Dissanguare il sogno americano
Vi è mai capitato di andare dal meccanico, dal medico o dal fruttivendolo e dimenticarvi di fargli una domanda importante? Ecco, quella sensazione, portata però all’estremo, è quella che avranno provato diverse persone che nell’arco di una decina di anni hanno scommesso sul nulla, senza mai farsi quella domanda o, ancora peggio, senza mai volersi fare quella domanda. The Dropout , disponibile su Disney Plus, porta nei nostri salotti la vera e incredibile storia di Elisabeth Holmes, una giovane imprenditrice che ha preso un’idea impossibile, è riuscita a venderla per anni senza però mai farla funzionare e ha messo a rischio la salute pubblica americana in un sol colpo.
Le 8 puntate che compongono The Dropout iniziano con una visione pura, un’idea da parte della sua protagonista, interpretata da un’ottima Amanda Seyfried. Elisabeth, che punta a seguire i passi di figure rivoluzionarie come Bill Gates e Steve Jobs, lascia l’università per fondare un’azienda e creare una macchina che analizzi il sangue delle persone.
L’unicità della sua visione sta nell’evitare i classici prelievi che richiedano le numerose fiale di sangue che ancora oggi noi tutti dobbiamo riempire, per limitarsi ad una singola goccia, sufficiente per ottenere tutte le risposte che ci servono; questo porterebbe a semplificare moltissimo la procedura, permettendo in futuro di eseguire esami anche in luoghi che non siano centri medici e, chissà, anche una macchina portatile per l’autodiagnosi, da tirar fuori dal cassetto del bagno quando vuoi accertarti delle tue condizioni in tempo reale.
Come Gates è entrato in quasi tutti i computer del pianeta e Jobs ci ha messo in tasca uno smartphone, così Elisabeth e la sua azienda Theranos volevano offrirci una macchina che, con una sola goccia di sangue, potesse sempre farci sapere se qualcosa non andava, scovando malattie da bloccare sul nascere. Peccato che la nostra avesse basato la sua idea senza prima interpellare Miss Scienza e Lady Tecnologia.

Secondo alcuni pareri che ho sentito, The Droupout poteva essere condensato in un film di due ore e questo potrebbe anche essere vero nel caso si volesse trattare la vicenda unicamente come un caso giudiziario. Il punto però è che la serie approfondisce molti aspetti della vita di Holmes, così come di quelli che l’hanno supportata e sopportata. Il più vicino a lei è sicuramente Sunny Balwani, imprenditore di successo già prima di conoscere Elisabeth, che rimane invischiato nella vicenda anche per via dell’amore che prova verso la protagonista. Non è sicuramente un personaggio positivo poiché alimenta l’ego della Holmes e si impegna per ostacolare chi vuole scovare la verità, ma più procede la vicenda, più viene messa in luce una certa umanità, contrapponendosi invece all’involuzione sempre più glaciale della sua compagna. Ne è un chiaro esempio l’atto finale della vicenda, ma già in diversi snodi narrativi mette in mostra una normale empatia verso gli eventi e chi li subisce.

Tutto il mio sostegno incondizionato è andato però a riversarsi negli ingegneri e scienziati che hanno lavorato per Theranos e che DOVEVANO far funzionare una macchina irrealizzabile. Gli sforzi, la passione e, in seguito, la pressione sempre maggiore che ricadeva sulle loro spalle è documentata perfettamente e il fatto che la catena infinita di bugie nasca da un loro fallimento più che lecito prima di una presentazione, li rende le vittime sacrificali perfette.
A questi personaggi principali gravitano poi altri gruppi di persone che acquisiscono un ruolo sempre più cruciale via via che le puntate scorrono. Il più importante è composto da quelli che hanno visto il bluff e cercano in ogni modo di portare alla luce la vicenda: chi lo fa per affari, chi per lavoro giornalistico, chi per non vedere ulteriormente compromessa la già debole posizione delle donne a capo delle startup e chi per questioni familiari. Da questo punto di vista mi sarebbe piaciuto che fossero approfonditi alcuni di questi personaggi, dalla Professoressa di Stanford Phyllis Gardner, all’imprenditore Richard Fuisz, ma la loro posizione resta comunque chiara.

Dall’altra parte ci sono gli investitori, rappresentati principalmente dai dirigenti di Wallgreens, che scelgono di credere alle parole da imbonitore della Holmes perché per loro sarebbe più rischioso non farlo. Questo paradosso viene spiegato benissimo e diventa chiaro soprattutto se si pensa che in quegli anni c’è stata l’affermazione di società come Facebook: chi non ha investito in loro si mangia le mani ancora oggi e rischiare di perdere una partnership con un’azienda che appariva importante e rinomata, sarebbe stata una pessima mossa.
La cosa più pazzesca però è che hanno scelto di supportare Theranos anche dopo che le loro richieste di vedere i laboratori e il prodotto che avrebbero acquistato sono cadute nel vuoto: la scusa che le tecnologie (quelle che non funzionavano) erano top secret e si rischiava lo spionaggio industriale, era un ottimo modo per mantenere al sicuro una bugia sempre più grande che ormai non poteva più essere svelata.

Infine la serie non dimentica nemmeno di parlare delle implicazioni umane e sanitarie. Perché tu cliente che ti fidi di un’azienda, se compri un frullatore che non gira, ti senti truffato ma la tua vita resta la stessa; se invece usi una macchina che esamina il tuo sangue e questa non dà risultati corretti, facendoti risultare positivo al test dell’HIV o negativo a patologie gravi, allora la tua vita cambia eccome e la colpa di chi ha promosso quel progetto diventa significativamente molto più grave.

The Dropout è una serie da vedere per tanti motivo: non è troppo lunga, non si perde in dettagli inutili, segue la storia in modo fedele visto che si basa sul podcast omonimo della ABC e mostra tutte le sfaccettature di una vicenda complessa. Non cercate un solo motivo per cui si è potuta sequenzializzare la serie di eventi che viene narrata, perché è l’insieme di paure, di comportamenti scorretti, di bugie, di insabbiamenti e di tante altre situazioni assolutamente deprecabili ad aver fatto schiantare il sogno americano. Eppure, alla fine delle 8 puntate, nell’angolino più ottimista della vostra mente, potreste esservi chiesti come sia possibile che tutto sia nato inseguendo un’idea che voleva cambiare il mondo in meglio. Se vi è capitato – e solo se lo avete fatto! -, allora potrete scrivere la frase di Yoda sui vostri muri.
- – Analizza tutti gli aspetti più importanti
- – Narrazione veloce e spedita
- – Il fascino dei fatti reali è innegabile
- – Recitato con mestiere da parte di tutti
- – Ulteriori approfondimenti sul come hanno fatto ad evitare tutte quelle domande non mi sarebbero dispiaciuti
