Difficile trovare una software house che sappia celebrare il suo passato come Capcom. La casa giapponese ha creato saghe che sono diventate storiche e amatissime e tra queste c’è Resident Evil che, tra picchi altissimi e tonfi paurosi ha saputo ritagliarsi un posto nel cuore dei suoi estimatori. Fare dunque un remake e riuscire a far esaltare giocatori vecchi e nuovi riproponendo un gioco storico non è una cosa da poco. La magia però era già avvenuta con Resident Evil Rebirth, uscito originariamente su Nintendo GameCube nel 2002 e capace di esaltare i giocatori grazie a novità ben implementate e ad un ulteriore arricchimento della storia. Anche in quel caso il gioco era stato rifatto completamente, ma l’uso dei fondali statici e pre-renderizzati, così come le inquadrature fisse erano rimasti intatti. Oggi, nel 2019 e ben 17 anni dopo quel primo rifacimento, arriva finalmente il remake dell’amatissimo Resident Evil 2, con bene in mente la tradizione ma con tante novità pronte per stupire.
A parte chi ha iniziato a giocare negli ultimi anni, dubito che ci sia davvero qualcuno che non conosca la storia di Resident Evil 2, la quale, è bene evidenziarlo da subito, è rimasta pressoché la stessa vissuta nel 1998. La tetra magione nascosta tra le montagne del primo capitolo è stata sostituita da una centrale di polizia in città, ma il senso di pericolo è addirittura aumentato visto che già dal nostro arrivo, scopriremo che la ridente Raccoon City è ora preda dei non morti e di tante altre creature “made in Umbrella”. I protagonisti stavolta saranno il novellino appena arruolato nelle forze di polizia Leon S. Kennedy e Claire, la sorella di Chris Redfield, personaggio giocabile del primo episodio ora misteriosamente scomparso. Il loro arrivo coincide con l’inizio dell’avventura e fin da subito è facile riscontrare alcune aggiunte e modifiche alla struttura stessa, così come ritorni assolutamente graditi. Ecco dunque che una storia apparentemente già vista per gli occhi di un veterano, si sviluppa in modo imprevisto e insolito, con personaggi e nemici che spuntano fuori in posti totalmente nuovi e inaspettati.

Come vi dicevo moltissime cose sono rimaste esattamente come le ricordavamo, ma questo sapiente mix di momenti classici, unito ad altri totalmente spiazzanti, tengono sulla corda sia il nuovo arrivato, sia chi ormai sapeva a memoria ogni punto chiave. Inoltre dopo aver scelto un personaggio e aver finito la sua storia, il gioco ci metterà nei panni dell’eroe inizialmente scartato, per percorrere con lui una strada parallela che viaggerà insieme a quella che avrete già vissuto con il suo partner nella primissima partita. Ciò significa che alcuni personaggi specifici incontrati dai due protagonisti li incontreremo in posti e situazioni diverse, rendendo plausibile giocare prima con Claire e poi Leon, e poi ripartire dando stavolta la precedenza a Leon per poi finire con Claire; solo così infatti potrete vedere tutto quello che il gioco ha da offrire in termini di situazioni e dialoghi. In totale quindi potreste voler finire il gioco in quattro diverse run, poiché le situazioni che incontrerete saranno diverse di volta in volta. Questa meccanica era già presente nell’originale, ma ritrovarla così ben integrata in questo remake non fa che migliorare la sua rigiocabilità.

Quindi sì, la storia, per quanto possa essere paragonata ad un filmaccio di serie B, è stata ideata con cognizione di causa e spinge a proseguire, ma è anche grazie all’impianto giocoso se il titolo funziona come mai ci saremmo aspettati. Pensionate definitivamente le schermate pre-renderizzate dell’originale, così come le telecamere fisse, in questo nuovo Resident Evil 2 possiamo muovere Leon e Claire con una visuale in terza persona che ricorda moltissimo i capitoli 4, 5 e 6. Questa scelta che poteva ridurre drasticamente l’atmosfera, viene invece contenuta dall’inquadratura molto vicina al protagonista e da ambienti mai particolarmente aperti. Aggiungete al tutto un intelligente posizionamento di nemici e oggetti e dei controlli più comodi che in passato ma ancora “impacciati”, e vi troverete per le mani un titolo che non perde una goccia dell’atmosfera originale e che anzi, probabilmente ne guadagna grazie alla maggiore cura dei dettagli che abbelliscono le cupe location.

Questa diversa inquadratura rende ora meno impacciate le fasi di mira, anche se non mancheranno colpi andati a vuoto. La colpa in questo caso sarà talvolta vostra, talvolta legata alle incredibili animazioni delle mostruosità che vi troverete davanti: parlando unicamente degli zombi per non rovinare la sorpresa a nessuno, sappiate che il loro inclinare la testa, così come il loro avanzare ora lento, ora rapido, rende molto più difficoltoso di quanto si pensi eseguire un colpo pulito. Inoltre considerate che giocando alla difficoltà standard, la seconda di tre, i colpi minimi per far crollare uno zombi (senza essere sicuri che sia stato neutralizzato…) possono anche arrivare cinque. E se pensate di finirli mentre sono al tappeto, dovete sapere che i coltelli che troverete avranno una durata, che si assottiglierà parecchio quando li userete per difendervi da un mostro che vi è saltato alla gola. In questo caso potrete anche usare granate accecanti o esplosive, ma consumerete immediatamente un prezioso oggetto. Questa dinamica di difesa torna dal Rebirth del primo capitolo e, anche in questo caso obbliga il giocatore e usare questi oggetti come ultima risorsa, rendendo talvolta preferibile un morso da un nemico poco potente, per poi difendersi da un attacco maggiormente pericoloso in seguito. Infine, tornando brevemente ai tre livelli di difficoltà, occorre specificare che oltre alla differente resistenza dei nemici, nel più facile c’è una leggera rigenerazione della salute, mentre in quello più difficile, tornano anche i nastri di inchiostro necessari per salvare la partita, opzione che alle altre due difficoltà si esegue senza limiti vicino ad una macchina da scrivere o viene effettuata automaticamente dal gioco in momenti specifici.

Il motore grafico che gestisce questo ritorno attesissimo è lo stesso visto in Resident Evil 7 e, come tale, si trova benissimo nel riprodurre ambienti comuni, toccati però dal sangue e dall’orrore. Ogni singola stanza è stata creata tenendo conto dell’originale, pur aggiungendo dettagli nel mobilio e, più in generale, nella composizione di scene ordinarie finite però molto male. La stessa centrale di polizia, che non è certo l’unica location presente, nasconde segreti e, grazie al maggiore livello di dettaglio, saprà immergerci ancora di più in questo inquietante mondo. La cura del design è però altissima anche per quanto riguarda i modelli poligonali di personaggi e nemici, con Leon e Claire che zoppicano e si muovono in modo credibile, ma soprattutto con nemici dai movimenti inquietanti (e a loro modo spettacolari) che riescono a rendere ansiogena qualsiasi area in cui sono presenti. Tutto senza nominare i boss e le creature più potenti che rendono davvero memorabili alcuni incontri. La grafica di Resident Evil 2 è quindi eccellente, ma anche il comparto sonoro non scherza affatto: le musiche sono forse l’area meno appariscente per via della loro presenza frammentaria ma comunque efficace. Diverso il discorso sugli effetti sonori, vero fiore all’occhiello della produzione, in grado di creare dubbi e sospetti, oltre che essere veri creatori di ansia quando continuano a riprodurre alcuni pesantissimi passi e conseguenti aperture di porte nei corridoi. Rumori ambientali come il vento che soffia, acqua che gocciola e raggelanti grugniti, completano un quadro che, unito al comparto grafico, è davvero eccellente. Infine non va dimenticato che il gioco, come già accaduto per gli ultimi due capitoli ufficiali, è interamente tradotto e doppiato in italiano da professionisti che danno la giusta intonazione alle battute, nonostante la qualità della scrittura (anche in originale) non si possa definire eccelsa.

Resident Evil 2 è forse il miglior remake mai realizzato: anche se la storia è quella, alcune svolte inaspettate, alcuni incontri con personaggi iconici in momenti diversi dall’originale e una maggiore visione cinematografica ottenuta dal cambio di prospettiva, rendono freschissimo un titolo che probabilmente avremmo comprato anche con meno modifiche. Così abbiamo una vicenda che invoglia a giocare anche chi conosce alla perfezione l’originale, giocandosi la carta delle citazioni, quella del tipo “scopri le differenze” e anche quella della sorpresa vera e propria che cambierà alcune prospettive e farà crollare alcune certezze. Il tutto mentre gli enigmi vengono distribuiti con una precisione millimetrica, facendovi procedere in corridoi tanto familiari quanto estranei. Il cambio di prospettiva è quindi solo la modifica più evidente per un gioco che prende l’originale e riesce nell’improbabile compito di migliorarlo. Tanto di cappello quindi a Capcom, mentre internet inizia già a riempirsi di ipotesi riguardo l’ottavo episodio e per il remake di Resident Evil 3: Nemesis e, chissà, del mitico Resident Evil: Code Veronica.
- – Grandissima atmosfera
- – Novità dappertutto
- – Nemici belli tosti
- – Enigmi semplici ma efficaci
- – Rigiocabili almeno quattro volte (più gli extra)
- – Graficamente ottimo
- – Effetti sonori e doppiaggio favolosi
- – La storia è più o meno nota
- – Un po’ di backtracking durante gli scenari B

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