Per far sì che una serie che ha già alcuni episodi sulle spalle riesca a catturare nuovi giocatori, spesso si finisce per proporre una storia che tratta le origini dei personaggi protagonisti. Quest’idea ha colpito anche mondo totalmente giapponese di Yakuza che, dopo circa dieci anni di attività ha portato su PlayStation 4 il capitolo Zero. Questo succedeva alcuni mesi fa, con una mossa che ha fatto da apripista al nuovo Yakuza Kiwami, rifacimento del primo storico capitolo classe 2006. Attenzione però: in questi anni in cui le versioni remastered ricercano i fasti del passato con uno sforzo minimo, qui ci troviamo di fronte ad un vero e proprio remake creato sulla struttura ludica del capitolo Zero, oltre che maggiormente collegato ad esso di quanto già non lo fosse prima di questa eccellente operazione.
Per chi non lo sapesse, la storia inizia nel 1995, con il protagonista Kazuma Kiryu che lavora già per una grande famiglia affiliata alla Yakuza. Per motivi che non vogliamo svelare a chi non ha mai giocato questa uscita nell’epoca PS2, il nostro si ritroverà invischiato nell’omicidio di un potente patriarca della mafia giapponese, finendo in prigione per dieci lunghi anni. Al suo ritorno nel fittizio quartiere di Kamurocho che funge da hub, il nostro non sarà più il temuto e rispettato esponente di un tempo e dovrà sudare non poco per scoprire che cosa ne è stato del suo mondo e delle persone a cui tiene.

Dietro ad una trama apparentemente classica, si nasconde uno sviluppo degli eventi che ha pochi uguali nel mondo videoludico di ieri e di oggi. I dialoghi a cui assisteremo (in giapponese, sottototitolati in inglese) tratteggiano lo stile di vita e i valori della cultura nipponica, mostrando una profondità e una cura invidiabile. La qualità delle cut scene è stata potenziata grazie alla riscrittura del gioco con il nuovo motore grafico già visto in Yakuza Zero, permettendo di godersi un gioco “attuale” nonostante i dieci anni sulle spalle.
Inoltre, sono state riscritte intere sezioni che collegano magistralmente questo primo capitolo allo Zero di qualche mese fa, aumentando il senso di immersione già enorme che una produzione del genere riesce ad offrire. E se ve lo state chiedendo, considerate almeno una ventina di ore prima del completamento, capaci di diventare un centinaio se vi farete catturare dallo spirito del titolo e dalle sue attività collaterali.

Il cambio di motore grafico rende evidente la qualità di questo remake, ma è tramite il gameplay che si capisce la volontà di adattare questa uscita agli standard attuali. Tanto per cominciare fin dall’inizio sarà possibile combattere attraverso i tre stili di lotta che abbiamo apprezzato in Yakuza Zero. Sto parlando dei già noti Brawler, Beast e Rush, variabili a cui si aggiunge il Dragon Style che sarà potenziato dopo aver “incontrato” diverse volte quel Goro Majima già visto e impersonato proprio qualche mese fa. L’essere rimasto in prigione per 10 anni è poi la scusa perfetta per togliere a Kiryu tutti i potenziamenti presenti nell’introduzione, così da obbligarci a recuperarli pian piano attraverso i tanti combattimenti che affronteremo.
Questi non sono cambiati nelle dinamiche, ma offrono sempre quel riuscito mix di “picchiaduro a scorrimento old school” che garantisce una buona sfida (su tre livelli di difficoltà) e mosse speciali esaltanti. Oltre a questo elemento sono presenti anche gli altri due marchi di fabbrica della serie, ossia le subquest che garantiscono situazioni e sviluppi di vario genere e gli immancabili minigiochi a base di biliardo, freccette e quant’altro. In questo caso di evidenziano alcune aggiunte rappresentate dalla presenza del Pocket Circuit e lo strambo MesuKing che altro non è che un minigame del tipo “sasso, carta, forbice” ma con signorine in abiti succinti che si suonano come tamburi.

La presenza di Yakuza Zero è stata fondamentale per lo sviluppo di questo remake, ma guardando meglio ci si accorge che Yakuza Kiwami ha un’offerta più limitata. La presenza di un solo personaggio invece di due, ridimensiona anche il mondo di gioco che così si limita ad un solo quartiere da visitare in lungo e in largo. Le missioni in sé non hanno bisogno di grandi variazioni visto che sono contestualizzate molto bene, ma il dover andare sempre dal punto A al punto B consegnando un oggetto o parlando con un personaggio potrebbe renderle un po’ ripetitive se non vengono inframmezzate dai minigiochi o dalle sfide collaterali. Ogni cosa contribuisce allo sviluppo di Kiryu, compreso l’ordinare ogni portata in un ristorante specifico, così come superare le varie sfide in un minigame, spronandoci quindi a provare anche quelle dinamiche che in teoria non sembrano interessare.

Parlando del comparto tecnico non c’è nulla su cui obiettare, con un rifacimento che migliora ogni aspetto della produzione. Oltre al potenziamento di texture e dettaglio grafico, è utile rimarcare l’ottima fluidità che accompagna il gioco, veloce tanto nei combattimenti, quanto nel farci muovere attraverso il quartiere in cui si svolge la vicenda. I caricamenti faranno la loro comparsa solo quando si entrerà in qualche negozio o edificio, ma anche in quel caso i secondi persi sono davvero pochi. Stesso discroso per i save game che vanno fatti manualmente ma che possono essere eseguiti sia dalle cabine del telefono (utili anche come box per gli oggetti, sia in qualsiasi momento tramite il tasto Options. Musiche di altissimo livello e recitazione in giapponese di ottima fattura e ripulita magistralmente, concludono un quadro eccellente che farà la gioia di chi si è innamorato di questa saga dieci anni fa, o anche solo da pochi mesi.

Yakuza: Kiwami è l’esempio da seguire per chiunque oggi voglia fare un remake. L’appoggiarsi al motore grafico sviluppato per uno degli ultimi episodi ha facilitato il lavoro, ma ciò non toglie che abbia ridato nuova vita ad un gioco che in troppi si sono lasciati scappare nel 2006. Il suo essere considerato un “clone di GTA” aveva messo molte persone sulla strada sbagliata, ma ora che le cose sono più chiare, può essere un ottimo modo per iniziare (o ricominciare) le avventure del Drago di Dojima. Il capitolo Zero è più ricco e completo (basti pensare che stavolta nelle sale giochi i videogame di SEGA non sono giocabili), ma le emozioni non mancheranno nemmeno qui, grazie ad una trama ottimamente realizzata e a tutta una serie di miglioramenti che rendono questo remake uno dei migliori e dei più appetibili sul mercato, anche grazie al prezzo budget a cui è venduto.
- – Remake creato ad arte
- – Trama profonda e arricchita
- – Personaggi memorabili
- – Aggiunti i tre stili di combattimento
- – Aggiunti ulteriori minigiochi
- – Fluido, pulito e ottimamente potenziato
- – Prezzo budget
- – Meno contenuti che in Yakuza Zero
- – Subquest meno ispirate
- – Sottotitoli solo in inglese
