Hogwarts Legacy è un successo perché parla alla pancia dei videogiocatori – Speciale

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Basterebbe il titolo appena menzionato per riassumere cosa penso di Hogwarts Legacy. Le vendite registrate dal lavoro di Avalanche segnano un successo incredibile per il team con sede a Salt Lake City e considerando la nomea del marchio di riferimento, il risultato non era per nulla scontato. Lo abbiamo evidenziato in modo più tecnico e ragionato nella recensione realizzata dal nostro Andrea su queste pagine digitali, ma personalmente ho voluto dedicarmici con maggiore calma e a mente un po’ più fredda, ripercorrendo i passaggi che, nel bene e nel male, hanno segnato la svolta di questo progetto che con i dovuti compromessi riesce a rimanere impresso nella mente e nel cuore dei videogiocatori. A ben pensarci voglio tenermi qualche piccola riserva solo nel caso di un eventuale seguito, ma andiamo con ordine.

Un nuovo predestinato

Hogwarts Legacy è il primo “vero” gioco dopo tantissimi anni ambientato nell’universo nato dalla penna di J. K. Rowling, e proprio questo primo aspetto rappresenta una leva incredibile per gli appassionati. Dove la software house ha deciso di premere il pedale dell’acceleratore nei confronti di una community viva ancora oggi, anche se profondamente segnata visto le ultime notizie non proprio luminose circa la sua autrice.

I ricordi dei primi capitoli della saga di Harry Potter, così pixellosamente evocativi, tra Playstation di prima e seconda generazione hanno tormentato la mente del sottoscritto in modo incessante. La campagna comunicativa imbastita da Avalanche è stata però molto saggia. Situazione che a conti fatti bussa al cuore di tantissimi appassionati e gli invita a scoprire il suo mondo senza fretta, prendendosi il giusto tempo per apprezzarne ogni meccanica e texture, incastonata in un mosaico digitale che riesce a creare assuefazione con disinvoltura.

Senza concentrarci più di tanto sulla trama stessa di Hogwarts Legacy – dove a tratti ho avuto la sensazione di vivere con maggiori enfasi alcune quest secondarie – la possibilità di poter creare sostanzialmente da zero il proprio alter ego, ed entrare a tutti gli effetti ad Hogwarts per viverne la vita lezione dopo lezione, mette in secondo piano una storia principale dalla qualità discreta e che solo in alcuni punti sorprende oltre ogni aspettativa.

Avalanche permette di vivere fin dai primi istanti gioco scene iconiche dei film come la scelta del Cappello Parlante alla cerimonia dello Smistamento, le lezioni di difesa contro le arti oscure, o il travaso delle terribili Mandragore, giusto per menzionarne alcune. Il tutto in un mix autoreferenziale di citazioni che piovono sullo schermo riuscendo a emozionare e convincere, facendo leva proprio sul fattore nostalgia in maniera intelligente.

Parlo di emozioni perché Hogwarts Legacy accarezza delicatamente il cuore dei giocatori, cullandoli e crogiolandoli per il riconoscimento dei numerosissimi riferimenti a opere cartacee e cinematografiche, strizzando l’occhio sia ai più assidui sia ai meno avvezzi. Come se non bastasse, riesce a convincere perché si posa su un gameplay tanto funzionale quanto accessibile, semplice nel suo essere così classico e funzionare – nel bene e nel male – anche perché privo di titoli simili per il Wizarding World.

Un bellissimo compitino

Lungi da me l’affermare che Hogwarts Legacy sia un successo perché i videogiocatori si accontentano, semplicemente mi accorgo che passo tantissime ore quasi per inerzia, per scoprirne ogni segreto, volando con la scopa verso il prossimo segreto e la prossima citazione.

Per certi aspetti, e con i dovuti limiti per il confronto, ho notato delle analogie con i primi mesi di Animal Crossing: New Horizons, nel senso che per entrambi i casi – mettiamo da parte il fenomeno del Covid e la potenza del secondo brand di per sé come videogioco – si è optato per attirare soprattutto neofiti e giocatori della domenica, interessati a vivere un’avventura non troppo impegnativa, godibile anche a piccole dosi.

Che dire poi dell’impegno profuso nella realizzazione della stessa scuola? Una planimetria incredibilmente ricca di dettagli e che invoglia i giocatori all’esplorazione, stanza dopo stanza e corridoio dopo corridoio, dove perdersi nella routine scolastica in men che non si dica

Non ugualmente convincenti risultano le aree aperte, se non per quelle costiere più avanzate, ma il riuscire a volare sulla scopa tra i vasti cieli riesce egregiamente a sopperire a ciò, regalando scorci, sia di notte sia di giorno, estremamente evocativi.

Eppure, il gameplay di Hogwarts Legacy è ciò che di più classico è possibile trovare se paragonato ai più e meno recenti open world; l’esplorazione tramite punti di salvataggio che permettono di visionare l’area circostante, il sistema di progressione focalizzato su attività principali e secondarie, così come un discreto sistema di progressione che – puntando più sulla quantità rispetto alla qualità – invoglia nel cercare l’outfit tanto più efficace sul campo di battaglia quanto glamour da indossare.

Si tratta di compitini, fatti benissimo, che nel loro insieme funzionano molto più del previsto proprio perché, come anticipato, non esistono progetti analoghi con i quali potersi un minimo confrontare, e questo al momento non è per nulla un male, sia chiaro. Soprattutto perché le attività legate alla personalizzazione della Stanza delle Necessità, alla raccolta e ricerca delle varie creature, così come il semplice crafting legato a pozioni o piante sono un ottimo collante tra le varie missioni.

Ovviamente se mai si vorrà fare un nuovo capitolo, e sarebbe proprio un peccato soffermarsi a questo progetto, sarà necessario rimboccarsi le maniche perché l’asticella delle aspettative non potrà che impennarsi sempre di più. Verrà chiesto al team un maggior coraggio proprio sul fronte del gameplay, e questo non potrà solo essere bello per la sua semplicità e immediatezza, ma dovrà permettere nuove opzioni tanto nel combattimento quanto per la pura esplorazione o crescita dell’alter ego.

Magari per un nuovo capitolo di Hogwarts Legacy si potrebbe scegliere di vestire i panni di un insegnante, per dare un punto di vista innovativo sull’anno accademico e i suoi ramificati sviluppi, oppure introdurre un sistema morale più marcato per decisioni e conseguenze, senza però tradire quell’accessibilità e familiarità che per quanto classica rimane estremamente confortevole.

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