Personalmente sono rimasto incantato da come Super Mario Odyssey ha saputo valorizzare le sezioni in 2D con la grafica a 8-bit. Quelle fasi così interessanti potrebbero spingere alcuni di voi a cercare l’origine di quel gameplay, di quei disegni e di quelle dinamiche, ma per farlo dovrete entrare nella nostra macchina del tempo, spingere i tasti sul 1985, andare in Giappone e prepararvi ad accendere il Famicom. Super Mario Bros. Sarà lì ad aspettarvi.
Magari vi starete chiedendo “ma che senso ha fare una recensione su un gioco con oltre trent’anni sulle spalle?”. Se questa domanda si è palesatanella vostra mente probabilmente non avete giocato a Super Mario Bros. e non credete che qualsiasi gioco, di piattaforme o meno, debba qualcosa a quel fenomeno. Potremmo parlarvi dello scrolling orizzontale, tanto ovvio al giorno d’oggi quanto incredibile fino a qualche tempo prima. Non è stato il primo gioco ad utilizzarlo ma è stato uno di quelli che lo ha usato meglio. Pensateci bene: miti come PAC-MAN, Space Invaders e Donkey Kong avevano una schermata fissa che, nella migliore delle ipotesi, cambiava dopo aver superato un livello.

Super Mario Bros. invece, il livello te lo faceva esplorare, non ti mostrava tutto subito, ma essendo sviluppato principalmente in lungo, ti obbligava ad attraversare insidie che potevano apparire all’improvviso, insieme allo scorrere dello stage. Ora in Super Mario Odyssey lo scrolling è stato addirittura applicato a superfici tridimensionali che offrono incredibili effetti grafici, ma nell’85, già il “piatto” raggiungimento della bandierina, era da stropicciarsi gli occhi. Il tutto senza nominare i livelli a tema o quelli che si svolgevano addirittura sott’acqua, inserendo dinamiche inedite che a quei tempi mi lasciarono a bocca aperta (roba da chiamare in camera i genitori con la foga di chi avvista un UFO).

E vogliamo poi parlare dei nemici? La varietà di felloni che avevano invaso il Regno dei Funghi è ancora oggi incredibile, con Goomba, Koopa Troopa di due colori diversi e dai diversi pattern di movimento, pesci volanti, meduse, Pallottolo Bill, pianta Piranha, Hammer Bros. e ovviamente Bowser. Con questi e altri cattivoni più o meno frequenti, il gioco conteneva già tutti gli ingredienti che ancora oggi ritroviamo nell’osannato Super Mario Odyssey.
Quello che invece non troviamo nell’ultimo successo mariesco sono i power up storici, quella trinità composta da Fungo, Fiore e Stella che comunque ci hanno accompagnato a lungo e che, scommettiamo, non andranno mai davvero in pensione. Vederli uscire da un blocco invisibile poco prima di un segmento difficoltoso era una gioia indescrivibile che ti imprimeva la sua posizione nei ricordi e che oggi è più vivida di certi cognomi di ex compagni delle elementari.

E già che abbiamo parlato dei blocchi invisibili, non si può tacere sui segreti nascosti sapientemente da una Nintendo e un Miyamoto fusi in un unico grande sogno ad occhi aperti. I tubi tanto cari all’idraulico Mario ed eredità del precedente Mario Bros. – in cui però fungevano solo da “distributori” di nemici – diventavano un’incognita continua: c’era la volta che riprendevano la loro vecchia funzione con Goomba in uscita libera dai loro meandri, e quella in cui invece eravamo noi a poter entrare al loro interno, scoprendo parti di livello bonus che fungevano da scorciatoie, o addirittura veri e propri salti di interi mondi. Era l’epoca in cui non esistevano ancora i salvataggi su batterie a tampone (se ne riparlerà con la cartuccia dorata di un certo The Legend of Zelda), così come non erano ancora arrivate le password che custodivamo gelosamente all’interno della scatola del gioco. L’unico modo per non rifare ogni volta da capo il gioco era usare questi warp che sarebbero poi stati ripresi dagli episodi seguenti.

Infine c’era lui: Mario, un omino tanto piccolo, buffo e facilmente classificabile come insignificante da diventare un perfetto eroe Nintendo. Certo, poteva diventare un omone grande il doppio con un Super Fungo, poteva addirittura incendiare i nemici con il Fiore di Fuoco o sbaragliarli senza pietà con la Stella che lo rendeva invincibile, però quell’omino che dopo il primo Donkey Kong si era brillantemente allenato nell’arte del salto, era capace di imprese meravigliose. E mentre cercava di portarle a termine si era legato indissolubilmente a videogiocatori che solo dopo anni si sarebbero accorti di come quelle partite dopo i compiti, li avrebbero positivamente segnati.

In cima a questo articolo vedete la scritta Recensione, ma io che l’ho messa sono il primo a dirvi che forse quella classificazione è un po’ ingannevole. La colpa però credo sia da imputare a quello che Super Mario Bros. è stato ai tempi dell’uscita e quello che è ancora oggi. Se c’è tanta gente che si è divertita con Super Mario Maker, se Super Mario è da anni più celebre di Topolino e se un gioco di oltre trent’anni è ancora così fresco e godibile, vuol dire che recensire Super Mario Bros. è impossibile. Ovviamente non si può parlare di comparto tecnico in modo classico perché quello che oggi è superato (ma ancora bellissimo per quanto mi riguarda), all’epoca era una rivoluzione.

Anche il gameplay con soli due pulsanti e una semplicissima croce direzione potrebbe sembrare preistorico, pur funzionando meglio di tanti giochi moderni che usano grilletti, tasti dorsali, altri frontali, croce direzionale, leve analogiche e pure i pulsanti sotto a queste ultime. E vogliamo poi parlare delle leggendarie musiche e degli iconici effetti sonori che
ancora oggi vengono ripresi e remixati, pur rimanendo sempre riconoscibili?
Potreste farmi notare che io (e molti altri) voglio così bene a questo gioco perché è stato il mio lussuosissimo biglietto da visita per questo magico mondo; forse avete ragione, ma poi provo a pensare a quanti altri giochi hanno saputo cambiare il mondo a cui appartenevano, restando per così tanto tempo sulla cresta dell’onda e dando addirittura vita ad una straordinaria dinastia… In quel momento non mi resta che fare un sorriso e tornare a pensare che sì, Super Mario Bros. è oggettivamente un capolavoro senza tempo.
Vi ricordiamo che per ora su Switch c’è la versione arcade a circa 7 euro, ma per quanto ancora dovremo aspettare l’arrivo della mitica versione NES sull’altrettanto attesa Virtual Console? Se però volete fare un tuffo completo con tanto di controller d’epoca, fate affidamento al NES Mini Classic, piccolo scrigno di tesori (mai) dimenticati che, per chi se lo fosse perso, dovrebbe tornare presto sul mercato.
EDIT: Ora con l’abbonamento annuale a Nintendo Switch Online di 19,99 euro potete giocare questo e molti altri classici dell’era NES e SNES. Fateci un pensierino, specie se vi piace il retrogame.
- – Tutto
- – Nulla, specie nelle nuove versioni in cui si può salvare quando si vuole
