Un ispirato slice of life che vi farà divertire per molto tempo
Komi Can’t Communicate è uno dei manga più apprezzati degli ultimi tempi, uno slice of life dai toni comici che ha fatto breccia nel cuore di molti appassionati, specialmente in patria. L’opera di Tomohito Oda è stata inoltre adattata in una serie animata dello studio OLM, pubblicata da noi su Netflix in simulcast sottotitolata, per poi aggiungere anche il doppiaggio. Come sarà andata? Lo scoprirete in questa recensione.
Una storia molto divertente e sopra le righe che ci fa capire le difficoltà affrontate da chi soffre d’ansia sociale
L’istituto più bizzarro di sempre

L’istituto privato Itan High permette di entrane a far parte solo a chi dimostra una personalità particolare. Hitohito Tadano, un normalissimo ragazzo, riesce ad iscriversi in questa scuola, con lo scopo di passare l’anno inosservato. Tuttavia, si ritrova seduto affianco a Shouko Komi, bellissima e popolarissima ragazza, cosa che manda i suoi piani in fumo, ma conoscerà presto un dettaglio particolare di Komi: non parla mai, cosa che viene interpretata da tutti come raffinatezza caratteriale, ma in realtà lei soffre di una di una forte ansia sociale e non è mai riuscita a parlare con nessuno. Il suo sogno di stringere 100 amicizie sembra irrealizzabile, però Tadano decide di aiutarla a superare il suo disturbo, facendole conoscere l’eccentrico/a Najimi Osana, talmente amichevole da considerare tutti suoi amici d’infanzia, ma se sia un ragazzo o una ragazza resterà un’incognita. Da qui inizia una storia che segue la tipica struttura degli slice-of-life, con mini episodi parzialmente auto-conclusivi, ma estremamente divertente, sopra le righe e coinvolgente.
Cliché? Ma tanto che importa!

I personaggi sono il pilastro portante della serie, con molte situazioni esilaranti che ci mostrano i tentativi di Komi di approcciarsi a loro. Inoltre, i loro nomi sono dei giochi di parole con le caratteristiche principali dei personaggi, il più delle volte se letti alla giapponese, quindi prima il cognome e poi il nome. Per esempio i tre già citati: Tadano Hitohito suona come “tada no hito” (persona ordinaria), Komi Shouko come “komyushō”, abbreviazione di “komyunikēshon shōgai” (disturbo di comunicazione) e Osana Najimi come “osananajimi” (amico d’infanzia). Non serve spenderci troppe parole, perché ci troviamo davanti ad una collezione di caricature e stereotipi che difficilmente non avrete già visto altrove. Questo però non è un difetto, anzi, perché ogni personaggio riesce ad avere un forte carisma, sempre assurdo ed esagerato, e ciò rende molto scorrevole ogni episodio della storia di Komi e della sue difficoltà sociali da superare.
Impressioni visive e sonore

Visivamente, OLM ha fatto un lavoro di tutto rispetto. Le animazioni sono ottime, e riescono sempre a enfatizzare ogni momento, soprattutto Komi con gli occhi enormi per rappresentare i momenti d’ansia. Anche il comparto audio fa un’ottima figura, con musiche rilassanti e incalzanti che rendono la visione più scorrevole. Per il quanto riguarda il doppiaggio, le voci italiane sono tutto sommato buone, anche se la mancata traduzione di alcuni baloon potrebbe far storcere il naso a qualcuno. Tuttavia, non è un problema così fastidioso, dato che gli unici che non sono stati compensati da interventi vocali sono abbastanza superflui, e si limitano a spiegare ciò che sta succedendo, ma che nella maggior parte dei casi appare già chiaro.
Commento finale

L’anime di Komi Can’t Communicate è un’ottima aggiunta al catalogo Netflix che forse dovreste considerare. Il genere degli slice of life non è proprio adatto a tutti, dato che è solitamente composto da più episodi senza una vera e propria storia, ma l’assurda comicità della serie di OLM riesce a coinvolgere fino all’ultimo. Con una seconda stagione alle porte, forse fareste meglio a recuperarla.
