Un JRPG da vere Star
Sono ormai diversi anni che un JRPG classico non arriva sulle console domestiche, specie se si considera che i soliti noti sembrano aver deciso di dover rivoluzionare a tutti i costi il genere, per poi deludere, il più delle volte, gli appassionati fiduciosi. Creare un titolo di successo, specie dopo i tantissimi esponenti del passato che continuano a fungere da pietra di paragone, non è per nulla facile ma, per quanto mi riguarda, non sono le meccaniche quelle che vanno completamente stravolte. Piuttosto bisognerebbe concentrarsi sulla storia e sul modo di raccontarla, facendola scorrere grazie a personaggi carismatici che sappiano conquistare anche dopo decine e decine di ore spese tra dialoghi e combattimenti, possibilmente a turni. Questa idea che penso possa essere condivisa da parecchi giocatori, ha trovato forma in Tokyo Mirage Sessions #FE, un bizzarro ma interessantissimo cross-over che fonde personaggi ed elementi da due saghe storiche come Shin Megami Tensei e il celebratissimo Fire Emblem.

Prima di mettere le mani sulla versione completa, ammetto di essere stato uno dei tanti che non sapeva come inquadrare il titolo ATLUS. Era chiara la sua natura da gioco di ruolo di stampo puramente giapponese, ma come far convivere le due saghe appena menzionate in un’avventura che ruota attorno al mondo dello spettacolo, non era facile da immaginare. Così al primo avvio mi sono goduto un bellissimo filmato in stile anime e ho iniziato a conoscere il protagonista Itzuki e la sua amica Tsubasa. Il punto è che nei primissimi 10 minuti in cui ho iniziato a muovere il personaggio sullo schermo e soprattutto ho iniziato a familiarizzare con i dialoghi, stava iniziando a venirmi l’orticaria, per via di battute piuttosto stereotipate e di un sistema di lettura delle stesse che trasformava il Wii U Game Pad nello schermo touch dello smartphone di Itzuki. Vedere i messaggi dei suoi amici tramite questo metodo non mi aveva convinto per niente e l’impressione di trovarmi di fronte ad un gioco pensato per far contenti i giovanissimi mi sembrava l’unica possibile. E invece mi sbagliavo di grosso. Il mondo pop e pacchiano che viene qui rappresentato, diventa un perfetto ambiente in cui costruire una storia fatta di tutti quei sentimenti classici per questo genere di produzioni, ma facendoli apparire più freschi e interessanti rispetto ad altre uscite che si prendono maggiormente sul serio.

Secondo il gioco, tutti gli esseri umani hanno un’energia artistica più o meno marcata chiamata Performa e per un motivo inizialmente sconosciuto, degli esseri provenienti da un’altra dimensione chiamati Mirage vogliono impadronirsene. L’unica difesa da questi attacchi è riscontrabile nell’Agenzia Fortuna, un luogo dove si creano artisti e in cui solo i più talentuosi si legano ad alcuni Mirage buoni. Tenendo duro i primissimi dieci minuti di cui vi ho parlato, assisterete ad una serie di eventi che vi trascineranno a forza dentro al bizzarro mondo creato dagli sviluppatori, il quale fa di tutto per appassionare e per stupire, spessissimo riuscendoci. I Mirage buoni con cui entrano in contatto Itzuki e Tsubasa sono due personaggi piuttosto famosi nel mondo di Fire Emblem, trattandosi di Chrom e Caeda. Senza ricordare nulla del loro passato, ma desiderosi di scoprire come sono finiti in questa realtà moderna, aiuteranno i due ragazzi a combattere alcuni mostri in una realtà alternativa che in termini di gameplay fungerà da dungeon. Solo in seguito, quando l’avventura inizia davvero, si unirà alla squadra un terzo personaggio chiamato Touma e si potrà partire alla ricerca della sorella di Tsubasa, una cantante famosissima che era sparita cinque anni prima, durante un’esibizione. Non fatevi ingannare però perché questa storyline è una piccola parte di quella principale e passando ore e ore su ogni capitolo proposto dal gioco, vi troverete sempre in situazioni differenti e con qualcosa di nuovo da fare.

Il mondo in cui si svolge un JRPG è sempre molto importante e la soluzione adottata in questo caso funziona senza tirare in ballo spazi immensi. L’avventura si svolge nella Tokyo dei giorni nostri, con quartieri come Shibuya che grazie a negozi di gioielli e ristoranti, offrono tutto quello che potrebbe servire per aiutarsi in battaglia. Lo spostamento tra un quartiere e l’altro, avviene tramite una mappa richiamabile in qualsiasi istante, ponendo l’accento sul viaggio rapido ed evitando al giocatore inutili traversate e agli sviluppatori di dover creare una Tokyo eccessivamente complessa. Nonostante le dimensioni siano molto più contenute rispetto ad altri esponenti del genere, bisogna ammettere che la cura nella realizzazione di questo elemento è un perfetto incrocio tra scelte pratiche e altre di design, popolando per esempio le strade di persone che fungono da comparse, ma che sono rappresentate da sagome colorate che rendono benissimo lo spirito pop di questa produzione, risparmiando sulle risorse hardware. Parlando invece dei dungeon, questi presentano dei percorsi più o meno labirintici e su più piani che spesso richiedono l’attivazione di interruttori e l’uso della materia grigia, oltre ad una certa abilità e attenzione nei combattimenti. Inoltre, cosa non da poco, rimarranno accessibili e rigiocabili anche una volta completati, favorendo ulteriori esplorazioni, nel caso non sia stato possibile recuperare tutto il bottino in essi contenuto, piuttosto che andare a caccia di mostri per livellare e per ottenere materiali specifici con cui creare nuove armi.

Un’altra delle caratteristiche basilari in queste produzioni è la qualità dei combattimenti che si andranno ad affrontare e il modo migliore per iniziare a parlarne è tranquillizzare tutti sul fatto che le meccaniche pensate sono le classiche a turni. Partendo da questa base tanto amata dagli appassionati, non mancano idee inedite e altre già viste ma sempre di rilievo. Partendo da questa categoria è impossibile non nominare la barra dei turni visualizzata in alto che ci permette di capire chi attaccherà e quando rispetto ad un nemico o ad un alleato, dando la possibilità di agire con criterio sui mostri più ansiosi di colpirci o di alzare difese prima di subire attacchi devastanti. Poi, da Fire Embem torna il triangolo della armi che vede la spada, sopraffare l’ascia, l’ascia vincere sulla lancia e la lancia battere la spada. A queste tre tipologie che mettono in mostra forze e debolezze dei personaggi e dei mostri coinvolti, si uniscono magie di fuoco, di ghiaccio, fulmini e altri elementi che aumentano le possibilità in campo. Per quanto riguarda le novità invece, la più grande in assoluto è rappresentata dalla meccanica delle Session che dà anche il nome al gioco. In poche parole, usando un’abilità che sfrutta una debolezza nemica (comodamente segnalata da un punto esclamativo verde), non solo si esegue un colpo che danneggia maggiormente l’avversario, ma si chiama in causa anche uno o più compagni che hanno un’abilità passiva collegata alla nostra per tipo di arma o per tipo di magia. Se per esempio usate un’abilità legata all’uso della lancia, e avete degli alleati con l’abilità passiva che gli permette di continuare gli attacchi portati con la lancia, il personaggio iniziale userà skill point per iniziare la Session, ma i compagni lo seguiranno compiendo “gratuitamente” delle mosse analoghe. Questa meccanica più semplice da eseguire che da spiegare diventa prestissimo l’elemento cardine su cui si basano gli scontri, specie se si considera che anche i nemici potranno esibirsi in questa pratica se colpiranno un vostro membro del party con una tipologia di mossa a cui è debole. Ne consegue una difficoltà solitamente ben dosata, che finisce per impennarsi davanti a nemici viola definiti Savage da cui vi converrà fuggire a gambe levate, a meno che non abbiate le barre della special al massimo e vi sentiate particolarmente forti. Da questo punto di vista va segnalata la possibilità di salvare in qualsiasi momento, eccetto durante i combattimenti. Una facilitazione che vi permetterà di evitare la ripetizione di lunghe sezioni di gioco, sempre a patto che vi ricordiate di usarla: non esistono infatti checkpoint o simili e l’unica possibilità in caso di sconfitta sarà ricaricare l’ultimo salvataggio effettuato.

Diventa così fondamentale organizzare adeguatamente i partecipanti agli scontri per permettere loro di essere meno vulnerabili agli avversari che incontreranno. Per farlo si è scelto di limitare pesantemente gli slot di oggetti da assegnare a ciascun personaggio, inserendone solo uno per le armi e uno per un accessorio che possa migliorare le caratteristiche. Esiste anche un terzo slot che però si occupa unicamente della skin del personaggio e non offre alcuna modifica. Se all’inizio può sembrare limitante, ci si accorge che in realtà la scelta dell’arma da impugnare fa già una grande differenza, poiché sarà lei stessa a modificare le resistenze e le debolezze dei protagonisti. Queste armi, dette Carnage, hanno poi la funzione di far crescere il personaggio donandogli abilità e magie speciali, grazie al semplice uso in battaglia. Se l’esperienza classica modifica parametri come forza, magia, velocità, oltre ovviamente ai punti salute e ai punti abilità, far salire di livello un’arma permette di apprendere abilità specifiche o, nel caso si conoscano già, di migliorarne la potenza o di ridurre gli skill point utili per attivarla. Questo fa sì che anche quando si entra in possesso di un’arma più potente, convenga terminare l’evoluzione di quella che si sta usando per ottenere tutto quello che ha da offrire. Inoltre l’acquisizione delle armi e di alcune abilità molto utili, avvengono dopo aver ottenuto alcuni materiali dai mostri sconfitti e averli portati ad una giovane Mirage che ci aspetta in un giardino incantato dietro alla porta dell’ufficio che funge da base operativa. L’ottenimento di armi sempre nuove è alimentato dalla voglia di ottenere ogni skill possibile e allo stesso tempo dallo spirito collezionistico di scoprire e fare proprie tutte le bellissime armi presenti. Tutto questo spinge sul pedale di una longevità che riesce ad assestarsi senza grossi problemi sul centinaio di ore per tutti quelli che vorranno portare a termine anche le missioni secondarie e quelle dedicate a specifici personaggi della squadra, facendogli anche ottenere poteri esclusivi.

Questo originale cross-over, nonostante arrivi in esclusiva su una console dall’hardware sorpassato come Wii U, si dimostra incredibilmente piacevole da vedere e da giocare, grazie ad uno stile giapponese che buca lo schermo in ogni dove. Il volergli dare una connotazione allegra e spensierata, ambientandolo nel mondo colorato dello show business nipponico, ha contribuito a creare un ambiente fresco e accattivante, capace di catturare anche l’appassionato di JRPG più cinico. I luoghi da visitare non sono mai troppo grandi, ma il livello di dettaglio e i rimandi a posti realmente esistenti, così come a mode e passioni specifiche richiamano un mondo vivo e pulsante. Se i dungeon appaiono giustamente più oscuri rispetto alla vera Tokyo, non mancano nemmeno qui stramberie nipponiche come enormi manichini con cui interagire per farci spostare da un piano all’altro o macchine fotografiche da cui non bisogna essere immortalati. I caricamenti sono veloci e ben ottimizzati, facendoci perdere solo pochi secondi, anche quando ci si sposta attraverso la mappa generale. Infine i combattimenti offrono animazioni ed effetti speciali più che buoni, specie se si considera l’hardware utilizzato. Essendo un gioco basato sulle performance artistiche, è stato fatto un grandissimo lavoro sulle musiche e sulle canzoni che verranno via via proposte durante le nostre avventure con la Fortuna Entertainment. Se le prime ci accompagnano con brio, le seconde vengono spesso usate su filmati in stile anime di ottima qualità e cantate nella lingua originale giapponese con sottotitoli inglesi in sovraimpressione. Allo stesso modo si comporta il doppiaggio. La ciliegina sulla torta per un gioco così affascinante sarebbe stata la traduzione in italiano dei testi, ma con un minimo di impegno, non dovreste faticare a seguire le vicende attraverso la traduzione inglese che si dimostra ben implementata. Si segnala infine che non è supportato il gioco off screen sul Wii U Game Pad, obbligando il giocatore ad usare sempre uno schermo televisivo a cui il touch screen del controller fa da companion, mostrando mappe, dialoghi e missioni attive.

Tokyo Mirage Sessions #FE è uno dei JRPG più interessanti che abbia giocato negli ultimi anni, battendo senza difficoltà uscite con nomi più altisonanti. Grazie al suo modo di sottostare alle regole classiche per poi sovvertire mille altre dinamiche che avrebbero potuto renderlo banale, questo bizzarro cross-over tra due serie storiche saprà rapire gli appassionati della cultura giapponese come raramente accade. Oltre ad un’esplorazione che non si perde in chiacchiere ma che si concentra nelle aree giuste, abbiamo poi un combat system profondo e personalizzabile che garantisce un divertimento e uno spettacolo davvero esaltante, specie quando avrete iniziato a costruire i personaggi e potrete esibirvi in session di vario tipo. Il gioco è quindi imprescindibile per ogni appassionato del genere che si è giustamente lamentato dell’assenza di JRPG classici, specie sulla console Nintendo. Tutti gli altri possessori di Wii U dovrebbero comunque prendere in seria considerazione il titolo poiché rappresenta un’ottima occasione per appassionarsi a questo genere attraverso una narrazione efficace, situazioni interessanti e meccaniche complicate solo all’apparenza. Insomma se volete un grande gioco con cui passare le vacanze estive (e probabilmente parecchio altro tempo), avete trovato un validissimo esponente. Una conoscenza discreta dell’inglese è però necessaria.
- – Originale e spiazzante
- – Mondo di gioco “piccolo” ma ben concentrato
- – Combat system eccezionale e profondo
- – La costruzione e la crescita tramite le armi aumentano già da sole la longevità
- – Personaggi apparentemente stereotipati ma divertenti e piacevoli di conoscere
- – Scelte grafiche intelligenti e basate sullo stile pop del gioco
- – Musiche ottime, spezzoni anime cantati davvero eccellenti
- – Il salvataggio unicamente manuale può creare “problemi” a chi si dimentica di eseguirlo spesso
- – Testi unicamente in inglese
- – Per apprezzarlo in pieno è obbligatorio apprezzare lo stile giapponese

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