E questo è il tavolo operatorio
Il fumetto da noi oggi preso in analisi,è una delle opere sul crociato mantellato, ma che dico, delle opere a fumetti che più hanno influenzato la narrativa a quattro colori. Nel bene, e nel male.
Oggi infatti parliamo de “Il ritorno del cavaliere oscuro”. Nessuna relazione con il film.
Miniserie di quattro, pubblicata nel 1986 (anno di grazia per il fumetto), scritta e disegnata da Frank Miller con chine di Klaus Janson e colori di Lynn Varley, Il ritorno del cavaliere oscuro (così chiamata dal titolo del primo numero della mini, i seguenti erano “Il trionfo del cavaliere oscuro” “La caccia al cavaliere oscuro” e “La caduta del cavaliere oscuro”) nasceva principalmente da due idee.
La prima, era che l’autore, Frank Miller, aveva all’incirca trent’anni, e all’epoca l’editto editoriale era che Batman dovesse avere per sempre 29 anni. Questo fece pensare a Miller che in breve sarebbe stato più vecchio di Batman, e quindi di voler fare qualcosa a riguardo. La seconda, era che Miller era stato rapinato in un vicolo qualche tempo prima, e la cosa non gli aveva lasciato bei ricordi.
A parte queste “origini”, Miller sosterrà più volte di essersi ispirato al personaggio di Dirty Harry, e che l’idea di chi fosse il nuovo Robin, la giovane Carrie Kelly fosse dell’amico John Byrne.
La mini avrà una gestazione lunghissima, anche a causa del brutto carattere di Miller. Dopo solo qualche anno, l’opera diventerà poi una delle graphic novel più apprezzate di tutti i tempi, ed una delle classiche letture che ti consigliano in fumetteria quando dici di non aver letto nulla di Batman.

Siamo qualche anno nel futuro di Gotham. Bruce Wayne ha 55 anni e si è ritirato dal business degli eroi da almeno dieci anni. Tutto cambia quando il nostro genio-miliardario-playboy-filantropo viene aggredito in un vicolo (tu guarda la combinazione) e decide così di farsi venire una bella crisi di mezza età e di ritornare ad indossare il costume che per anni lo aveva reso lo spauracchio di tutti i criminali.
Va citato inoltre, che durante l’assenza di Batman, non è che Gotham sia stata benissimo. Le gang (specialmente quella dei mutanti, giovani mutati violenti e senza uno scopo) impazzano per la città e i media sono una forza onnipresente. Sembra proprio, che la città sia pronta per una rinascita. E così, anche il suo cittadino più illustre che con la presenza di Batman riaccende vecchi spiriti combattivi. Nel primo numero infatti il nostro si scontra con un “curato” Due Facce, e anche un vecchio pagliaccio a cui la sua nemesi era mancata tanto, si risveglia da uno stato di semicoma. L’arrivo di Batman inoltre, risveglia anche la voglia di giustizia e libertà di una ragazzina, di nome Carrie Kelly.
Ragazzina, che deciderà di indossare il mantello e gli stivaletti da elfo di un altro grande eroe del passato, Robin, spingendola a diventare il Ragazzo la Ragazza Meraviglia.
Al contrario dei Robin venuti prima di lei, Carrie non ha un vero addestramento, ma compensa con una grandissima intelligenza e con una voglia di non arrendersi che farebbero impallidire qualsiasi vigilante. La rinascita di Batman e Robin porterà allo scoglimento di una gang di giovani criminali noti come “I mutanti”, molti dei quali, dopo essere stati sconfitti dal Cavaliere Oscuro, decideranno di seguire le sue orme… diventando vigilanti violenti. Ritrovatosi così a dover combattere contro alcuni vecchi nemici, supposti alleati e anche contro il governo degli Stati Uniti (E SUPERMAN!), riuscirà questo Batman più anziano a vincere la sua lotta? O perirà nel combattere contro situazioni più grosse di lui?

Il ritorno del cavaliere oscuro è una storia con una struttura serratissima. Una griglia di vignette ancora più serrata, e una serie di avvenimenti che non lasciano il tempo di tirare il fiato fino all’ultimo secondo. È una storia che capisce l’essenza di un uomo nei punti forse più importanti, ed è una storia forte, aspra critica sociale alla politica dell’epoca, e in alcuni punti anche lungimirante verso la società moderna. Non è l’ultima storia di Batman, ma è una di quelle storie che dimostra oggi come allora come Batman possa vivere davvero in qualsiasi ambiente narrativo, offrendoci storie da capogiro, e sempre coerenti con loro stesse.
Carrie Kelly è un’idea geniale, che si sposa perfettamente con il futuro delineato da Miller, e i dialoghi, in alcuni momenti, hanno davvero delle frasi forti.
D’altro canto…Il fatto è che, per tutte le volte che IRDCO centra Batman, poi lo manca. Un violento, folle, che crede solo in se stesso più che la giustizia, fuso all’eroe che crede nella speranza. Non c’è molta coerenza nel nostro protagonista. Tutta la trama è circostanziale, fatta di momenti brevi, legati da sequenze piatte, create solo per arrivare ad un crescendo, che poi crescendo lo è solo se si è distratti.
Un critico, all’uscita della serie disse “I disegni non sono granchè, e i dialoghi sono complessi ed eccessivamente verbosi”. Non è che avesse del tutto torto. E’ comprensibile voler dare l’idea di un futuro nuovo in quattro numeri, ma ho visto pochi fumetti così statici. Capisco il voler essere un libro con le figure, ma se vuoi così tante parole, e disegni così poco sul pezzo, allora scrivi un libro.

IRDCO è una bella storia. Una delle storie più belle di Batman, non ci piove. Ma, ha la sua grossa fetta di difetti. L’esecuzione è metodica ma frettolosa, ed estremamente poco stabile. Dopo ogni azione, c’è ne è subito un’altra, facendo sembrare quello che è successo prima inutile, o poco importante. Della serie, se nella mini si picchiava con Superman quattro numeri, era più o meno uguale. La coerenza interna c’è, ma solo a livello di trama, non di personaggi. Batman spezza le armi, ma le usa, Batman ama la giustizia ma odia le regole, ma le sue le segue…insomma, IRDCO è un’opera molto, ma molto autoriale. E per carità non è un male. Un sacco di cose che leggiamo oggi sono autoriali a morte. Gli X-men non sarebbero “Un posto al sole” con i superpoteri se non fosse per Chris Claremont, e senza Giffen e DeMatteis non avremmo i supergruppi che fanno gli scemi, però….Però IRDCO poteva fare di più. E’ stupido dirlo, parliamo di un fumetto che è davvero buono a livello tecnico, e che ha davvero influenzato…beh tutto il mondo di Batman dopo la sua uscita. Però, un pelo più di stabilità non sarebbe dispiaciuta. Un protagonista meno macho e più umano avrebbe forse retto meglio il peso del tempo. La critica sociale regge sì, non tantissimo ma l’influenza dei media è ancora forte, quindi in quel senso quella parte del fumetto funziona.
Miller di sicuro migliorerà con “Anno uno”, nel quale il personaggio di Batman è molto, ma molto più formato.
Quindi concludendo, Il ritorno del cavaliere oscuro è un bel fumetto, sicuramente una delle letture più piacevoli che si possano fare, anche se ci vuole più impegno rispetto ad altri fumetti.
Ma, spesso, come in tutte le cose grosse, si tende a non vederne i difetti che, ripeto, non rovinano la storia ma di certo la appesantiscono. Detto questo, il lavoro di Miller non è consigliato, è consigliatissimo, fosse solo per farsi un’idea dell’origine di tutto quell’amore che moltissimi lettori riversano su quest’opera.

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