Shenmue 3 – Recensione

Il sequel impossibile fatto con in mente i fan

Il Dreamcast è stata una console sfortunata, ma pur avendo un parco titoli piuttosto limitato, le sue uscite avevano una qualità media altissima. Tra queste c’erano Shenmue e il suo seguito, uscito nel 1999 il primo e nel 2001 il secondo. Queste due produzioni avevano un gameplay incredibile per l’epoca: ci si picchiava seguendo le dinamiche di Virtua Fighter (altro gioco SEGA prodotto da Yu Suzuki), ma non era un picchiaduro; c’erano inseguimenti e, per la prima volta, i Quick Time Events, ma il ritmo del gioco era per la maggior parte lento e rilassato, con minigiochi in cui perdersi e con attività secondarie che comprendevano piccoli lavoretti per guadagnare un po’ di denaro da spendere.

Essendo assolutamente unico nel panorama del periodo, il gioco divenne subito leggenda, proponendo anche dinamiche non proprio riuscite che però scomparivano rapidamente dietro al comprato tecnico e alle novità che introduceva. Poi il silenzio. I guadagni scarsi dovuti anche alla morte commerciale del Dreamcast, hanno congelato una serie che ormai tutti davamo per spacciata, con un cliffhanger alla fine del secondo episodio che sembrava sarebbe rimasto in sospeso per sempre. Invece grazie ai fan che lo hanno finanziato su Kickstarter, il terzo episodio è entrato in sviluppo sotto l’occhio attento del suo creatore Yu Suzuki e ora, a distanza di 18 anni, possiamo finalmente proseguire l’avventura di Ryo Hazuki.

Se per noi giocatori sono passati 18 anni, per Ryo e Shenhua il tempo si è fermato. Li ritroviamo infatti ancora all’interno di quella misteriosa grotta che nasconde al suo interno due gigantesche riproduzioni degli specchi del Drago e della Fenice che tanti guai hanno creato alla famiglia Hazuki. Usciti all’aria aperta ci viene ridato il controllo di Ryo, facendo immediatamente sentire a casa i giocatori che hanno amato la saga… ma dimostrando una certa legnosità che invece farà suonare il primo campanello di allarme per tutti quelli che si aspettavano un gioco “moderno”. Shenmue 3 è un titolo che esce oggi ma che, con diversi poligoni in meno e una risoluzione più bassa, sarebbe potuto (e dovuto) uscire circa 15 anni fa. Chiunque lo voglia acquistare dovrebbe considerarlo come una sorta di retrogame, visto che le meccaniche che lo contraddistinguono sono quelle che abbiamo conosciuto nel primo capitolo. Diventa chiaro quindi che il nuovo lavoro di Yu Suzuki è pensato per continuare la tradizione, evitando di modificare una formula che altrimenti avrebbe snaturato la sua opera. C’è quindi il coraggio di rimanere fedeli a quanto i giocatori hanno amato in passato, riproponendolo alle porte del 2020 e preferendo dimostrarsi inadatto alla massa piuttosto che tradire chi lo ha atteso per così tanto tempo. Una scelta che oggigiorno, nel mare di sequel fatti con lo scopo di piacere al maggior numero possibile di giocatori (che da molti sono considerati principalmente acquirenti), non può che fare onore alla produzione.

Tornando velocemente alla storia, il nostro compito sarà continuare le indagini che ci porteranno sempre più vicino a Lan Di, l’assassino del padre di Ryo in possesso dello Specchio del Drago dopo averglielo rubato all’inizio del primo episodio. Il fascino della produzione è chiaro fin da subito, con il villaggio cinese di Bailu che ospita le nostro prime indagini. Come sapranno i fan, Shenmue è sempre stato un gioco lento, con ritmi scanditi da un orologio da polso implacabile che ad una certa ora vi chiede di ritornare a casa per dormire. Quello che però aggiunge è un sistema che cambia le routine degli NPC, facendoli muovere e spostare nei diversi momenti della giornata, oltre che far tornare a casa chi è stato tutto il giorno a lavorare. I dialoghi sono rimasti quelli impostati e un po’ troppo semplici di sempre, con battute che si ripetono ad oltranza e la scena che si blocca mentre si chiacchiera, impedendovi per esempio di allontanarvi nel caso abbiate attivato per sbaglio quella riga di dialogo. Il fatto però è che mentre la trama prosegue, si inizia a conoscere il luogo, gli abitanti e i loro ritmi, ricreando quella sensazione che i fan di Shenmue della prima ora conoscono e ricordano molto bene.

Sì perché in un mondo in cui i giochi sono ormai frenetici e il giocatore ha bisogno di stimoli continui e incessanti, Shenmue 3, così come i primi due, ci chiede di seguire le sue regole, di rallentare e di goderci il viaggio e le ambientazioni che propone. Già solo il villaggio in cui inizierete questo terzo episodio è un piccolo microcosmo di cui è facile innamorarsi: non mi stupisce pensare che qualcuno di voi potrebbe soffermarsi più del dovuto in questo piccolo angolo di paradiso sulle montagne della Cina, con il solo scopo di raccogliere erbe medicinali, fare qualche soldo tagliando legna, giocare ai rudimentali giochi d’azzardo del luogo o allenarsi al tempio di arti marziali, puntando a scalare la classifica a suon di combattimenti. Anche le botte sono per certi versi lente, più pesanti e fatte di attese, abbandonando la complessità che prima attingeva dalle dinamiche di Virtua Fighter. Ora i comandi – e soli quelli – assomigliano maggiormente a Tekken, con ogni arto assegnato ad un pulsante frontale ma con i dorsali utili per bloccare e per eseguire al volo mosse più complesse. La dinamica è diversa ma dopo essersi abituati alle modifiche, la sensazione di stare combattendo contro uno o più avversari è davvero intensa, specie se vorrete giocare ad un livello di difficoltà settato su difficile.

Il resto del gameplay – o meglio, la maggior parte del gameplay – si focalizza invece su esplorazione e dialoghi, con un taccuino su cui vengono annotati automaticamente i vari obiettivi da perseguire e con Ryo che chiederà in autonomia informazioni riguardanti il loro raggiungimento. Nel mentre potreste incontrare qualcuno da combattere, così come qualcuno da aiutare, ma sarete sempre immersi nel fascino di una produzione curata all’inverosimile, con dettagli apparentemente banali come il ciclo giorno – notte che, in ambienti come il villaggio di Bailu, ci portano con la mente in un luogo lontano e magico. L’essere rimasti ancorati al passato porta però con sé anche un comparto tecnico piuttosto vecchio e rigido. È vero che i modelli poligonali non sono mai stati così dettagliati, ma sono ancora piuttosto semplici rispetto a quanto visto in altre produzioni. Inoltre le animazioni sono rimaste legnose e ingessate, con interazioni nulle con l’ambiente. Si respira insomma (anche in questo caso) un’aria da retrogame, creando un cortocircuito insolito per un gioco appena uscito. Prima di criticare però bisogna tenere presente che la produzione di Shenmue 3 non ha avuto alle spalle grossi studi e seppur alla fine ci siano stati dei finanziamenti da parte di Sony e Deep Silver, il lavoro di Suzuki e del suo team, finanziato principalmente dai fan, non si è minimamente avvicinato agli investimenti dei titoli tripla A. Questo lo si può notare anche dal doppiaggio, presente sia in inglese che in giapponese ma sempre molto pacato, anche in situazioni che richiederebbero un po’ più di grinta. Ottima notizia invece per quanto riguarda i sottotitoli, presenti, per la prima volta nella serie, anche in italiano.

Shenmue 3 è un sogno che si avvera e già solo il fatto di esistere, renderà felici i romantici che lo hanno aspettato a lungo. Il lieto fine di questa favola moderna non è però per tutti. I giocatori con meno di vent’anni potrebbero snobbarlo per il suo essere cocciutamente fiero di appartenere ad un modo di fare videogiochi che è in contrapposizione con la stragrande maggioranza di quanto viene prodotto oggi e che si appoggia su grafica mozzafiato, online e azione frenetica. Nella terza parte dell’opera di Suzuki non c’è nulla di tutto questo, facendo leva invece su un modo di vivere l’avventura in modo lento, alternando storia e minigiochi e con una poesia di fondo che in molte altre produzioni è semplicemente perduta. Se avete amato i precedenti capitoli allora questa recensione è inutile e probabilmente la vostra copia è già accanto alla vostra console. Se invece siete tra i giovani di cui parlavo poco fa, vi conviene dare un’occhiata alla remastered che contiene i primi due capitoli, tra l’altro a prezzo budget: guardando oltre la grafica effettivamente più vecchia rispetto a questo terzo episodio e a certe meccaniche come il combat system o la necessità di mangiare per recuperare energie, potrete scoprire le basi di un saga che giustamente ha fatto la storia ma che ora non vuole assolutamente riscriverla, solo far felici tutti quelli che aspettavano il suo ritorno nella forma più pura. Come se fosse una cosa da poco, chiamandosi Shenmue…

Pro
  • – La magia di Shenmue è intatta
  • – Il fattore nostalgia è alle stelle
  • – Il gameplay di sempre
  • – Poetico e potente
  • – Sottotitoli in italiano
Contro
  • – Per i più giovani appare lento
  • – Dialoghi semplici
  • – Comparto tecnico limitato dal budget
  • – Conviene aver vissuto la trama fin qui

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