Orrore poetico
Uscito ufficialmente da ormai 20 giorni, ci sentiamo finalmente pronti per dire la nostra sull’attesissimo The Last of Us Part 2, uno dei giochi più attesi fin dall’inizio di questa generazione di console, che si trova ora a chiudere il ciclo vitale di PlayStation 4. Al contrario di tanti altri titoli, il nuovo gioco di Naughty Dog si è creato intorno un certo odio per come ha scelto di gestire storia e personaggi, tanto che se si cerca il titolo tramite Google, e si guarda il box a destra, si scopre che il gioco è piaciuto solo al 51% dei votanti. Senza voler mettere ulteriormente in evidenza questa situazione e diverse altre semplicemente incresciose (@Laura Bailey, sei una grandissima professionista e apprezziamo il tuo eccellente lavoro!), vogliamo raccontarvi cosa ne pensiamo della nuova avventura di Ellie.

Senza voler minimamente nominare alcuno spoiler, vi dico solo che la storia di questa seconda parte di The Last of Us si svolge alcuni anni dopo il primo capitolo. Ellie è cresciuta e vive insieme a Joel a Jackson, luogo sicuro in cui risiedono altri superstiti scampati alla pandemia. Scappare dagli infetti è importante, ma creare una sorta di nuova società lo è ancora di più per evitare di rimanere vittima di altri scampoli di umanità che non apprezzano il quieto vivere. Per una serie di circostanze a dir poco sfortunate Ellie deciderà di abbandonare Jackson per mettersi sulle tracce di uno di questi gruppi per cercare risposte e vendetta. Senza andare oltre, mi sembra giusto dirvi che se la trama, vista da lontano e quindi sintetizzata, è incredibilmente banale, le storie che si intrecciano al suo interno lo sono infinitamente meno, con una fitta trama di eventi che ci descrivono il mondo di Ellie e i suoi personaggi in modo molto specifico. Non si tratta solo di leggere i documenti lasciati in giro, ma anche delle “storie” che vengono raccontare dalle stanze di una casa di periferia, tutte impolverate, con le sbarre alle finestre e con oggetti sul pavimento. Il fatto che poi ogni ambiente sia diverso dall’altro, evidenzia quanto Naughty Dog abbia investito per far entrare il giocatore in questo universo alternativo in cui un fungo ha mandato in malora il mondo che conosciamo.

La narrazione su cui tanto si è puntato è anche il motivo principale per scegliere di giocare con The Last of US Part 2. La scelta di rendere Ellie omosessuale condividendo il suo amore con Dina, non è una furba strizzata d’occhio a quello che i più disattenti o cinici potrebbero considerare “la moda del momento”, ma una scelta dettata –nuovamente – dalla narrazione. Si sarebbe potuta raccontare la stessa storia se Ellie avesse amato un qualsiasi Frank? La risposta è semplicemente no, quindi chi decide di seguire le vicende raccontate da Neil Druckman in questo nuovo capitolo, ci dove stare, esattamente come farebbe se andasse al cinema.
Discorso leggermente diverso, ma non così tanto, per quanto riguarda il livello di violenza, da alcuni considerato eccessivo e addirittura enfatizzato. Qualsiasi azione brutale venga intrapresa da Ellie e da altri personaggi non è mai spettacolarizzata, risultando piuttosto realistica per via della scelta di rendere realistico il gioco tutto. Anche se si parla di un survival horror in cui si fanno fuori infetti che si sono più o meno trasformati, le scene più forti sono quelle con protagonisti uomini, donne e anche cani. In momenti in cui questi individui stanno cercando Ellie per ucciderla senza fare domande, mi sembra scontato aspettarsi che anche lei faccia altrettanto. Si può al massimo parlare di alcune cutscene in cui viene messa in risalto fin troppo bene la crudeltà umana e che, effettivamente potrebbero essere forti anche per un pubblico maggiorenne dotato di grande sensibilità ed immedesimazione ma, se The Last of Us Part 2 è così potente, lo si deve anche a questo. Non bisogna però dimenticare che non c’è solo cieca violenza, ma anche momenti memorabili e bellissimi in cui l’animo umano mostra il meglio, bilanciando una storia e una vita (quella di Ellie) che altrimenti non sarebbe valsa la pena di raccontare.

Arrivando invece al gameplay ci troviamo davanti quello che, a mio parere, smorza un po’ la qualità globale di questa uscita; non perché non funzioni, ma perché ripropone senza grosse variazioni quanto già visto nel primo capitolo. Ci troveremo di fronte ad aree da esplorare per recuperare risorse, munizioni e collezionabili in cui, in location specifiche e designate dagli sviluppatori, compariranno infetti, Lupi (ossia gli umani armati che vi danno la caccia) e talvolta entrambi, finendo anche per attaccarsi a vicenda. La planimetria delle zone è sempre diversa e offre possibilità inedite per noi giocatori, anche se dopo un po’ ci si accorge che la struttura degli scontri inizia sempre con una fase stealth che poi può sfociare in una sparatoria selvaggia. Arrivati all’uscita dell’area si ritorna ad esplorare e poi il ciclo ricomincia. Rispetto al primo episodio ci sono ulteriori variabili come l’erba alta in cui nascondersi o strisciare, così come nuovi oggetti da creare e nuovi potenziamenti da ottenere, sia per le armi che per Ellie. In questo casi i potenziamenti permanenti vengono spesi su specifici rami di abilità che si attivano solo dopo aver trovato una speciale rivista, aggiungendo via via perk che rendono la protagonista sempre più pericolosa. Allo stesso modo troveremo anche speciali tavoli da lavoro dove migliorare le armi, con animazioni personalizzate in base al potenziamento che andremo ad applicare usando i materiali recuperati.

Prima di passare al comparto tecnico bisogna parlare brevemente delle tantissime opzioni disponibili per rendere il gioco adatto veramente a tutti. Non parlo solo di semplici livelli di difficoltà, ma proprio di aiuti visivi, la possibilità di rimapparre totalmente il controller e di modificare i comportamenti nemici così da rendere possibile questo viaggio anche a persone che hanno problemi fisici che il più delle volte impediscono loro di giocare con i videogiochi. Tutte queste funzioni saranno bellamente ignorate dal giocatore standard, ma ricoprono una possibilità fondamentale per chi può avere problemi nel distinguere colori o anche nella scarsa visione generale. Se c’è un passo importantissimo e pionieristico che è stato compiuto da The Last of Us Part 2, è proprio questo: dare la possibilità a tutti di vivere insieme ad Ellie questa parte della sua storia.

Sul comparto tecnico come potete immaginare si sfonda una porta aperta, con un gioco che è curato all’estremo in ogni singolo particolare, compresi i post it appiccicati nelle case. Giocato anche su una vecchia PlayStation 4 primo modello, ci si trova davanti uno spettacolo grafico capace di far impallidire la stragrande maggioranza delle altre uscite, dandoci forse uno scorcio di quello che ci aspetta nella prossima generazione, su cui questo titolo potrà essere giocato con ulteriori miglioramenti. Già ora però si rimane incantati dalla natura che ha ripreso il sopravvento sul cemento, mostrandoci momenti davvero poetici e location maestose. Le animazioni sono un altro punto a favore della produzione, con movimenti spettacolari che culminano nelle lotte a mani nude tra Ellie e i nemici, soggetti a tagli, colpi e quant’altro offra la tragica situazione. Anche la fisica dei colpi e dei corpi è notevole, aiutando a creare sparatorie realistiche e brutali. Spettacolare infine ogni elemento del comparto audio, dagli inquietanti effetti sonori fino al doppiaggio di altissimo livello anche in italiano, con il ritorno dei doppiatori che già nel 2013 avevano prestato la voce ai protagonisti. Ipnotico poi l’utilizzo delle musiche, specie nei momenti in cui Ellie trova una chitarra e ci permette di suonare con lei, così come di improvvisare cambiando accordi e “pizzicando” il touchpad per simulare il passaggio delle dita sulle corde.

Su The Last of Us Part 2 si possono dire molte cose, ma mi fa specie pensare che tutto quello che gli è stato rinfacciato si riferisca a scelte effettuate dagli autori per portarci nel mondo da loro stessi creato. La violenza c’è e può essere un ostacolo per i più sensibili ma non l’ho mai trovata “gratuita” o “facile”. Si vuole raccontare una storia cruda e intensa e in questo modo ci si riesce senza che però diventi una scorciatoia. Quello che per me gli impedisce di essere il capolavoro che molti hanno indicato sta tutto nel gameplay, troppo simile al predecessore in struttura e possibilità per poter essere identificato come tale. Si lascia giocare dall’inizio alla fine senza problemi però dopo le prime dieci ore la ripetitività si inizia a far sentire, seppur in modo minore rispetto al primo capitolo. Un applauso infine per le opzioni di accessibilità, davvero un esempio da seguire per superare le tante barriere che dividono alcuni videogiocatori dai loro titoli preferiti.
- – Una storia potente e complessa
- – Momenti crudi si alternano con altri poetici
- – Opzioni di accessibilità mai così ricche
- – Livello tecnico eccellente in ogni ambito
- – Gameplay senza nuove grandi idee
- – Non adatto ai più sensibili per il realismo con cui è riprodotta la violenza umana
