Rainbow Six Extraction – Recensione

Strategia, tattica e Coop

A fine 2015 usciva il chiacchierato Rainbow Six Siege, gioco che scontentò molti fan della serie per la scelta di proporre quasi totalmente modalità competitive tra giocatori. Non c’era una storia e i fan della prima ora si sentirono esclusi. Il tempo però diede ragione a Ubisoft e il titolo in tutti questi anni è cresciuto e si evoluto anche in ambito eSport, mostrando tutte le sue qualità. Qualità che però sono state negate a quei giocatori che preferiscono giocare in cooperativa contro una CPU adattabile alle proprie capacità e con meno tempo da impiegare per divertirsi senza diventare per forza esperti. Così dopo una prova generale con una modalità cooperativa uscita originariamente proprio all’interno di Rainbow Six Siege, ora è il turno di Rainbow Six Extraction, titolo che può sembrare “solo” una modalità estrapolata dal gioco originale, ma che invece offre molto di più per chi cerca un FPS diverso dal solito.

Stavolta il Team Rainbow che abbiamo conosciuto in Siege dovrà affrontare una minaccia aliena sconosciuta che spunta dalle profondità della terra in quattro diverse location americane: New York, San Francisco, Alaska e New Mexico. La prima cosa che salta all’occhio dopo l’introduzione e un tutorial, è che anche questa volta non c’è una campagna definita, ma una sequenza di missioni sempre diverse, da affrontare nella prima di queste quattro aree. A New York (come nelle altre location) avremo tre zone popolate dagli Archei, nome della razza aliena in visita. Queste, suddivise a loro volta in ulteriori tre sottozone, andranno attraversate, cercando anche di completare un obiettivo sempre diverso tra i 12 pensati da Ubisoft. Pur non essendoci uno sviluppo a livelli come in una classica campagna, superare obiettivi e acquisire esperienza porta a sbloccare nuove informazioni, nuove aree, nuovi operatori, nuovi equipaggiamenti, nuove abilità e nuove skin, offrendo un senso di progressione concreto. La storia quindi si sviluppa semplicemente giocando e rigiocando le zone a disposizione, una soluzione che avrebbe creato velocemente problemi alla rigiocabilità, se non fosse per le tantissime variabili in cui potremmo andare a sbattere.

Quando sceglierete di rigiocare un’area, i fattori che renderanno ogni partita diversa dall’altra sono molteplici. Intanto le tre sottozone che la compongono potrebbero avere un ordine differente, così come il punto d’ingresso, quello d’uscita e quello di estrazione potrebbero essere situati in stanze differenti. Poi c’è la questione delle missioni da compiere che possono andare dal salvare un ricercatore, al catturare vivo un esemplare alieno, dal distruggere nidi che continuano a far sputar fuori nemici, a speciali bombe da recuperare nel punto A per poi portarle nel punto B. E poi ancora sciami di nemici da abbattere mentre si tiene una posizione, avversari specifici da eliminare di soppiatto, computer da attivare in ordine entro un tempo massimo… A questo si aggiunge il posizionamento sempre diverso dei nemici, la possibilità di riscontrare mutazioni che ne aumentano la già notevole pericolosità e la scelta del proprio operatore che, grazie all’abilità speciale di cui è dotato, potrà cambiare molto l’approccio.

Parliamo di nove operatori iniziali a cui se ne aggiungeranno altri nove man mano che farete aumentare il vostro livello generale. C’è chi diventa invisibile, chi può scansionare nemici ma solo se in movimento, chi rileva i nidi degli archei a distanza, chi le casse di equipaggiamento extra, chi può curare, chi può piazzare torrette difensive automatiche, chi piazza trappole… la varietà è davvero tanta e la voglia di sperimentare non manca mai, anche grazie ad un particolare sistema che ci spinge a farlo. Ogni operatore che finirà una missione con la salute non più integra, sarà considerato ferito. A meno che non lo sia gravemente, potremo comunque usarlo, ma la sua salute nella missione successiva sarà la stessa di quando ha terminato la precedente. Lasciarlo in panchina e affrontare una nuova missione scegliendo un suo collega, gli permetterà di recuperare salute. Per riuscire ad usare sempre lo stesso operatore in pratica non bisognerebbe mai essere feriti, cosa che come vedremo è parecchio difficile. Se invece l’energia scende a zero, l’operatore viene avvolto da una schiuma ideata dal team Rainbow per mantenerlo in vita. Il problema è che sarà catturato dagli archei e collegato ad una sorta di albero che cercherà di assorbirlo. Il recupero diventerà quindi una delle vostre missioni, così che possiate liberarlo e portarlo al punto di estrazione. Se le cose però dovessero mettersi male durante il recupero, l’operatore disperso perderà parecchi punti esperienza e potrà anche perdere veri e propri livelli di esperienza, a meno che non abbia già raggiunto il level cap situato al livello 10.

Questo sistema in cui ogni ferita ha una conseguenza, contribuisce a creare una sensazione di ansia inedita in questo genere di giochi. Cercare di non essere colpiti o, ancora peggio, catturati, obbliga a giocare con molta attenzione, specie ai livelli di difficoltà più alti, dove i nemici diventano più potenti, più intelligenti e più reattivi. Come potrete immaginare, il modo migliore per affrontare la minaccia degli archei è giocare in squadra con amici e in questo viene sicuramente comodo Il Buddy Pass, con cui potrete inviare un token che offre 14 giorni di gioco gratuito a chiunque lo riceva, ma soprattutto l’arrivo del gioco su Game Pass sia su Xbox che su PC, con tanto di cross-play e cross-save grazie al collegamento con U-Play di Ubisoft. È presente anche una chat vocale direttamente in game che risulta molto comoda perché evita di far avviare Discord ai giocatori console. Il punto focale del discorso però è che non sempre si riesce ad avviare una partita con il team completo composto da tre giocatori. In questo caso si può scegliere di giocare in solitaria, vivendo ogni assalto in modo totalmente personale e con sensazioni che incrociano il survival horror con lo stealth. Nel caso abbiate solo un amico, nessun problema, perché il gioco adatta il numero di archei e alcune azioni da compiere al numero di giocatori, facendo per esempio eliminare 5 nidi aberranti al giocatore solitario, 10 alle squadre da due e 15 a chi ha un team al completo. È invece difficile da consigliare il gioco tramite matchmaking: il gioco offre possibilità di usare ping su oggetti e nemici, così come una veloce ruota di comunicazioni anche per chi sceglie di non usare il microfono, ma la possibilità di imbattersi in giocatori che non sanno giocare di squadra è alta, così come le possibilità di vedere un proprio operatore disperso perché altri utenti hanno avuto fretta di agire.

Quindi sì, ho trovato più piacevole giocare da solo piuttosto che con sconosciuti online, anche se ovviamente il top si raggiunge con due amici. Le prime missioni in cui ho completato tutte le sottozone erano infatti composte da me, Davide e Graziano, con i quali ci siamo coordinati dopo appena una partita di prova e nonostante nessuno abbia mai giocato in modo serio al precedente Rainbow Six Siege. Accordarsi sull’equipaggiamento nel pre-partita, scegliendo anche il giusto operatore per gli incarichi che avremmo trovato nelle tre sottozone, è già parte del divertimento in un titolo in cui ci si muove quasi sempre accucciati e si cerca di ripulire al massimo la zona prima di agire sull’obiettivo primario ed entro il tempo limite. Questa interazione in cui ci si dividono i compiti, fa sentire davvero parte della squadra, in cui ogni giocatore conta e avrà il suo momento di gloria se si sceglie di giocare con attenzione. Non mancano momenti molto più concitati e adrenalinici, ma il bello di Extraction è di aver saputo adattare l’approccio strategico di Siege con dinamiche PvE che devono molto anche alle tipologie dei nemici. Intendiamoci: le tipologie non sono certo inedite e devono molto a giochi come Left 4 Dead, eppure la presenza di punti deboli dislocati in parti del corpo differenti, così come il loro modo di muoversi ed agire, rende ogni situazione davvero coinvolgente, fosse anche l’eliminare un semplice grunt con un colpo di pistola silenziata per poi veder comparire a schermo i punti esperienza che abbiamo appena guadagnato.

Tecnicamente Rainbow Six Extraction si difende bene, anche se bisogna considerare che il motore grafico usato è lo stesso del già citato Rainbow Six Siege. La distruttibilità ambientale è alta, con muri che possono essere perforati dai proiettili o addirittura distrutti con esplosivi e abilità speciali (in questo verrà in aiuto l’operatore Sledge e il suo martello da demolizione). Va inoltre fatto notare che la presenza aliena si ripercuote anche sulle strutture, con la sostanza chiamata archenoma, che invade pian piano le aree in cui siamo stati poco attenti. Vedere come reagisce ai vostri colpi di proiettile è interessante e, allo stesso tempo offre l’idea di essere entrati in un’area a dir poco viscida e pericolosa. Le mappe che in totale sono 36, sono tutte ben strutturate, con zone più aperte e altre più labirintiche, capaci di ospitare molte partite e di adattarsi alle tante variabili proposte. Menzione d’onore poi alla fisicità degli operatori, tutti realistici nei movimenti e soggetti alle diverse e credibili reazioni delle armi impugnate. Riguardo il comparto sonoro, bisogna concentrarsi principalmente sugli effetti, visto che sono loro che ci permettono di capire da dove arrivano i rumori, permettendoci di individuare la posizione di nemici ancora nascosti e da stanare. Le musiche ci accompagnano principalmente nei menu ma lasciano giustamente spazio ai silenzi e ai rumori ambientali. Buono infine il doppiaggio in italiano che si occupa dei video che sbloccheremo facendo avanzare il nostro livello generale (fino al massimo di 30) ma anche delle frasi preimpostate che potremo attivare automaticamente quando evidenzieremo un nemico o una cassa di equipaggiamento. I file che sbloccheremo e che ci raccontano la lore del gioco, così come i menu, sono anch’essi in italiano.

Rainbow Six Extraction poteva essere un gioco con una campagna vecchio stile, ma forse così avrebbe perso la sua proceduralità e gran parte della sua immensa rigiocabilità. La scelta di raccontarci una storia mentre si fa aumentare il livello della propria base non piacerà a tutti, specie sulle prime, ma giocando al titolo insieme ad amici capirete il perché di quella scelta. In tre, con la squadra al completo, l’immedesimazione è alle stelle e il fatto di essere tutti importanti per il resto della squadra è un fattore da non sottovalutare. Ci sono operatori più efficaci di altri, ma in generale tutti possono essere utili in specifiche situazioni. Inoltre il gioco vi spinge a cambiare in continuazione quindi scoprirli tutti fa parte del divertimento. A sentire in giro c’è chi dice che è un gioco difficile, ma credo che non sia corretto. È difficile se lo giochi come se fosse un normale FPS; se invece si abbraccia il suo lato strategico e tattico, le soddisfazioni non mancano e la frustrazione può saltar fuori solo ai livelli di difficoltà più alti, o quando si sblocca l’attività end-game del protocollo Maelstorm. Infine ricordate una cosa: da soli funziona per far crescere gli operatori e per prendere le misure con il gameplay, in matchmaking dovete essere fortunati nel trovare una buona squadra, mentre nella cooperativa con gli amici potrà tenervi compagnia per molto tempo.

Pro
  • – Cooperazione ai massimi livelli
  • – Un FPS strategico contro la CPU
  • – Si lascia giocare anche in solitaria…
  • – … ma con gli amici è il massimo!
  • – Procedurale e rigiocabile
  • – Supporto post-lancio gratuito e costante
Contro
  • – Coordinarsi con sconosciuti e difficile
  • – Peccato che non ci siano due BOT quando si gioca da soli
  • – I contenuti gratuiti sapranno arginare la ripetitività di base?
  • – Per apprezzarlo bisogna essere disposti ad imparare a giocare

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