Meroid Dread – Recensione

La Cacciatrice è tornata

I giochi Nintendo sono conosciutissimi e hanno una marea di serie diverse, ma se chiedete ad un giocatore di vecchia data i primi tre nomi che gli vengono in mente, questi probabilmente sono Mario, Zelda e Metroid. Quest’ultimo fu quello che, a differenza di mondi colorati e fiabe, portava il giocatore su un pianeta alieno labirintico e ostile, chiedendogli di esplorarlo per recuperare strumenti che avrebbero man mano ampliato le sue possibilità esplorative. C’era parecchio dell’Alien cinematografico, partendo dal senso di solitudine e di isolamento, fino alla protagonista femminile che si nascondeva dietro all’iconica tuta spaziale. Correva l’anno 1986. Poi uscirono altri tre episodi, tutti per console diverse, fino al 2002 e a Metroid Fusion. La sua storia riprende oggi, 19 anni dopo, con Metroid Dread, capitolo numero 5 che vuole ricordarci perché un intero sottogenere si chiama oggi “metroidvania”.

La storia di Metroid è abbastanza complicata, specie se consideriamo anche spin-off eccellenti come i tre Metroid Prime e altri più discussi come Metroid Other M. Per semplificarla possiamo dire che se nei primi capitoli canonici, il nemico primario era la forma aliena che dà il nome alla saga, in Metroid Fusion facevano la loro comparsa i Parassiti X, in grado di clonare ogni creatura con cui entravano in contatto. Metroid Dread parte dalla sua conclusione, con un messaggio sconosciuto che arriva alla nave della protagonista Samus Aran e che sembra rivelare l’esistenza di ancora un parassita X, specie creduta estinta dopo il termine di Fusion. Prima la Federazione Galattica che fa capo a Samus ha mandato sette robot E.M.M.I. per esplorare il pianeta ZDR e poi, perdendo i contatti, decide di inviare direttamente la celebre cacciatrice di taglie. Giunta sul pianeta, si scontrerà immediatamente con una creatura che, tanto per cambiare, la priverà di quasi tutti i suoi poteri. Ora che Samus è sola, su un pianeta alieno labirintico e deve recuperare tutti i suoi potenziamenti tecnologici, il Metroid che abbiamo atteso per così tanti anni è finalmente pronto per stupirci ancora una volta.

Chiunque abbia giocato ad un titolo come Hollow Knight e Ori and the Blind Forest sa già cos’è un metroidvania. Per tutti gli altri si tratta di un gioco in 2D che ci porta a zonzo per una mappa ricca di bivi e segreti, nonché aree da esplorare attraverso i vari potenziamenti che otterremo. Metroid Dread è di base tutto questo, con un personaggio scattante come non mai, che può saltare, scivolare e sparare a 360 fin dall’inizio, permettendoci di iniziare l’esplorazione ma mettendoci presto davanti al naso diverse porte sbarrate o aree in cui il semplice salto non basta per passare. A parte queste barriere forzate c’è sempre una strada alternativa che ci porterà verso un potenziamento con cui, per esempio, potremo attivare alcune porte prima impossibili da aprire. Raggiunta la nuova area si riprende l’esplorazione verso il prossimo potenziamento che potrebbe anche spingerci nuovamente verso le fasi iniziali per sbloccare nuove parti di mappa. Questo è il gameplay di tutti i metroidvania, ma in Metroid Dread, tutto questo sistema funziona come un orologio svizzero, con l’aumento graduale dei nemici, il ritorno ad aree già esplorate ma solo in parte, l’uso del contrattacco contro specifiche creature e in generale grazie alla mole di segreti che sono stati nascosti con intelligenza all’interno della mappa, in grado di aumentare ora l’energia di Samus, ora il numero di missili che può portare con sé.

Le aree che affronteremo hanno alcune zone meno caratterizzate di altre, però bisogna ammettere che non è semplice offrire schermate costantemente ispirate in location come grotte, impianti energetici o laboratori tecnologici. Il pianeta ZDR ha diversi habitat più o meno naturali, ma anche se qualche passaggio assomiglia ad un altro, non è mai stato quello il colpevole per avermi fatto perdere nelle grandi mappe che propone. Il “colpevole” è proprio il level design, così intricato ma anche collegato attraverso ascensori e shuttle da lasciare senza parole e talvolta un po’ spaesati. Per fortuna abbiamo sempre a disposizione una ottima mappa che ci indica dove siamo stati, quali bonus abbiamo visto ma non acciuffato e quali porte sono ancora bloccate nonostante si abbia lo strumento giusto per aprirle. Passare un po‘ di tempo sulla mappa sarà anch’esso divertente, perché permette di creare un piano per provare ad avanzare verso un nuovo potenziamento e, di conseguenza, nuove aree da visitare. È un circolo vizioso fatto di esplorazione, azione frenetica a 60 fps e atmosfera, in cui la voglia di scoprire cosa si nasconde più avanti è sempre fortissima e non ci abbandona nemmeno dopo aver completato l’avventura, lasciandoci il desiderio di ricaricare un salvataggio per scoprire fino all’ultimo bonus nascosto. Una volta completato poi si sbloccherà anche la modalità difficile, ma non temete, terminare la prima volta Metroid Dread non è affatto una passeggiata.

Oltre a ritrovare le dinamiche che hanno fatto la fortuna della serie e che hanno creato un genere videoludico, in Dread (che possiamo tradurre come “terrore”) è stata introdotta anche una nuova dinamica che trasforma la prestante cacciatrice Samus Aran in una preda in fuga. I sette E.M.M.I. dispersi dalla Federazione sono ancora in giro per il pianeta ZDR e sono rimasti vincolati ad alcune aree specifiche che pattugliano senza sosta. A questi robot quasi indistruttibili è però successo qualcosa, visto che ora vanno avanti e indietro prestando attenzione a tutti rumori che rilevano. Samus e la sua tuta purtroppo ne fanno parecchio e se finisce nel cono visivo di un E.M.M.I., scatta una caccia spietata che può offrire una speranza solo nella fuga. Se vi va bene, farete perdere le tracce e spererete di non finire nuovamente nel suo campo visivo; se va male e vi acchiapperà, molto probabilmente scatterà il game over che vi farà ripartire dalla stanza antecedente l’area pattugliata. Al massimo potreste riuscire ad eseguire una counter che stordisce l’avversario, ma la riuscita è rara e poi comunque dovrete pensare a dove fuggire visto che il robot riprenderà presto la sua caccia. Ad alcuni giocatori questa variazione non è piaciuta particolarmente perché snatura un po’ lo spirito di Metroid. A me invece è piaciuta un sacco, perché da una parte ricalibra la potenza di Samus anche in fasi che non necessitano obbligatoriamente di boss fight (presenti anche quelle e belle toste) e dall’altra, questa dinamica che incrocia rapidità di fuga e capacità stealth, si limita ad alcune aree e non all’intera mappa, rendendo questi momenti delle variazioni e non una costante. C’è un po’ di trial & error? Sì, ma se studiate la mappa e pensate a vie di fuga e momenti in cui usare l’invisibilità, queste fasi offrono anche tanti brividi che amplificano l’idea di pericolo che si dovrebbe respirare su un pianeta alieno.

Ho giocato Metroid Dread principalmente su una Switch standard collegata alla TV, impugnando un Pro Controller e godendomi ogni frame del fluidissimo gioco creato da Nintendo, insieme a Mercury Steam, già creatore del Metroid: Samus Return per 3DS, remake del secondo capitolo originariamente uscito solo su Game Boy. Il lavoro svolto è ammirevole grazie ad una grafica in falso 2D che permette rotazioni di camera in quello che in realtà è un ambiente tridimensionale. Voi lo giocherete come un Metroid 2D, ma la presenza di brevi cut scene, la ripresa alle spalle di Samus quando sta per sparare colpi potentissimi o per enfatizzare alcune fasi degli scontri con i boss rendono più dinamico un gioco che resta fluido in ogni circostanza. La scelta di mantenere gli scenari più “semplici” trova così una validissima motivazione e noi giocatori rimaniamo comunque stupiti dalla rapidità di Samus e dei suoi nemici. Tutto ciò rende però Metroid Dread un gioco adatto a chi ha una certa esperienza o comunque a chi vuole provare un titolo che sa essere anche parecchio punitivo verso chi agisce senza avere le idee ben chiare sul da farsi. Anche gli effetti sonori sono ottimi, con musiche che incalzano quando devono ma anche con tanti silenzi, interrotti giusto dai movimenti di Samus, dall’apertura delle porte e dai nemici in agguato. È presente anche un doppiaggio in italiano che però riguarda principalmente ADAM, il computer di bordo di Samus. La protagonista, per restare in tema con il senso di oppressione, solitudine e, appunto, terrore, è invece volontariamente silenziosa, scelta che permette alla produzione di mantenere e amplificare la sua identità.

Per farla breve posso dirvi che di giochi come Metroid Dread ne vorrei almeno uno all’anno. Non voglio dirvi che è tutto perfetto, visto che la durata della prima run si assesta sulle 10 ore circa, che non tutte le ambientazioni sono graficamente ispiratissime e che un po’ di frustrazione può saltar fuori dopo che lo stesso E.M.M.I. ci ha fatto fuori cinque volte di fila, eppure… Eppure è semplicemente Metroid, una serie Nintendo che spinge a proseguire, che invoglia l’esplorazione e che offre grandissime soddisfazioni durante le battaglie, anche grazie ad una fluidità magistrale e a comandi reattivi come non mai. È un gioco impegnativo e non adatto a tutti per via di meccaniche che richiedono una certa organizzazione e per un livello di difficoltà non banale, ma è anche un titolo che va premiato perché ci permette di continuare una saga bellissima che ha avuto troppi pochi episodi in 35 anni di carriera. Ora attendiamo Metroid Prime 4, ma se Nintendo vuole iniziare a lavorare su un altro episodio in 2D con questa qualità, noi giocatori saremo sicuramente pronti ad accoglierlo!

Pro
  • – Il ritorno di Metroid!
  • – Esplorazione e azione ben calibrati
  • – Controlli eccellenti
  • – Level design ottimo
  • – Le fasi con gli E.M.M.I. aumentano le emozioni
  • – Tecnicamente bellissimo
Contro
  • – Adatto principalmente a giocatori esperti
  • – Un po’ di trial & error
  • – Una decina di ore non sono moltissime al primo giro

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