Ballata per un traditore-Recensione

Un libro in bilico fra il bianco ed il nero

Quando parliamo di narrativa, una delle prime cose che ci viene in mente è il concetto di genere: fantascienza, romanticismo, giallo e molte altre parole che ci aiutano nel cercare di descrivere quello di cui andremo a fruire nel modo più interessante possibile. E sebbene l’esperienza ci ha insegnato che qualsiasi bella storia può essere raccontata in qualunque modo, nel parere di chi scrive, alcuni medium sono molto più adatti di altri per certi generi.
Oggi vi parliamo di Ballata per un Traditore, un fumetto noir edito dalla Feltrinelli Comics, con soggetto di Massimo Carlotto, sceneggiatura di Pasquale Ruju, disegni di David Ferracci e lettering di Luca Bertelè.
La nostra storia, si apre subito con un delitto: pare infatti che l’ex poliziotto milanese Davide Valenti abbia fatto fuori due uomini, e questo rimescola un po’ le carte in tavola, soprattutto per il vecchio commissario Lo Porto, che molti anni fa non solo era stato collega di Valenti, ma era anche considerato dai più come un faro per la giustizia lombarda.
Lo Porto viene infatti richiamato in aiuto dalla nuova commissaria, Stefania Rosati, per trovare il bandolo della matassa di questo mistero, in un’avventura che si gioca fra passato e presente, di una Milano che era, in bilico fra il non esserci più, o l’aver solo cambiato forma.

Ci troviamo quindi di fronte ad una storia che ha molte domande, partendo dalla più classica “Perchè è successo?”, ma anche ad una, che ho involontariamente (o forse no) posto io stesso: perchè ho detto che il noir ben si sposa con il fumetto?
La risposta è fra le tavole di questo albo, disegnate con grande abilità da un Ferracci davvero in forma. Lo stile del disegnatore, dalle forte influenze europee (è impossibile non vedere dei rimandi a Toppi, o a Bernet) risulta in alcuni casi spigoloso, solido, ma anche caldo ed avvolgente, riuscendo a catturare in un modo davvero speciale il senso della storia. La narrazione si muove di vignetta in vignetta alternando cambi di scena morbidi ad altri estremamente bruschi, con una costruzione ed un regia della tavola che riesce a mettere veramente l’Hard nell’Hard Boiled.
Ho trovato anche veramente interessante l’uso dei grigi, specie nei momenti in cui la storia cambia epoca temporale in cui viene narrata. Potrebbe sembrare strano trovare in un fumetto in bianco e nero delle differenze sostanziali nell’uso del colore, ma la scala di grigi di Ferracci riesce benissimo in questa impresa, con la nebbia sul passato, quasi fosse metafora sulla nebulosità dei personaggi, che diventa un velato riferimento al tipico clima meneghino.
Certo, in alcuni casi la spilosità e la frettolosità del tratto possono risultare un po’ ostiche, specie in alcuni momenti dove gli sfondi sono letteralmente solo schizzi, segnali di stile che personalmente apprezzo, ma che in alcuni casi stridono con il resto della storia.

Il lettering di Bertelè è preciso e pulito, quasi meccanico, ma con un paio di segnali di stile non indifferenti. Personalmente ho apprezzato molto le scelte legate alla diversità dei font durante le canzoni, che mi hanno dimostrato ancora una volta non solo quanto il lettering sia cruciale in un fumetto, ma anche quanto poco badiamo a certi dettagli, che, una volta notati, fanno in realtà una differenza enorme anche nel come riusciamo a percepire la storia e a farla nostra.
La storia di Carlotto e Ruju, si unisce al concerto con un’attenzione tecnica molto interessante e riesce ad essere veramente scorrevole; per quanto tutto sommato piuttosto formulaica, fa quello che il noir fa meglio: definire i personaggi, e i dialoghi fra le persone.
La semplicità, la freschezza e la naturalezza che viene esplicata ogni volta che un personaggio apre bocca è stata veramente una bella boccata d’aria, e dimostra senza dubbio una profonda conoscenza del genere, riuscendo a rendere una lettura appassionante anche una trama tutto sommato semplice, che ovviamente esiste solo come scusa per mostrarci quello scorcio di umanità, quell’enfasi su cosa significhi veramente essere un traditore, e su come il marcio, siano sempre nascosto nelle domande che non ci facciamo, forse per paura delle risposte che ci daremmo.
Anche l’ambientazione parla fortissimo in questo albo, con Milano che non risulta essere solo un semplice setting della storia, ma si rivela anche essere una vera protagonista di questa storia, e parte centrale dell’evoluzione della trama.

I rapporti personali fra Lo Porto e la sua squadra, e l’evoluzione degli stessi su due piani temporali sono veramente la parte più forte di questo volume, che però scade un pochino di qualità quando si parla dei personaggi femminili.
La commissaria Rosati fatica un po’ a capire che personaggio voglia essere (una classica femme fatale da film noir, oppure un personaggio più realistico?) e questo la porta ad avere degli atteggiamenti che in alcuni casi risultano essere un po’ fuori posti, se non addirittura goffi (come un siparietto sexy dove la nostra si spoglia per raccontarci dei dettagli sul passato dei personaggi). E questo è un peccato, perchè concettualmente il personaggio è interessante, soprattutto nel finale, dove assieme a Lo Porto assume una dimensione ancora più profonda, e più calata nel gioco di luci ed ombre della città, ma non riesce a raggiungere (assieme ad altre signore, che hanno però ruoli meno di spicco) la stessa caratterizzazione che hanno invece gli altri personaggi.
Sicuramente il genere Noir ha i suoi tropi, ed i suoi approcci, questo è sacrosanto, ma nel parere di chi scrive era comunque possibile restare fedeli al senso di un personaggio femminile forte, in una storia cruda, in un modo un po’ diverso, meno schematico forse.
In conclusione, Ballata per un Traditore si è rivelata una lettura estremamente piacevole, un interessante divertissment, con alcune situazioni grafiche e di sceneggiatura notevoli, con però qualche piccolo difettuccio che lo rende forse un poco ostico ad un lettore moderno, ma che sicuramente non può lasciare freddi dopo una prima lettura. Un albo pregevole che, per citare Raymond Chandler, si presenta con un onestà rara, in un modo dove questa sta passando di moda.

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