Quanti giochi danno la possibilità di prendere il controllo di un animale in maniera realistica? La risposta è chiara: sono pochissimi. A parte Dog’s Life, titolo vecchio quanto particolare, esperienze simili sono davvero rare. Ad aggiungersi ai giochi di questo tipo, però, arriva Stray.
Presentato durante lo State of Play di Giugno 2020, il suo teaser ha catturato l’attenzione, specie grazie alla scelta di rendere protagonista un gatto. Un semplicissimo e banale gatto.
Scopriamo il mondo di Stray… Miagolando!
Un gatto non ti accarezza… Si accarezza vicino a te!
Ed effettivamente Stray è questo, perlomeno in superficie: un gioco in cui è possibile giocare nei panni di un gatto. Il marketing è stato molto gatto-centrico, ma la realtà dei fatti è che Stray nasconde molto più di quanto si possa immaginare.
I primi momenti ci vedono familiarizzare con i comandi senza spiccicare parola: siamo semplicemente un gatto in mezzo alla natura urbana con altri gatti. Con il tasto B (su Playstation O) miagoliamo, con Y (Triangolo) interagiamo con l’ambiente, con A (X) saltiamo a seconda del contesto e con X (Quadrato) progrediremo in alcune situazioni più avanti.
I primi momenti a dir poco idilliaci si interrompono con un salto sbagliato. Il gattino di cui abbiamo il controllo cade in un burrone, finendo in una strana città claustrofobica e buia. Gironzolando nella città ci ritroveremo in un laboratorio con una serie di batterie attaccate a dei macchinari. Questo è il primo enigma del gioco, se così possiamo chiamarlo: mettendo le batterie al posto giusto, un drone prenderà vita e si presenterà al gatto.

Dalle stelle alle stalle
B-12 (il nome del drone) sa di avere delle memorie, ma non ricorda nulla del passato. In ogni caso, B-12 inizia il suo viaggio col gatto, seguendolo per tutto il tempo all’interno di un vestito pensato appositamente per lui.
Il vestito del gattino, molto caratteristico, offre dei feedback visivi su quali siano le azioni disponibili a seconda di dove si rivolge il gatto. Non solo: essendo B-12 un drone piuttosto avanzato, può tradurre quello che i robot dicono, convertendo i segnali in frasi comprensibili. Insomma, la presenza di B-12 nel gioco non è solo visiva, ma funziona un po’ come Clank in Ratchet & Clank o Kazooie in Banjo-Kazooie. La sua presenza è fondamentale. L’appartamento in cui troviamo B-12 ci conduce nei “Bassifondi”, area in cui diversi robot dalle silhouette umanoidi sono misteriosamente rimasti bloccati chissà quanto tempo fa.
Tutti hanno paura del gattino, inizialmente, e non si sa perché. Altra cosa particolare è che non c’è il cielo, così come ci sono pochissime tracce di natura o di vita. Nessuno crede nell’esistenza della natura da cui viene il gatto, che qui si chiama “L’Oltre”, così come nessuno ricorda o sa perché è lì. E’ un mistero bello e buono, che predice silenziosamente la scalata al cielo che caratterizzerà tutto il gioco.

Il gatto è il miglior amico del robot
Da questo momento in poi Stray diventa molto simile a un punta e clicca di stampo esplorativo. Il focus del gameplay non è quello di rendere l’esplorazione complicata. Si tratta di renderla appagante, accessibile e strettamente legata alla storia. L’obiettivo è, a parer nostro, di permettere a ogni giocatore di poter godere dell’intera storia anche senza avere esperienza con i videogiochi.
Il gatto protagonista di Stray è un animale in tutto e per tutto: durante le nostre scorribande potremo fermarci quante volte vorremo a graffiare tappeti, porte o divani, miagolare, “salutare” i robot strusciandoci su di loro e potremo saltare, anche se dal punto A al punto B e mai per caso, in maniera completamente felina.
B-12, invece, gestisce il lato più “umano” del gameplay. Raccogliere oggetti, presentarli ai robot per farsi dare consigli o informazioni, scambiare quattro chiacchiere o recuperare ricordi sarà compito del drone, che fungerà da “cervello” della coppia e permetterà di progredire nelle vicende ricordando momenti importanti della storia del mondo durante il percorso.
Nulla è lasciato al caso, neanche la scelta del personaggio giocabile, che troverà una sua motivazione andando avanti nella storia.

La semplicità nel palmo di un controller
A livello di meccaniche e gameplay è tutto qui, sostanzialmente. Il gioco non segue una struttura innovativa, ma decide di concentrarsi sulla componente narrativa e sull’immersività. Questo permette al giocatore di perdersi nelle città caotiche, ma prive di vita, e vivere l’esperienza momento per momento. Altro incentivo è lo stellare comparto grafico, che usa l’Unreal Engine 4 per far respirare il suo mondo con luci e colori molto vicini alla realtà.
La parte del gioco che conserva più dettagli e cura è il gatto: dal pelo all’espressività, fino alle animazioni e al fantastico effetto che gli occhi fanno quando vengono esposti a una sorgente di luce diretta. E’ tutto parte integrante del gioco, che sembra più una finestra aperta su un mondo distopico, piuttosto che un titolo pensato ad hoc per il giocatore.
Anche i robot e B-12 sono estremamente curati: dalle piccole animazioni del drone ogni volta che scoprirà qualcosa ai volti dei robot visibili sui loro schermi-faccia, dipendenti dalle azioni del gatto. E’ stato tutto calibrato per essere credibile e ben composto, e questo è un valore unico, che rende Stray un titolo non tanto originale, ma comunque impressionante.

Grafica e lato tecnico: qualche commento in più su Stray
A tutto ciò si aggiunge un sound design solidissimo: dal suono delle zampette del gatto sulle diverse superfici fino ai versi dei robot e alle soundtrack, in grado di richiamare Half Life con dei suoni secchi e netti, spietati e rapidi, che trasmettono perfettamente la sensazione di un mondo gentile ma ostile, spietato ma amorevole.
Il valore migliore dell’intero gioco è la scrittura, che riesce a brillare grazie a un adattamento italiano davvero di ottima fattura. Piccole citazioni culturali come “Ben fatto, commissario Lo Gatto” sono solo la ciliegina sulla torta di un titolo con poche parole ma piene di significato e cura.
Ultimo, ma non per importanza, è il discorso “stabilità”. Tralasciando la scontata qualità di 4k e 60 FPS di PS5 e i 30 FPS 1080p di PS4, su PC il gioco si rivela essere davvero versatile, in grado di girare anche su macchine non proprio recenti, come il mio Lenovo IdeaPad L340 con Nvidia GTX 1050, o il mio fisso con GTX 960 e i5-6600k, che riesce a spingere i 60 FPS a qualità medio/bassa, mantenendo comunque una godibilità generale davvero elevata.

Commento Finale
Stray è un gioco che vuole raccontare una storia, e nel farlo ci riesce benissimo. Non è un titolo perfetto, ma riesce a racchiudere, come tanti altri titoli pubblicati da Annapurna, molti pensieri e ragionamenti esistenziali, importantissimi per i giocatori in cerca di storie semplici, ma profonde.
Le mille, duemila, tremila domande che il giocatore pone a sé stesso giocando a Stray trovano la risposta in uno degli elementi più antichi dell’esistenza stessa, la Natura. Le cose stanno così perché devono essere così, e crucciarsi troppo porta solo sofferenza e confusione. Stray è la prova pratica di quanto la Natura sia un elemento inarrestabile, soprattutto in un mondo come quello del gioco. Non è un titolo per tutti, anche perché potrebbe superficialmente sembrare un walking simulator, ma in realtà, se gli si da il tempo giuto, Stray saprà accontentare, divertire e far pensare.
Anche la durata esigua, sulle 7 ore massime, lo rende un gioco breve ma intenso, che giustifica a nostro parere il prezzo medio di 27 euro.
Stray è unico. Quest’affermazione non lo rende un titolo migliore di tanti altri, ma lo distingue come uno dei più interessanti del 2022.
Sito ufficiale di Stray
- Lato Tecnico superbo
- Storia ben scritta e composta
- Tutto ha un perché, anche gli elementi di trama più insulsi
- Dura il tempo giusto
- Ottimo prezzo per l’esperienza offerta
- Potrebbe non soddisfare chi cerca un gameplay più profondo
- Ci mette un po’ a rendersi chiaro
