Prey – Recensione

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La comparsa di un nuovo Prey all’orizzonte è qualcosa di estremamente raro. Non è un gioco famoso come DOOM e probabilmente molti di voi non hanno mai giocato al titolo originale uscito nel 2006, dopo ben 11 anni dall’annuncio ufficiale. È però probabile che in molti abbiate giocato e apprezzato Dishonored, quel capolavoro stealth che ha portato alla ribalta Arkane Studios, spingendoli ad occuparsi anche di questo reboot. Abbandonato il mondo degli indiani d’America visto nel primo Prey, rimane il concetto fantascientifico e quella libertà sperimentata nelle due avventure di Corvo Attano che, sulla stazione spaziale Talos I, sembra ancora maggiore che a Dunwall e dintorni.

Raccontare un qualsiasi incipit della storia potrebbe rappresentare uno spoiler. Se avete seguito il nostro gameplay della demo o l’avete giocata per conto vostro, saprete già cosa intendo, ma per evitare di rovinare la sorpresa a chi compra il gioco e lo avvia senza sapere nulla, mi limito a dire che l’azione si svolge in un futuro alternativo al nostro. Qui faremo la conoscenza del protagonista Morgan Yu, il quale presto dovrà cercare una via di fuga da una struttura spaziale in cui si stanno scatenando forze tutt’altro che amichevoli.

Detta così sembrerebbe una scopiazzatura di Alien e di parecchi altri film, ma la presenza di esperimenti misteriosi e la natura stessa della contaminazione vi spingeranno a sopravvivere cercando anche di capire cosa diavolo sia successo a bordo. Quello che posso dirvi è che l’esplorazione dei 14 ambienti presenti, vi porterà ad affrontare un viaggio da circa 30 ore a difficoltà normale (la seconda su quattro) che vi rimarrà impresso sia per lo svolgersi degli eventi, sia per il vostro modo d’interagire con quello che vi circonda.

La libertà d’azione – quando è ben fatta – è contemporaneamente fonte di gioia per i giocatori e incubo per gli sviluppatori che spesso tendono a guidarci, lasciando poi tale sensazione solo nella risoluzione di alcuni enigmi. Non che ci sia nulla di male in questo, ma affrontare il gioco come si vuole è diverso dal credere di farlo. In Prey questo concetto s’insinua lentamente nei pensieri del giocatore, ma allo stesso tempo gli fa capire che non esiste un modo giusto o uno sbagliato per ottenere lo scopo.

Considerate che teoricamente il titolo può essere completato senza eseguire una singola uccisione e addirittura senza usare i poteri che potrete “attivare” durante l’avventura, per capire che la libertà di cui si parla potrebbe essere molto ampia. Ciò significa anche un po’ di backtracking ma la sua presenza è mascherata piuttosto bene. Quanto detto potrebbe applicarsi anche al già citato Dishonored, ma stavolta i poteri e le abilità sono molte di più, aprendo ogni area esplorabile in qualcosa di molto personale.

Per evitare confusione, Prey è un gioco in prima persona, ma non è uno sparatutto. Paragonarlo al mitico Portal sarebbe eccessivo visto che le fucilate sono presenti e in certi casi abbondanti, ma di sicuro non siamo dalla parte di DOOM e del suo incedere rapido e spietato, un pallettone alla volta. Questa fatica Arkane Studios si piazza virtualmente al centro, con soluzioni risolvibili con il piombo, ma anche in tanti altri modi, specie utilizzando i già citati poteri.

Trovare soluzioni alternative è una buona idea, anche perché, all’inizio, usare un arma non sembra la qualità più riuscita di Morgan: il sistema di mira, soprattutto nella sua incarnazione console, appare infatti impreciso e stranamente complesso. A prima vista potrebbe sembrare una scelta degli sviluppatori per spingerci ad acquistare potenziamenti appositi e ulteriori accessori da applicare alle armi, ma provando il gioco su PC, in queste fasi si riscontra una maggiore pulizia. È quindi possibile che il feedback su console sia meno preciso del dovuto, ma, vista la natura del gameplay, anche le versioni Xbox One e PS4 sono perfettamente godibili.

Parlando dei poteri, la loro acquisizione non si ottiene tramite punti esperienza e level up, ma con inquietanti iniezioni fatte nell’orbita oculare che, raggiungendo direttamente il cervello, attivano specifiche aree e sbloccano capacità suddivise in tre diversi rami chiamati Scienza, Ingegneria e Sicurezza. A questi si uniranno anche altre tre sottocategorie che, per evitare spoiler, chiamerò “alternative”, a loro volta perfette per incrementare le scelte da operare durante il vostro soggiorno su Talos I. Tutto ciò si integra alla perfezione con luoghi numerosi e ben caratterizzati che, senza risultare caotici o confusionari, offrono vari modi per essere esplorati. Accade così che durante i vostri giri per la stazione spaziale, si trovino oggetti di vario tipo apparentemente inutili, ma a conti fatti fondamentali.

Durante la prima ora è difficile giustificare il motivo per cui il nostro Morgan dovrebbe mettersi in tasca una banana mezza mangiucchiata, la buccia di un limone o un mozzicone di sigaro. Solo quando entrerete in contatto con un macchinario chiamato riciclatore capirete la loro importanza, poiché attraverso questo strumento potrete trasformare ogni cosa raccolta in una o più tipologia di risorse. Una volta ottenuti i vostri cubetti organici, sintetici, esotici o minerali, vi basterà trovare un progetto che li usi come ingredienti, per creare medikit, armi o addirittura iniettori per attivare i vostri poteri.

Anche in questo caso fa nuovamente capolino la liberta menzionata in precedenza, poiché permette di scegliere cosa distruggere e cosa creare, in base al vostro approccio. Se non usate mai la pistola, è facile che vogliate riciclare un po’ dei suoi proiettili per crearne di diverso tipo. Se invece volete divertirvi con l’eccentrico Cannone Gloo, potete creare bombolette di ricarica per la sua schiuma che si indurisce in pochi istanti per fuggire da combattimenti troppo complessi o per effettuare devastanti colpi critici una volta immobilizzato il bersaglio.

Parlando delle creature aliene chiamate Typhon, devo ammettere di essere rimasto sorpreso in più di un’occasione. Già l’idea stessa della loro struttura nera, capace di scomporsi in fumo per poi riapparire, così come di mimetizzarsi trasformandosi in oggetti, li rende tanto affascinanti, quanto pericolosi. In più non va sottovalutato il fattore psicologico che vi fa temere per la vostra incolumità anche quando entrate in una stanza apparentemente vuota. Questo approccio scomparirà più avanti, ma le prime ore sapranno mantenervi sulla corda come raramente accade.

Inoltre non va dimenticata la loro discreta varietà, con alcuni più piccoli ma letali in gruppo, fino a vere e proprie mostruosità che potrei paragonare al buon vecchio Nemesis di Resident Evil 3. Le tipologie di attacco, le situazioni in cui li incontrerete e il loro movimento mai banale, li rende degli avversari da non sottovalutare mai. Insieme ad altre minacce come torrette o droni robotici, compongono una serie di pericoli che possono portarvi al game over in pochi rapidi istanti anche a livello normale. La buona notizia è che il gioco, permette l’uso di salvataggi rapidi in qualsiasi istante, oltre ad altri automatici che comunque non ci riportano mai troppo lontano dal luogo in cui avete esaurito le energie.

Prey non sarà il gioco dal dettaglio grafico più incredibile, ma sa coinvolgere il giocatore con una serie di dettagli davvero elevati. La creazione degli ambienti è stata pensata in modo maniacale, creando spazi che sanno differenziarsi molto bene anche restando confinati in una stazione spaziale. L’uso degli effetti speciali si accentua con l’attivazione dei poteri creando sequenze in cui la fisica si fa sentire e in cui l’intelligenza artificiale sa mettere alla prova il nostro modo di agire e di difenderci.

Manca quel guizzo particolare che ha reso unico Dishonored (tanto per restare in tema), ma è anche difficile lamentarsi troppo di un design generale che non sarà memorabile, ma sa comunque valorizzare il gameplay. La complessità poligonale non esagerata permette poi di godersi un gioco che scorre via fluido senza impedimenti e, incredibilmente, senza bug che possano compromettere l’esperienza. Ottimo poi il comparto sonoro che si presta ad una serie di rumori ambientali perfetti per creare l’atmosfera giusta. Infine ho trovato molto interessanti le musiche alternate a lunghi silenzi, così come è stato ben recitato il doppiaggio in italiano che si occupa di adattarsi alle evenienze, sia che giochiate con un Morgan Yu maschile che con uno femminile.

Prey potrebbe essere considerato un’ottima sorpresa se non fosse che, beh, non si può considerare propriamente una sorpresa. Piuttosto una conferma per un team di sviluppo che sta rapidamente salendo la scala di un successo meritato, specie ora che si è avventurato in un nuovo progetto, allontanandosi dall’ombra di Corvo Attano e di Emily. Tutto questo avviene senza però tradire le loro origini che continuano a mettere sotto i riflettori il giocatore e il suo modo di giocare, qualsiasi esso sia. Questo, unito ad una storia misteriosa e appassionante, ad un arsenale vario e ad una sfilza di poteri assolutamente eccellente, contribuiscono a farci promuovere un gioco che non dovrebbe mancare a chi apprezza produzioni che, dietro a quello che sembra l’ennesimo FPS, nascondono idee e progetti tutt’altro che scontati.

Pro
  • – Storia appassionante
  • – Level design ricco e sfaccettato
  • – Uso dei poteri e delle armi completamente in mano al giocatore
  • – Nemici ottimamente caratterizzati e giustamente pericolosi
  • – Geniale sistema di crafting per qualsiasi oggetto
  • – Finali multipli
  • – Comparto tecnico efficace
Contro
  • – Un po’ di backtracking
  • – Sistema di mira un po’ macchinoso specie su console

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