Non una serie, ma un progetto incredibile
Mettiamo subito le mani avanti dicendo che questa non sarà una recensione dell’ultima stagione di Dark, ma bensì un resoconto a visione complessiva dell’intera serie, prendendo spunti personali e basata unicamente sul mio parere con cui la reputo uno dei progetti meglio riusciti degli ultimi anni. Ovviamente, potrebbero esserci spoiler, anche se cercherò di evitare; quindi, invito la lettura solo a chi ha già tutto chiaro o almeno un dottorato in fisica per una comprensione ancora più completa.
Dark non è una serie, ma un vero e proprio progetto ragionato in ogni suo minimo istante

Partiamo con qualche dato tecnico che non guasta mai: la serie è un’esclusiva Netflix di produzione tedesca, nello specifico creata dal signor Baran bo Odar, persona ormai complice del mal di testa venuto a molti suoi telespettatori che hanno seguito la serie. La prima stagione risale al 2017, la seconda al 2019 e la terza e conclusiva è stata pubblicata lo scorso 27 giugno 2020; già solo questo può far gridare all’incredibile a molti appassionati di serie TV, perché è veramente raro trovare un’opera che abbia una cadenza di rilascio così breve e concisa, con l’intento di iniziare e concludersi in sole 3 stagioni dell’arco di 4 anni. Anche per questo sostengo che Dark non sia una semplice serie, ma un vero e proprio progetto creato ed elaborato nel più minuscolo dettaglio, con il fine di creare un universo (o meglio più universi) completamente finiti ed autoconclusivi fin dalla prima scrittura. Io personalmente non conosco come sia stato creato Dark dietro le quinte a livello di sceneggiatura, ma ho il forte presentimento che tutto quanto sia già stato deciso a priori, al contrario di molte altre serie di successo che vengono scritte volta per volta, facendo passare molti anni tra le varie stagioni o buttando nel piatto idee raffazzonate solo per allungare la minestra e cavalcare il successo. Basterebbe anche solo citare quello che è successo con Il Trono di Spade nella stagione conclusiva, con quel mezzo disastro che ha scatenato la furia di molti fan spingendoli addirittura a creare una petizione online per rigirare completamente gli episodi finali. Qua siamo da tutt’altra parte con una direzione oserei dire maniacale da ogni punto si voglia guardare qualsiasi episodio di Dark.

Cercare di voler riassumere quella che è la trama di questa serie o meglio il filo conduttore che collega ogni cosa può portare ad un esaurimento nel breve tempo, e chiunque abbia anche solo visto un episodio lo può comprendere fin dall’inizio. Non è assolutamente una visione facile o rilassata da tenere in sottofondo mentre si fa altro; non la ritengo fruibile ad un pubblico ampio, dato che comunque si vanno a toccare molti punti classici della fantascienza, come i viaggi nel tempo (elevandoli all’ennesima potenza), ma anche per questo la serie è molto più ricercata e matura di altri suoi corrispettivi nel genere. Ogni momento ha un perché dietro, ogni scelta eseguita da un personaggio, ogni incontro, ogni gesto, e questo viene percepito dallo spettatore creando un pensiero più ampio di ragionamento per cercare di sbrogliare questa immensa matassa. Chiunque stia guardando vuole aiutare Jonas nel suo intento e poco dopo vorrebbe limitare le sue azioni, perché è così che funziona Dark: crea perfino nel telespettatore questa moltitudine di stati d’animo sovrapposti tra confusione (molta) e consapevolezza (poca) delle conseguenze di un gesto.

Il fatto di aver creato tutto questo nel giro di solamente tre stagioni e forse la cosa che più ho apprezzato e mi ha stupito allo stesso tempo. Al giorno d’oggi con il grande successo che hanno intrapreso i servizi di streaming, le serie TV sono diventate il nostro pane quotidiano, accompagnando le nostre serate libere o una domenica pomeriggio di pioggia; siamo quindi stati abituati negli ultimi anni ad un format ben preciso, molte stagioni con una quindicina di puntate circa dalla durata relativa in base a cosa si sta guardando, ma talvolta questo allungare il brodo non sempre funziona. Portiamo due esempi molto distanti nel tempo, ma con lo stesso esito: Heroes, serie risalente al 2007 con quattro stagioni effettive, ma 78 episodi (25 solo nella terza stagione), incredibile successo all’inizio con una conclusione molto forzata e discutibile, perché il pubblico aveva perso di interesse. Allo stesso modo oggi abbiamo la serie Tredici, acclamatissima dalla critica nella prima stagione che è andata via via scemando fino alla sua conclusione quest’anno con quattro stagioni e 49 episodi al suo interno. In contrasto, Dark presenta soltanto 26 episodi complessivi, ma con un’intensità da farne percepire un numero simile alle opere qui citate: non esistono puntate filler, rimane tutto talmente ben congegnato che ogni singolo momento deve essere assimilato al fine di capire dove vuole portarci questo filo.

Non vi nego che io sono sempre stato molto selettivo nelle serie TV, essendo più un amante del cinema, ma in questo caso ci troviamo veramente davanti ad un’opera talmente ben congegnata da poterla paragonare al livello di grandi film come possono essere Inception o Shutter Island. Nel momento in cui credi di aver trovato un senso a tutto, un twist ti riporta nella confusione più totale, e questo fatto, ancora perché la serie è ben fatta, non stanca lo spettatore, ma al contrario riesce a coglierlo sempre di sorpresa e non è una dinamica scontata questa. Rimane tutto così fuori di testa che una volta arrivata alla conclusine tutto avrà perfettamente senso; mi auguro di non aver creato più confusione del dovuto, ma anzi aver instaurato un po’ di curiosità in chi non conosce la serie, per questo concludo con una sua citazione “La verità è che per ogni singolo tempo esiste una sola ed unica via, determinata e tracciata dal principio alla fine e rappresentata a sua volta da un inizio”.
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