Malibu di Beccogiallo Editore-Recensione

Malibu, Malibu, tutti i marinai, gridano “I LOVE YOU!”

Volume di 160 pagine in bianco e nero, al prezzo di euro 18, Malibu è un albo di quelli particolari, di quelli quasi pericolosi: un albo scritto e disegnato dalla stessa persona, Eliana Albertini, ed uscito nel 2019 per la collana Rami della Beccogiallo Editore. Malibu è un fumetto che racconta la vita nel Polesine, luogo ameno se così si può dire, che si trova intorno al delta del Po. Non c’è un vero e proprio protagonista, poichè la Albertini ci porta per mano in mezzo alla vita di numerose persone, santi, mostri e semplicemente uomini, che vivono questa realtà, nel modo più umano possibile.
Di base questa è la premessa del fumetto, un’osservazione sociale di un campione di popolazione in mezzo al niente, come forse se ne sono viste molte nella storia del medium. E allora, perchè prendere in considerazione Malibu?
A livello grafico, il tratto della Albertini è piuttosto morbido, con un’intelligente gestione del nero, a volte data con tratteggi di pennino molto rigidi, che riescono così a creare un contrasto molto intelligente, contrasto, che poi è un po’ il fil rouge del lato disegnato del fumetto.

Se da un lato infatti, la città è rappresentata in modo più o meno realistico, i personaggi sono caricaturali, fluidi, quasi soffici nella loro creazione, e questo gli permette di usare a tutta forza quella sensibilità ed espressività che è possibile solo col disegno, con delle smorfie di dolore che risultano agghiaccianti, o con espressioni vuote che ti inchiodano alla pagine per minuti e minuti: questo vuoto ti viene trasmesso in modo perfetto, e per qualche secondo, non riesci più a pensare, tanto i neuroni specchio ti hanno trasformato in quello che vedi. Si empatizza molto meglio quando le cose sono esagerate, ed il tratto della Albertini fa questo lavoro in modo egregio, mostrandoci contesti di vita a cui siamo abituati, e che tutti abbiamo visto almeno una volta, con la sua visione di uomini e donne che va oltre quello che vediamo, ma che mostra perfettamente quello che saremmo, se il nostro corpo potesse cambiare aspetto a seconda di quello che arriviamo a provare.
Il contrasto ovviamente è già presente nel titolo, “Malibu”, quell’idea di ricchezza sfondata e lusso messa quasi a sfottò di un luogo che potremmo definire in mezzo al nulla, è presente anche all’interno della storia, ma forse in un modo meno preponderante.
Mi spiego meglio: il libro inizia in un modo bellissimo, con una processione parrocchiale nella sua più schietta e quasi surreale banalità, e poi parte, raccontandoci scorci di vita di vari personaggi, spesso e volentieri non proprio simpatici.

E nel raccontare la periferia, nel raccontare il disagio che riempie il vuoto di anche pochi chilometro dalla grande città, Eliana fa un lavoro bellissimo, con personaggi veri che parlano come persone vere, una cosa che in un fumetto fa un effetto davvero bizzarro; ed è una mossa vincente in questo caso, perchè ci aiuta ad entrare in empatia con questi personaggi, la cui normalità è assordante. Quello che però nel parere di chi scrive è un punto debole del libro, sono le storie che vengono raccontate. Non perchè non siano vere – sono state scelte apposta per dare un tono al libro, un tono giusto, e figlio di una visione autoriale profonda – ma non riescono ad essere gestite con la stessa naturalezza con la quale sono gestiti gli altri aspetti del libri, e, in alcuni casi sembrano studiate ad arte. E mi direte, bella forza, il libro ha un tema, non vorrai mica che ci racconti solo scorci di vita sconnessi? E io vi dico, non so, cosa sarebbe successo, se il libro avesse raccontato solo episodi sconnessi. Non so se sarebbe stato migliore, visto che una delle scene finali, quella con una bomboletta spray mi ha toccato il cuore, ma il tono ne avrebbe giovato, perchè a volte il semplice orrore della vita vera, non si comporta come la semplicità delle storie. E sono ben conscio del fatto che certe storie vadano urlate, non solo raccontate, sempre e comunque, finchè il mondo non le ascolta, la mia critica non è alle storie in sè, che non posso giudiacare solo perchè non sono la mia di storia, ma è all’esecuzione delle stesse.
Perchè, la naturalezza e l’occhio sul vero per un po’ si fermano, per generare dei tropi, delle scelte e delle modalità che sembrano meno quelle dell’autrice, e più quelle di uno sceneggiatore, e in quel caso, l’effeto straniante del cambio di registro, non è più quello bello ed interessante che traspare per tutto il fumetto, ma è quello della buona scrittura e basta, che però non è (solo) quello per cui noi lettori siamo qui.

Di storie fatte di storie, di libri sulle periferie, di racconti di come l’uomo alla fine faccia un po’ schifo, ce ne sono tanti. Forse troppi. Ma nessuno, è mai veramente uguale all’altro.
Perchè, quello che conta in un libro così, non è mai quello che succede, ma il come questo viene raccontato. La mano del fotografo, il pennello dell’artista, la voce dell’ipnotista, l’occhio  e la china del fumettista. Ci sono molti libri così in libreria, ma nessuno è Malibu. E questa, è la forza immensa che ha questo libro. Mi ha cambiato la vita? Non lo so. Non credo, io ho lavorato nelle periferie per anni, ricordo bene quei doposcuola a Genova dove i bambini ti parlavano solo se avevi un coltello, e forse ho un occhio molto strano, quando si parla di sociale. Però so che ho visto cose vere, so che ho visto un grande cuore e un gran bisogno di raccontare e raccontarsi; ho visto la paura, ho visto la violenza e ho visto gli occhi dell’autrice che mi guardavano e dicevano: non so se questa cosa l’hai vista. Ma io sì. E te la voglio raccontare.
Non c’è altro da dire, questo è il vero obiettivo del fumetto: è il parlare con una voce fatta di carta, per sperare che voli nella mente di chiunque lo legga. Un fumetto che ha scelte molto coraggiose e scelte forse prevedibili, ma alla fine la vita è anche fatta di questo, non tutte le storie sono sempre dei grandi “WOW”, non tutte le vite sono fatte di condottieri e codardi. Malibu è un fumetto normale, per gente normale, con vite normali, che parla di cose normali. E forse per questo, fa anche un po’ paura: la paura del silenzio, della routine, di scoprire alla fine chi sei, quando le luci si spengono, e rimani da solo. In periferia.
E di fronte a te, hai una curva stretta.
Tu pensi a moltissime cose. A te stesso, alla vita, alla morte.
E chi è dietro di te, magari pensa le stesse cose, si pone le stesse domande. Ma ha risposte diverse. E quando si arriva alla curva, è possibile che uno dei due faccia la scelta sbagliata.
Malibu è tante e poche cose assieme: un buco, una canzone, un quartiere, un fumetto. E per farla breve, un bel fumetto.

Pro
  • – Volume introspettivo ed interessante
  • – Un’ottima panoramica su un mondo che spesso ignoriamo
  • – Stile di disegno personale
Contro
  • – Alcuni argomenti potrebbero non essere stati trattati con la stessa attenzioni di altri

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