Un viaggio nel futuro passato!
Bentornati sulle nostre pagine cari amici! Oggi, torna Chiedilo al Giova, la rubrica dove potete pormi le vostre domande, uomo fumetto e grande esperto di minuzie e fatti inutili a 360 gradi. Vi ricordiamo che potete fare le vostre domande nei commenti a questo articolo, sulla nostra pagina Facebook, e sul nostro profilo Twitter, con #chiediloalgiova
Andrea P. ci chiede: Cosa ha reso i fumetti Marvel così diversi da quelli della Dc?

Guardando la Marvel di oggi e vedendola come un colosso dell’intrattenimento, con una sezione cinematografica che ha ormai eclissato la produzione a fumetti della Casa delle Idee in quanto a riconoscimente mediatico, ci riesce difficile pensare che non sia stata sempre benedetta dal grande successo che possiede oggi.
Nata nel 1939, quando l’editore Martin Goodman deciderà di lanciarsi nel campo dei fumetti, reclutando alcuni dei più grandi professionisti dell’epoca come William Blake Everett, Carl Burgoss, Joe Simon ed un tizio chiamato Jack Kirby; un tizio che diventerà in breve il re dei fumetti ma, perdonatemi, quando si parla del re io sono solo un semplice suddito.
Per un po’ la casa editrice chiamata Timely andrà piuttosto bene, presentando personaggi colorati come la Torcia Umana, Namor il Sub-Mariner e Capitan America, reclutando nelle sue file anche il nipote di Goodman, tale Stanley Lieber, che avrebbe poi cambiato nome diventando quel Stan Lee.
Negli anni 50, causa un processo di censura del fumetto americano, la Timely cambierà il suo nome in Atlas e, fino al 1961 navigherà a vista, con un parco testate molto ristretto, peraltro distribuito nientemeno che dalla sua rivale, la Dc comics.

E da qui, le storie si fanno diversificate. Stan Lee sosteneva che lo zio Martin gli avesse chiesto di creare un fumetto che potesse rivaleggiare con la Justice League of America, mentre Jack Kirby sosteneva che la Marvel stesse piangendo miseria e lui avesse portato due idee per risollevare la casa editrice. Quello che conta, è che Stan “The Man” Lee e Jack “King” Kirby, avevano deciso di collaborare, per cambiare letteralmente il fumetto. E c’è una bella alchimia nel vedere un uomo ed un re lavorare ad un progetto, perchè, sebbene gli approcci fossero molto diversi, entrambi lavoravano in concerto per creare qualcosa di spettacolare.
Chi è abituato alla fiction moderna potrà esserne sorpreso, ma negli anni 40 e 50 del 900, l’intrattenimento seriale, era molto… semplice. Il fumetto raccoglieva l’eredità delle riviste di racconti pulp (così chiamate perchè stampate su carta ricavata dalla polpa del legno), giornali che i bambini non collezionavano e usavano come moneta di scambio con altri giochi od elementi di divertimento. E quindi il fumetto medio raccontava una storia semplice, che si risolveva in poche pagine, seguendo sempre gli stessi binari narrativi. Spesso, alcune case editrici usavano addirittura proporre le stesse storie a distanza di anni, ben sapendo che l’audience del loro prodotto era cambiata, e che nessuno avrebbe fatto storie rivedendo l’avventura del bel ragazzo mutato in un lupo mannaro…per la terza volta.
Nel 1961, però, Lee e Kirby, provano a fare qualcosa di nuovo, e lanciano sul mercato I Fantastici Quattro, un gruppo di supereroi dove troviamo una girandola di legami fra i personaggi (due sono migliori amici, due sono fidanzati, due sono fratelli e due sono amici/nemici), e alcune cose che anni prima non avremmo mai visto in fumetto.
L’idea era di mostrare “il mondo fuori dalla finestra”, di mostrare personaggi veri e reali e non sagome di cartone. E certo, rileggendo quei vecchi albi, ci si rende conto di quanto il fumetto anni 60 sia un gusto acquisito, fatto di dialoghi bombastici e di battute che non fanno ridere, ma…è difficile da spiegare.

Vi faccio un esempio semplice: immaginate, di non aver mai mangiato un gelato. Mai. Di non aver mai sentito il gusto fresco della vaniglia sulla vostra lingua. Poi dopo anni che mangiate solo ghiaccio in cubetti, qualcuno vi offre un cono. Oggi, un cono lo si trova ovunque, ma all’epoca, era venduto solo in un posto: in una casa editrice che ora si chiamava Marvel.
I Fantastici Quattro litigavano; non erano sempre perfetti lindi e puliti e a volte lasciavano il gruppo, a volte non si parlavano per numeri interi, e soprattuto crescevano. Arriverà un figlio nella vita dei Fantastici Quattro, arriverà la morte di persone amate, in un misto di storie agrodolci che spaziavano nei generi del fumetto perchè sì, anche i supereroi sono umani e soffrono. Ovviamente c’era un trucco – che poi è il trucco di ogni scrittore – che è mettere un po’ si se stessi in ogni personaggio, ed è facile vedere Stan Lee nell’ampolloso Mister Fantastic, e Jack Kirby nella rocciosa Cosa dal cuore d’oro.

Ma la rivoluzione era iniziata, e non era possibile fermarla.
Per anni, gli adolescenti erano stati solo assistenti, ma ora Stan Lee e Steve Dikto creano un ragazzino di 14 anni che si arrampica sui muri, fa battute sciocche mentre combatte e crede nella responsabilità.
Per anni gli eroi erano buoni e solo buoni. Stan Lee e Jack Kirby creano un uomo che di notte si tramuta in un mostro che vuole solo essere lasciato in pace, e che in seguito si trasformerà solo quando si sarà arrabbiato.
Negli anni 60, gli industriali erano il male. Stan Lee, Jack Kirby e Don Heck inventano un industriale in armatura che forse vi lascerà stupiti.
Il gioco non era solo rovesciare le aspettative, il gioco era dare corpo ad un mondo, corpo ad un universo, dove tutto era collegato.
Esatto, non solo i personaggi erano vivi, e reali (per quanto reali potessero essere, il metodo Marvel era quello di esagerare tutto all’inverosimile, per parole stesse degli autori “Se qualcuno deve indicare una strada da prendere, deve indicare come se stesse guardando in faccia l’Apocalisse”), ma lo era anche il cosmo in cui vivevano. Nel suo secondo numero, l’Uomo Ragno incontra i Fantastici Quattro, e per anni gli eroi lotteranno l’uno contro l’altro, e anche insieme, arrivando per esempio a fondare nuovi supergruppi, come gli Avengers.
Si era creato un nuovo modo di narrare, un modo seriale, dove chiunque poteva iniziare ad innamorarsi dei personaggi prendendo un numero a caso del fumetto di chicchessia, ma dove si voleva sapere dove tutto era iniziato, ma soprattutto, cosa sarebbe successo dopo, in un vortice di Pathos, passioni, e di soap opera, però disegnate. Perchè, va bene il testo, va bene il contenuto, ma anche la forma degli albi Marvel era qualcosa di nuovo; Jack Kirby aveva capito la grammatica del fumetto. Aveva contribuito a scriverla, ed ora l’aveva innovata, con prospettive ed effetti grafici che hanno influenzato generazioni di creatori. Ed era solo l’inizio. In seguito, altri scrittori raffineranno molti dei personaggi creati dai primi autori della Marvel, alcuni anche migliorando l’opera originale. Ma, il metodo, era sempre quello: personaggi veri, storie vere… e un pizzico di magia. Una gravitas regale ed un sorriso fin troppo umano.
Ti potrebbero interessare anche...:





