Wolfenstein: Youngblood – Recensione

Se c’è una cosa di cui Wolfenstein è sempre stato portabandiera è il suo essere un gioco orgogliosamente single player. Per anni, non c’è stato nulla di più esaltante che schierarsi con il proprio fucile contro l’armata nazista e da quando nel 2014 MachineGames ha reinventato la serie con uno spendido reboot, le cose sono andate anche meglio, riportando sui nostri sistemi di gioco un FPS che – orrore! – non aveva nemmeno la componente multigiocatore. Oggi però, dopo averci proposto un ottimo sequel, il mondo distopico di Wolfenstein fa un salto in avanti di vent’anni con Wolfenstein: Youngblood e ci offre un’esperienza diversa dal solito in cui la componente cooperativa svolge un ruolo predominante.

Ambientato vent’anni dopo gli eventi vissuti in The New ColossusWolfenstein: Youngblood ci porta nella fattoria dei Blazkowicz dove B.J. e Anya si stanno vivendo insieme alle loro due figlie Sophie e Jess. Poco dopo apprenderemo che il nostro ammazza nazisti è scomparso; una pista e un po’ di avventatezza, porterà le due giovani a Neo Parigi, facendoci capire che se l’America è stata liberata, lo stesso non è successo in Europa. A bordo di un dirigibile su cui dovremo far fuori un importante bersaglio, scopriremo che molto di quello che conoscevamo in Wolfestein è cambiato, nonostante il gameplay frenetico ed esagerato sia rimasto quello genuino di un tempo.  Solo finita questa missione iniziale però faremo davvero la conoscenza con le dinamiche di questo nuovo capitolo che, grazie allo zampino di Arkane Studios (gli stessi di Dishonored) ha cambiato la sua progressione e il suo modo di proporsi ai giocatori. La storia non è in alcun modo paragonabile a quanto visto nei capitoli ufficiali, non presentando alcun cattivo memorabile da odiare o comunque una progressione lineare ma incalzante, eppure il gameplay a base di piombo e level up fa la sua figura.

Alla parole “level up” qualcuno di voi avrà avuto un sussulto. “Ma come? Hanno inserito i livelli anche in un gioco vecchia scuola come Wolfenstein?” Ebbene sì, questo episodio di mezzo ha avuto l’ardire di assegnare un livello ad ogni nemico e ad ogni missione, cercando così di dare una maggiore linearità alla vicenda, seppur sia teoricamente possibile raggiungere subito qualsiasi area. Il gameplay ruota infatti attorno a tre aree ben definite di Parigi al cui interno è situato un Brother, ossia una grande torre da disattivare per poter poi scoprire come sia finito il buon Blazko. Siccome il livello di ogni torre è inizialmente molto alto, tanto da visualizzare direttamente un teschio rosso accanto al nome della missione, dovremo iniziare a darci da fare con missioni più semplici, esplorando le mappe che le propongono e tornando di quando in quando alla nostra base nelle catacombe per fare rifornimento, recuperare alcune ricompense e poi ripartire verso un nuovo obiettivo. Talvolta nelle ambientazioni verranno fuori anche attività secondarie facoltative, ma la ricompensa in esperienza e monete saranno un bell’incentivo per completarle, nonostante alla fine sia avvertibile una certa ripetitività.

La progressione attraverso la trama di Wolfenstein: Youngblood non è il massimo per via di come è gestita la narrazione, ma la vera progressione la vivrete attraverso il personaggio. Scelta inizialmente la gemella che preferite, potrete assegnare alcune skin estetiche ma soprattutto un’abilità tra occultamento e distruzione, oltre ad un emote che assegnerà un bonus di varia natura a voi e alla vostra partner. Iniziando a giocare e accumulando punti esperienza attraverso eliminazioni e completamente di missioni otterrete dei punti abilità da spendere per ottenere e migliorare specifiche abilità attive o passive. Il loro numero e la loro efficacia in battaglia rende davvero piacevole giocare e potenziare il proprio personaggio, ma non bisogna dimenticare di fare cassa con le monete d’argento. Questa valuta servirà per comprare diverse modifiche per le armi, con upgrade divisi per tre costruttori dalle diverse priorità (danni, caricatore e precisione) e disponibili per quattro o cinque parti. Tra mirini, silenziatori, rivestimenti in gomma per far rimbalzare le granate e molto altro, ampliare il vostro inventario e modificarlo in più modi sarà uno spasso, specie dopo averne verificato gli effetti sui nemici. Questi vanno dai classici soldati più o meno corazzati fino a diavolerie meccaniche molto coriacee e dotate di equipaggiamento d’elite. Per affrontarli, oltre a dover stare attenti ad un’intelligenza artificiale non fenomenale ma comunque in linea con i precedenti Wolfenstein, dovrete anceh prestare attenzione alle icone che caratterizzano la loro armatura tra due tipi. In base all’icona di un quadratino pieno o vuoto, dovrete adattare il tipo di proiettili di specifiche armi, così da infliggere il pieno dei danni ed evitare spiacevoli dipartite.

Se la vostra energia dovesse esaurirsi potrete fare affidamento sulla vostra gemella, personaggio che potrà essere guidato da un secondo giocatore attraverso un ottimo sistema di drop in/drop out ma che potrà anche essere lasciato nelle mani della CPU. Il sistema di rianimazione funziona in entrambi i casi, anche se nelle mani di giocatori esperti può rendere più semplice del solito un gioco che, in questo caso consiglio di giocare da subito a difficoltà difficile per avere una sfida adeguata fin da subito. Le vite extra per rianimarsi anche nel caso l’altro giocatore sia KO aiutano, ma sono capitate situazioni in cui non sono bastate e hanno fatto ripartire da capo un’intera sessione. Comunque, se vi state chiedendo se Wolfenstein: Youngblood sia un gioco affrontabile anche in single player, la risposta è un convintissimo sì: in due è sicuramente più divertente e la possibilità di usare il Buddy pass della versione Deluxe per invitare a giocare  qualcuno che ha scaricato la versione gratuita del gioco è un’ottima trovata, ma anche appoggiandosi ad una “gemella virtuale” permette di godersi appieno il gioco, senza evidenti sacrifici.

In quanto spin-off venduto a prezzo budget (cosa da non sottovalutare) molti elementi di gioco tornano anche in questa nuova uscita, con modelli poligonali comunque ottimi e responsivi al martellamento dei colpi che gli sparerete contro. L’ambientazione anni ’80 di Wolfenstein: Youngblood non si sente granchè se non per le musiche elettroniche e per alcuni neon violacei, riportandoci ad una Parigi spesso molto fredda, seppur notevolissima da ammirare per design. In questo campo e più nello specifico nel level design va menzionata una maggiore verticalità delle mappe, complice la presenza di Arkane Studios che ha anche inserito un numero maggiore di passaggi secondari che utilizzano salti e doppi salti. La qualità generale è simile a quello che abbiamo ammirato in The New Colossus, con l’unica differenza sostanziale che riguarda mappe meno ampie ma in cui vi troverete a muovervi più spesso per completare le varie missioni assegnate o per adempiere agli incarichi giornalieri e settimanali che vi forniranno esperienza e monete anche dopo aver completato il gioco. Peccato manchi lo split screen, ma con questa grafica e questa atmosfera era difficile preservare questo tipo di modalità senza rendere ingiocabile o comunque poco fluido un titolo che corre a 60 frame per secondo. Il sonoro è sempre di spicco grazie a canzoni anni ’80 cantate in tedesco e con effetti speciali che ricalcano quanto di buono sentito in passato. Valido anche il doppiaggio e in linea con i precedenti capitoli anche per quanto riguarda i doppiatori che tornano per diversi personaggi. Divertenti e spassose poi le due gemelle, tanto brutali in alcune situazioni, quanto buffe e genuinamente giovani in altre.

Wolfenstein: Youngblood è uno spin-off molto diverso dal passato di questa serie. Prendendo elementi moderni come il level up e alcune meccaniche caratteristiche di titoli come Destiny e The Division, riesce a piazzarli in un gameplay ancorato al passato, senza il bisogno di avere mondi popolati da altri giocatori e in cui si può anche giocare da soli, con l’aiuto della CPU. La cooperativa tanto sbandierata è quindi una possibilità concreta tra giocatori, ma non rovina l’esperienza a chi desiderava un Wolfenstein single player più classico. La trama non è interessante come i capitoli ufficiali, ma il miglioramento del proprio personaggio e del suo arsenale saprà farvi compagnia senza farvi pesare questa mancanza. E comunque il gameplay frenetico e viscerale che ha fatto la fortuna di questa rinnovata serie è ancora al proprio posto, offrendoci il meglio degli FPS single player o, come in questo caso, anche cooperativi. Se amate il genere fatelo vostro senza pensarci due volte, e se avete un amico con cui giocarlo, potrete dividervi la spesa della Deluxe Edition da 40 euro e divertirvi per parecchie ore.

Pro
  • – Gameplay veloce e feroce
  • – La coop funziona anche con la CPU
  • – Ottima progressione del personaggio e del suo arsenale
  • – Nemici tosti
  • – Mappe interessanti
  • – Grafica e sonoro di qualità
  • – Giocabile in due con una sola Deluxe Edition da 40 euro
Contro
  • – Trama poco interessante
  • – Attività un po’ ripetitive alla lunga
  • – Si torna spesso nelle stesse mappe

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