Return to Monkey Island – Recensione

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Nei primi anni ’90 tanti giocatori hanno trovato un posto molto speciale in cui divertirsi e quel luogo era Monkey Island. Gli sviluppatori dell’epoca erano molto giovani ma avevano creato un’avventura punta e clicca (e subito dopo un sequel) davvero incredibile. Il mondo piratesco veniva rigirato come un calzino, proponendo personaggi e situazioni indimenticabili. Tutto merito di Ron Gilber alla scrittura e Dave Grossman come designer, artisti che oggi tornano a lavorare insieme a 20 anni circa dal secondo capitolo. E si vede. Dopo un terzo e un quarto episodio un po’ sottotono (soprattutto il quarto) e una serie Telltate, Return to Monkey Island prova a chiudere i conti con il passato, sfruttandolo però al massimo.

Un ritorno fortemente atteso

Return to Monkey Island parte con un tuffo al cuore: i piccoli Guybrush e Chuckie che si aggirano in un parco giochi. Il richiamo al discusso finale del secondo episodio è gigante, ma presto questo tutorial finirà e la storia prenderà una piega inaspettata. Senza dirvi cosa succede tra il prologo e il primo atto, sappiate che il gioco riparte su Mêlée Island, richiamando tutto quello che potreste ricordare del primo capitolo.

Guybrush, Guybrush… Nessuno ti ha mai dimenticato, nemmeno la mitica vedetta!

Apparentemente nulla è cambiato, se non Guybrush che, come noi, ora non è più un ragazzino, per lo meno all’esterno. Il suo spirito è rimasto quello di sempre e la sua nuova missione sarà tornare su Monkey Island per scoprirne il segreto. Sì perché, come ironizza il gioco stesso, anche se il primo titolo si chiamava The Secret of Monkey Island, in quell’avventura quel segreto mica era stato scoperto. Si comincerà così ad esplorare luoghi familiari che però sono inevitabilmente cambiati con il tempo, al contrario di vecchie conoscenze che riprendono magnificamente i loro ruoli.

Il gameplay di Return to Monkey Island

Come saprete le avventure grafiche di un tempo erano definite punta e clicca per via di un sistema di controllo che sfruttava il mouse. Si muoveva un cursore tramite il quale ci si spostava e si interagiva con ambienti, oggetti e con quanto era disponibile nel proprio inventario. Questi ingredienti rimangono nella versione PC, con qualche piccola modifica su Switch che permette di muovere il nostro “temibile pirata™”con lo stick sinistro. Il cursore è comunque presente e serve per gestire azioni che oggi appaiono semplificate.

Combinare oggetti e interagire è immediato e divertente.

Solitamente con il tasto sinistro del mouse si osserva un oggetto, ricevendo un commento, e con il destro si prova ad interagire quando possibile. La mancanza dei verbi nel 2022 è il minimo che ci si possa aspettare, ma quella che potrebbe sembrare una semplificazione, a conti fatti non lo è. Il merito va ad enigmi che si basano principalmente sull’intuizione, sul ricordare chi si occupa di chi e, talvolta, sul pensare fuori dagli schemi. Risolvere una situazione significa portarsi avanti verso un obiettivo, opportunamente segnalato in una checklist nell’inventario.

Risolvere problemi ai Caraibi

Il risultato è un gioco frizzante che integra anche due livelli di difficoltà. Nel primo gli enigmi sono inferiori e si avanza più facilmente, nel secondo ci sono più ostacoli che aumentano però anche il divertimento. Il consiglio è di godersi Return to Monkey Island al livello esperto, visto anche che il gioco non è lunghissimo. “E se rimango bloccato?” potreste chiedervi. In quel caso il gioco offre un libro degli indizi integrato che, senza penalizzare nessuno, vi dice come procedere per continuare. La cosa positiva è che se vi bloccherete, la guida non vi dirà immediatamente cosa fare. Fornirà invece indizi progressivi che potrebbero già farvi capire come procedere senza però rovinarvi la sorpresa.

Le cose cambiano con il tempo, ma la Voodoo Lady e i suoi segreti, restano.

Inoltre, gli enigmi di questo capitolo, seppur strambi e divertenti, non sono mai troppo astrusi e riuscire a capire cosa fare, dopo aver esplorato e studiato gli ambienti, è sempre possibile. Nel mio caso, pur con qualche aiuto minimo, ho completato il gioco in una dozzina di ore, segno che il titolo ha una discreta longevità. Per i completisti poi sarà utile sapere che dei 39 obiettivi di Steam, pur avendo completato il gioco alla difficoltà maggiore, ne ho sbloccati solo 11.

L’arte di Return to Monkey Island

Ammetto che lo stile artistico scelto da Ron Gilbert e dal suo team non mi aveva convinto fin da subito. Giocando però è stato assimilato senza traumi anche da me che ho conosciuto Guybrush attraverso una manciata di pixel. Il design dei personaggi riesce comunque a riportare in luce tutte le caratteristiche che abbiamo imparato a conoscere. Inevitabilmente però i vecchi personaggi, che sono la maggior parte, restano più impressi dei nuovi, compresi alcuni principali come i capi pirata. Non perché siano scritti male, intendiamoci, ma perché i vecchi sono carichi di ricordi e nostalgia che ne aumentano l’impatto. Anche i luoghi portano con sé tutto il loro splendore, in alcuni casi rivisitati e in altre circostanze completamente inediti.

Il design può non piacere sulle prime, ma noi ci siamo abituati in fretta.

Se il design potrebbe non piacere a tutti, la componente audio non deluderà nessuno. Le tracce di un tempo sono state rivisitate, mantenendo però tutto il loro fascino, con vecchi tormentoni uditivi che è sempre un piacere riascoltare. La componente dedicata al doppiaggio è poi magnifica, seppur unicamente in inglese. I vecchi doppiatori sono tornati a bordo e offrono una serie di interpretazioni davvero validissime. Chi non è inglese dovrà “accontentarsi” dei sottotitoli, che comunque sono tradotti in modo splendido. Tutti i dialoghi e le descrizioni dimostrano gran cura, compresi i giochi di parole più arditi, permettendo a tutti di godersi al massimo questo capitolo.

Commento Finale

Sono certo che in futuro si parlerà anche del finale/finali di Return to Monkey Island, con qualcuno che apprezzerà lo sforzo e qualcun altro che non lo digerirà. Devolver Digital ha comunque creato una produzione che rischiava moltissimo visto il suo pesante passato, ma che raggiunge il suo bersaglio: offrirci la versione dei suoi autori originali. Return to Monkey Island non è e non vuole essere un gioco per tutti per quanto riguarda la trama. È facile da giocare e farà ridere anche i più piccoli, ma solo chi ha provato i vecchi capitoli lo capirà fino in fondo. Ci sono anche scenette che mettono platealmente in mostra questo limite ma, alla fine dei titoli di coda, noi e Guybrush avremo davvero scoperto il Segreto di Monkey Island. Un segreto potentissimo che rimarrà sempre con noi.

Pro
  • – L’Avventura grafica si fa moderna
  • – Scrittura impeccabile
  • – Obiettivi sempre chiari grazie alla checklist nell’inventario
  • – Il libro degli indizi è eccellente
  • – Il design ci ha convinti progredendo
  • – Audio eccellente con sottotitoli in italiano
Contro
  • – Adatto principalmente a chi conosce già la saga
  • – Il finale va messo in prospettiva e capito

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