida), unita ad un sistema dei danni poco praticabile creano degli scivoloni inaspettati. Ed è un peccato perché i contenuti ci sono e aumenteranno ulteriormente con espansioni future e gratuite. Quella che però ci piacerebbe vedere al più presto è la possibilità di formare una squadra con i BOT, così da avere un gameplay unificato che tenga fede ai Ghost Recon che abbiamo sempre conosciuto.

Pro
  • – Tante attività da svolgere
  • – Sistema di progressione ben realizzato
  • – In coop con amici dà il meglio
  • – Buon feedback delle armi
Contro
  • – Single player limitato e senza squadra
  • – Mappa poco viva
  • – Storia scarsamente interessante
  • – Alcune novità integrate superficialmente

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