Il ritorno di un classico che merita di essere (ri)scoperto
La serie Dragon Quest è certamente una delle più importanti e storiche nel campo dei videogiochi, specialmente per quanto riguarda i JRPG. Ma non molti sanno che ha lasciato il segno anche in molti altri ambiti e, come ci si può immaginare da un prodotto nipponico, uno di questi è il manga. Fu proprio così che nacque Dragon Quest: Dai no daiboken (letteralmente “La Grande Avventura di Dai”), scritto da Riku Sanjo e disegnato da Koji Inada. Fu una serie di gran successo, e in questo periodo sta avendo una seconda giovinezza. Perché? Ve lo spieghiamo subito!

Serializzato su Weekly Shonen Jump dal 1989 al 1996, il manga narra delle vicende di Dai, un ragazzino orfano cresciuto sull’isola di Dermlin, popolata da mostri così pacifici da essere adottato da uno di essi, Brass. Nonostante le sue intenzioni di diventare un eroe, Brass cerca di indirizzarlo sulla strada del mago, dimostrando però scarse capacità. La vita di Dai cambierà completamente quando sull’isola approderà Avan the Genial III, talentuoso spadaccino e precettore di eroi, col suo allievo Popp, un mago. Dai infatti è in possesso di un potere latente che si manifesta con l’apparizione di un segno sulla sua fronte, cosa che lo rende agli occhi di Avan un potenziale futuro eroe e lo convincerà ad insegnargli le sue particolari tecniche. Tuttavia, un tragico evento cambierà le carte in tavola: Hadler, signore delle tenebre precedentemente battuto, è tornato in vita grazie al potentissimo demone Vearn (Baan nella prima edizione), e cerca vendetta contro Avan, l’eroe che lo sconfisse. Per questo, al fine di proteggere i suoi allievi, egli si sacrifica cercando di esplodere con il nemico, ma il demone sopravvive e, dopo uno scontro con il protagonista – costretto alla fuga – riconosce il potere del ragazzino e lo identifica come un Cavaliere del Drago. Tutto ciò porterà Dai a farsi carico dell’eredità del maestro, intraprendere un viaggio per sconfiggere le forze del male e divenire finalmente un eroe. Una storia classica, molto simile tra l’altro a quelle dei videogiochi della serie, ma che riesce davvero a coinvolgere fino alla fine, grazie soprattutto ai personaggi, che attualmente potrebbero apparire un po’ stereotipati, ma che in realtà si rivelano molto carismatici. Inoltre, la classica struttura dei JRPG, con personaggi che si uniscono ai protagonisti e apprendimento di magie e mosse sempre più potenti, viene riproposta anche qui, dando un sapore diverso agli scontri. La serie da noi è edita da Star Comics, con una prima edizione nel formato “sottiletta” (come sono noti i volumetti di Star Comics dell’epoca) fino al volume 48, per poterli equiparare con quelli giapponesi. Venne anche ristampata in normali tankobon, ma a causa delle scarse vendite venne interrotta.

Per quanto riguarda l’anime, esso rappresenta, insieme a Dragon Quest: Yusha Abel densetsu (letteralmente “La Leggenda dell’Eroe Abel”), con il quale ha vari punti di contatto, uno dei primi adattamenti animati di Dragon Quest, realizzato da Toei Animation e composto da 46 episodi. Eppure, non è tutto rose e fiori: essendo il manga ancora in corso quando venne raggiunto dalla narrativa dell’anime, fu presa la drastica decisione di interromperlo, chiudendo con un finale piuttosto aperto che saltava diversi elementi, rendendo difficile, se non impossibile, un’ipotetica ripartenza. La delusione scaturita da tale interruzione è stata inevitabile, perché finisce proprio sul più bello. E possiamo dire che la serie animata ha avuto sfortuna anche in fase di localizzazione, specialmente se parliamo del Bel Paese. Da noi fu inizialmente trasmessa su Junior TV col titolo Dragon Quest, con le sigle giapponesi e, come purtroppo molti anime dell’epoca, delle censure. In particolare, la maggior parte dei personaggi furono rinominati, e così i nostri protagonisti li conosciamo come Tom (Dai), Daniel (Popp) e Ubaldo (Brass), giusto per citarne alcuni. A volte questi nomi risultavano pure incoerenti coi personaggi, per esempio Crocodyne fu chiamato Dracon, nonostante sia un coccodrillo e non un drago, o peggio Mystvearn (Mistobaan nella prima edizione Star Comics), l’oscuro generale di un esercito di spettri e ombre, da noi si chiama Elios, come il titano del Sole nella mitologia greca, praticamente agli antipodi. Il colpo di grazia però gliel’ha dato il passaggio su reti Mediaset, che non solo aumentò le censure, ma mise l’ultimo ingrediente per il disastro: l’anime fu rinominato in I Cavalieri del Drago e mandato in onda con una sigla composta ad hoc e cantata da Giorgio Vanni. Il problema sta nel fatto che il titolo e il testo della sigla si dimostrano forvianti, poiché viene lasciato intendere che questi fantomatici Cavalieri del Drago siano i protagonisti, andando ad alterare la loro apparente importanza nella storia, quando in realtà non è così e il vero ruolo di questi cavalieri è tutt’altro. Un titolo chiaramente scelto perché accattivante, ma che generò non poca confusione tra gli spettatori.

Nonostante il successo ottenuto sia dal manga che dalla serie animata, col proseguire della serie di videogiochi ed altri prodotti del franchise, le avventure di Dai furono purtroppo adombrate per molti anni. L’inizio della rinascita iniziò nel 2019 con l’apparizione del protagonista nel picchiaduro crossover Jump Force. Inoltre, nel 2020 furono annunciati due manga correlati, uno spin-off ed un prequel incentrato su Avan, ma la sorpresa maggiore arrivò al Jump Festa dello stesso anno con l’annuncio di un nuovo adattamento animato dell’intero manga, sempre ad opera di Toei Animation. Inoltre, la Star Comics sta pubblicando una nuova edizione dell’opera cartacea, dal titolo Dragon Quest The Adventure of Dai, composta da un totale di 25 gradi volumi con anche delle pagine a colori. Ci saranno anche dei videogiochi tratti dalla serie.

Dragon Quest: Dai no daiboken è stato un prodotto di successo che ha lasciato il segno sia per quanto riguarda il tie-in legati ai videogiochi che per manga e anime, anche se non ha avuto tantissima fortuna in tutte le occasioni. Traslare un gioco di ruolo a turni in una storia d’azione non è cosa da poco, e il risultato è davvero sorprendente, regalandoci un’avventura classica ma piena di carisma. Se Dragon Quest e i JRPG sono tra le vostre passioni, questa serie è un’altra ottima e particolare occasione per immergersi nel suo mondo. Non è questo il vostro caso? Siete comunque davanti ad una serie storica che in questo periodo sta tornando a brillare al massimo splendore.
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