Le mascotte del passato – Seconda Parte – Speciale

A volte ritornano… e a volte no.

Eccoci tornati allo speciale delle mascotte del passato. Non siete da biasimare se uno degli scorsi titoli può aver destato il vostro interesse: ha stuzzicato anche noi mentre ne illustravamo le caratteristiche! Di sicuro, però, non stati solo quei tre gli unici ad avere qualcosa da raccontare. Spesso molte compagnie, silenziosamente, sviluppano prodotti inediti giusto per dar sfogo alla propria fantasia. Certo, questa è una pratica che veniva attuata qualche anno fa, più che oggi, ma ciò che è nato da questi prodotti ha un che di incredibile. Questi sono i cosiddetti “fulmini in bottiglia”: prodotti imperfetti e unici, pieni di carattere e potenzialità.

Scaler – La storia di Bobby Jenkins è forse una delle più peculiari e underground dei primi anni 2000. Certo, magari la trama di Scaler non sarà al pari di un capolavoro di Kubrick, ma forse non vuole neanche esserlo, dato che riesce a far parlare di sé con un gameplay semplice, tipico dei Platform Collectathon più blasonati, e una cura per il particolare piuttosto certosina, specialmente nelle sezioni di grinding, che riescono ad oggi a mantenere una fisica a tratti migliore di Crash Bandicoot 4. Il distintivo character design, unito a un level design piuttosto ampio e a un gameplay improntato all’azione e al ricalco del più blasonato Jak and Daxter: The Precursor Legacy rendono Scaler il prodotto forse più raffinato di questa sezione, sia per idee che per esecuzione delle stesse. Come si può dedurre dal titolo, comunque, questa sezione tratta di quei giochi che, per un motivo o per un altro, non hanno mai visto seguiti e non sono mai stati sviluppati oltre il finale della storia principale nonostante tutti i migliori propositi. BEhaviour Interactive, ai tempi conosciuta come Artificial Mind and Movement, è di sicuro stata una compagnia in grado di far parlare di sé grazie alle innumerevoli produzioni e porting di giochi piuttosto blasonati, prevalentemente appartenenti al genere dei tie-in. Scaler, ovviamente, non rientra in questa categoria, ed è un peccato, perché nonostante le lampanti mancanze a livello di trama e qualche sbavatura di gameplay si nasconde una delle esperienze più interessanti della Sesta Generazione di console. Certo, un po’ acerba, ma di sicuro interessante.

Haven – Traveller’s Tales è un’azienda che non ha bisogno di presentazioni: nata nel 1989 sotto stretta collaborazione con Psygnosis, è riuscita a garantire a diverse generazioni di videogiocatori un’indubbia qualità e numerosi prodigi tecnici, anche nei giochi meno apprezzati. Basti pensare a titoli ben riusciti come Toy Story 2: Buzz Lightyear to the Rescue, titoli rimasti per poco tempo in fucina ma comunque fantastici come Crash Twinsanity e titoli decisamente poco interessanti, ma pieni di piccoli dettagli impossibili per l’epoca come Sonic R. Ciò che molti non sanno, però, è che durante la Sesta Generazione di console Traveller’s Tales decise di sviluppare un titolo che avrebbe avuto come protagonista la mascotte della compagnia, una creatura dalle fattezze decisamente simili a Ratchet. Tale idea fu presto messa in disparte per lasciare spazio a Haven, ragazzino omonimo al titolo del gioco. Collaborando con Midway Games, gli stessi ragazzi alle spalle di Mortal Kombat, Haven sarebbe dovuto essere un FreeFormer, gioco multi-genere il cui scopo principale sarebbe stato quello di raggiungere le vette degli Open World odierni: niente caricamenti, esplorazione realistica e legata al più totale input da parte del giocatore, storia appassionante e gameplay ingaggiante e mai banale. Si, insomma, si capisce come molte di queste idee siano state prese o ritrattate in titoli decisamente meglio riusciti come Jak & Daxter l’anno prima o Ratchet & Clank lo stesso anno, e in parte Haven riprende molto da entrambi i titoli. Ciò in cui non è riuscito, però, è stato mantenere il giocatore e il giornalista di turno ingaggiati abbastanza da apprezzare il titolo, complice anche una mancanza d’attenzione al marketing del gioco. Il risultato è stato un’esperienza dal gameplay discreto, dalla storia anonima, dai momenti di trama privi di spiegazioni e da molte promesse tecniche mantenute, ma in parte. Sarebbe interessante vedere un ritorno di Haven sulle nuove console, specialmente considerate le differenze tecniche rispetto ad allora. Probabilmente godrebbe di una ben meritata seconda vita.

Glover – Torniamo momentaneamente indietro nel tempo al 1998, anno in cui Glover ha visto la luce su Nintendo 64 e Playstation. Lasciando perdere il porting su console Sony, ritenuto qualitativamente inferiore, Glover si è contraddistinto per il suo gameplay ancora oggi unico. Impersonando il guanto destro di un mago bisognerà trasportare alla fine di ogni livello dei diamanti di cui potremo mutare la forma alla pressione di un pulsante sul controller, le cui funzioni sono specifiche e situazionali. Passando da una pallina da tennis a una palla da bowling, l’obiettivo consisterà nel fermare il guanto sinistro del mago, Cross-Stitch, erroneamente caduto nel calderone nello stesso momento in cui Glover è caduto dalla torre del suo padrone. Nonostante la produzione di un secondo titolo (di cui è stato recuperato solo un prototipo per Nintendo 64 nel 2010) mai rilasciato, Glover è rimasto nell’underground degli amanti dei Puzzle Platformer come un titolo dal buon cuore che non ci ha creduto abbastanza, che si sarebbe potuto affermare grazie al seguito mai uscito. Anche qui pensiamo che riaffermare Glover come mascotte sarebbe un esperimento alquanto interessante. Il futuro saprà darci risposte, speriamo positive.

Il nostro cammino è quasi giunto al termine. Presto ci confronteremo con dei veri e propri capisaldi del passato!

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