The Shape of Water – Recensione

Lasciate che vi narri la leggenda della principessa muta

Da poco è terminata la novantesima notte degli Oscar, dove i più appassionati della scena cinematografica, e non solo, hanno potuto assistere al trionfo delle loro pellicole predilette e delle loro star. Tra i vittoriosi ne spicca uno che ha attirato da subito l’attenzione di addetti ai lavori e non: vincitore come miglior film, regia, sceneggiatura e miglior colonna sonora originale e avendo comunque sulle spalle ben tredici candidature, stiamo parlando della nuova creatura di Guglielmo del Toro, The Shape of Water (La Forma dell’Acqua). Dai primi sguardi ai trailer l’impronta del regista messicano era ben nota e visibile agli occhi di chi ha seguito qualche suo precedente lavoro. Inizialmente la presenza di una creatura fantasy faceva pensare ad una trama accostabile a Il Labirinto del Fauno, spingendo verso un concetto di pura immaginazione da parte della protagonista; la verità è però molto lontana e la trama di The Shape of Water, nei suoi collegamenti talvolta un po’ banali, ma magistralmente studiati, si è dimostrata favolosa.

Le vicende sono ambientate negli anni 60’, in pieno periodo di guerra fredda, in una Baltimora in cui, per citare il film “nessuno vorrebbe vivere”; nei sobborghi della metropoli è situato un centro di ricerca del governo al cui interno lavora come addetta alle pulizie la nostra protagonista, Elisa (Sally Hawkins). La giovane donna ha avuto un’infanzia molto travagliata essendo orfana e muta a causa di un misterioso incidente che le ha lacerato la laringe. Nonostante i molti problemi Elisa è riuscita a costruirsi una rispettabile vita e a circondarsi di pochi ma buoni amici: il suo vicino d’appartamento Giles (Richard Jenkis) e la sua collega afroamericana Zelda (Octavia Spencer). Le sue giornate di routine continuano a susseguirsi senza alcun intoppo, finché un giorno arriva qualcosa di strano nel laboratorio: un uomo che lavora direttamente per il governo, tale colonnello Strickland (Michael Shannon) porta una strana cassa al cui interno è contenuta una misteriosa creatura. Il resto ovviamente lo lascio a voi per non rovinarvi troppo l’intreccio delle vicende di questa ennesima fiaba che Guglielmo del Toro ha voluto regalarci.

Sulla qualità della regia non serve dilungarsi, visto che l’aver conseguito numerosi riconoscimenti ufficiali in tale campo può bastare come valutazione oggettiva di un lavoro privo di alcuna sbavatura; nel pieno stile del regista abbiamo delle ambientazioni abbastanza cupe che sanno essere spezzate da scene che utilizzano la riflessione della luce nell’acqua per garantire una serie di giochi di luminosi veramente apprezzabili da ogni punto di vista. Per quanto riguarda il cast, del Toro è riuscito a costruire dei personaggi solidi ed efficaci, fatta eccezione per il colonnello Strickland che prende le sembianze di un personaggio troppo stereotipato che poteva sicuramente essere curato meglio ed ottenere un’anima propria ed unica come gli altri interpreti della pellicola. Elisa, la protagonista vede sicuramente un’interpretazione magistrale da parte di Sally Hawkins la quale riesce a trasmettere pienamente ogni stato d’animo del suo personaggio pur essendo priva della parola, un lavoro da vera professionista e di certo non adatto a tutti. Richard Jenkis nei panni di Giles, il coinquilino della protagonista, incarna perfettamente lo spirito dell’artista fallito ed insicuro ormai verso il suo declino che, con l’approdo della fotografia e delle nuove tecnologie non sa più di cosa vivere; spaventato dall’attuale situazione statunitense trova ormai conforto solo nella sua amica Elisa che lo sa ascoltare e rincuorare quando necessario. Una grandissima nota di merito va data a Octavia Spencer, nei panni di Zelda, la collega ed amica della protagonista, un’attrice sempre in costante crescita ed efficace in ogni sua interpretazione, passando dalle serie TV fino al grande schermo; un personaggio solido nei suoi aspetti fondamentali, con una parlantina infinita e piena di lamentele, ma che nel momento del bisogno non si tira indietro per aiutare un’amica; capace anche di scherzare ironicamente sulla situazione precaria degli afroamericani in quel tempo senza mai avere il timore di fallire.

L’altro aspetto che merita sicuramente un’analisi prima delle considerazioni finali è la colonna sonora (anche questa già premiata dall’Oscar e dal Golden Globe) curata interamente da Alexander Desplat riunisce magnificamente una ricerca dei brani più coinvolgenti degli anni 50’ e 60’ e presentandoli nei momenti più appropriati. La loro presenza riesce ad accompagnare in modo impeccabile la regia di Del Toro, trovando una sinergia totale che è uno spettacolo per vista e udito. Forse un po’ troppo forzata una piccola scena che vede interprete Elisa e il nostro sirenetto in una sorta di parodia, quasi da musical, di un programma tv citato più volte all’interno della pellicola; alquanto evitabile a parer mio, ma sicuramente gli amanti del genere potrebbero trovarlo piacevole ed azzeccato nella situazione.

Guglielmo Del Toro con La Forma dell’Acqua è riuscito a salire un altro gradino in quella che è la scalata verso il successo come regista. È un film che consiglierei a tutti di vedere almeno una volta, anche per coloro che non sono avvezzi al genere, per godersi una piacevole sorpresa e restare ammaliati con bimbi che ascoltano per la prima volta una fantastica fiaba racconta da un proprio genitore o nonno. Trama ben costruita arricchita di piccoli colpi di scena, un cast che si è dato molto da fare su personaggi (quasi tutti) ben congeniati, colonna sonora mai stancante e sicuramente travolgente. La Forma dell’Acqua possiede tutte le carte in regola per diventare un best seller e con i suoi innumerevoli riconoscimenti presto lo diventerà e sarà sulla bocca di tutti, molte persone e critici inizialmente erano molto titubanti che questa utopica storia d’amore potesse avere davvero così tanto successo ma, superata la notte degli Oscar, tutti hanno finalmente trovato quelle conferme che aspettavano; e ora questa magica storia d’amore risulta semplicemente spontanea ed emozionante.

Pro
  • – Regia impeccabile
  • – Colonna sonora travolgente e mai stancante
  • – Buona costruzione dei personaggi
  • – Una storia appassonata e coinvolgente
Contro
  • – Personaggio di Strickland troppo banale

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