Ripercorriamo la storia di questo apprezzato manga
Nel panorama manga/anime, l’editore Shueisha è certamente il punto di riferimento per gli appassionati. Con importanti riviste come Weekly Shonen Jump, su cui sono stati serializzati manga del calibro di Dragon Ball, Naruto, Le Bizzarre Avventure di JoJo, One Piece, Death Note e più recentemente Demon Slayer, My Hero Academia, The Promised Neverland e Jujutsu Kaisen, stiamo parlando di un successo dopo l’altro. Eppure, ci sono molte serie che, nonostante siano stati pubblicati su questa celebre rivista, hanno avuto meno notorietà. Oggi parleremo di una di queste, osannata come uno dei migliori battle shonen di sempre e che in questo periodo sta vivendo una rinascita: Shaman King.

L’autore Hiroyuki Takei, che fu precedentemente assistente di Nobuhiro Watsuki, autore di Kenshin – Samurai vagabondo, riuscì a distinguersi per aver creato una serie con caratteristiche e temi piuttosto diversi dai prodotti dell’epoca. L’idea prevedeva un mondo dove particolari individui, gli sciamani, sono in grado di comunicare con gli spiriti dei morti e usarli per combattere. Dopo averla in parte abbozzata nella mini serie del 1997 Butsu Zone, dove peraltro compare il personaggio di Anna Kyoyama, la serie di Shaman King iniziò nel 1998 sulle pagine di Weekly Shonen Jump, e come già detto si dimostrò molto atipica, nonostante un inizio abbastanza classico in cui lo sciamano Yoh Asakura viene coinvolto nel torneo Shaman Fight per diventare il Re degli Sciamani. Infatti gli spiriti con cui si combatte, riassunti spesso come una via di mezzo tra i Pokémon e gli Stand di JoJo, sono ispirati a varie culture e religioni, portando gli scontri su un piano più ideologico ed approfondendo temi come la tolleranza, ma senza tradire le semplici caratteristiche dei manga battle shonen. Tutto ciò si traduce in un torneo solo apparentemente semplice, ma che mostra uno scontro tra molte culture differenti, senza mai elevare la propria come superiore. Inoltre, il cast di personaggi, disegnati con un particolare stile ispirato alla street art, si dimostra molto diverso e peculiare rispetto ai manga dell’epoca, già solo per il protagonista: Yoh non è il classico eroe ambizioso, ma è un ragazzo pigro e che vuole solo vivere spensierato. Pensate che fa amicizia con alcuni spiriti giusto per semplificarsi la vita scolastica.

In breve, parliamo di un manga estremamente innovativo, sia per l’epoca che per i tempi odierni, che riuscì a guadagnarsi anche un buon seguito di fan. Eppure, ha subito un trattamento simile al più recente Samurai 8: nel 2004 la serializzazione di Shaman King terminò di colpo con un finale sbrigativo ed insufficiente a concludere tutti gli archi narrativi. Stando all’autore, la prematura conclusione non è dovuta ai profitti della serie, ma alla difficoltà di inserire elementi più classici voluti dai fan, che avrebbero fatto perdere all’opera la sua originalità. Non serve dire che ciò succede anche adesso, soprattutto per le opere edite da Shueisha: nonostante l’ovvia pregevole fattura, sono davvero pochissime le serie di successo che portano vere e proprie novità, ed è notevole come opere piuttosto classiche, come il blasonatissimo Demon Slayer, suscitino molto clamore, mentre manga più innovativi e particolari, come ad esempio World Trigger, vengono adombrati e relegati ad una loro nicchia. Fortunatamente, la serie di Takei ha avuto una seconda chance: nel 2008 la serie venne ristampata in un’edizione kanzeban, da noi intitolata Shaman King Perfect Edition, in cui vennero ridisegnate delle tavole, alcune anche a colori, e aggiunti nuovi capitoli per restaurare il finale.
Se la serie ha avuto sfortuna nella sua forma cartacea, le cose non sono andate diversamente in versione animata, soprattutto in Occidente. L’anime, realizzato nel 2001 dallo studio Xebec, traspone piuttosto fedelmente la prima parte del manga, per poi divergere nella seconda, scelta presa per volontà di Shueisha. Ma cos’è che andato storto? Nella versione originale nulla, visto che la storia e le animazioni erano buone. Il mancato apprezzamento da parte del pubblico occidentale è da imputare all’adattamento censurato da parte di 4Kids Entertainment, come già si era adoperata con altri anime, ad esempio Pokémon e Yu-Gi-Oh!. Nel caso di Shaman King, molti riferimenti religiosi, specialmente orientali, furono rimossi, le scritte in giapponese cancellate e sostituite grossolanamente con testi in inglese quando necessario, colonna ed effetti sonori cambiati e molti personaggi ribattezzati. Nei casi peggiori, modificarono dei nomi e termini, ad esempio la spada “Harusame” diventa “Spada di Luce” o “Negromante” viene sostituito con “Stregone del cimitero”; infine ci furono anche cambi veri e propri in punti di trama, come il crudele En Tao che non è più il padre di Ren ma è lo zio. Inutile dire che il risultato finale ne è uscito impoverito, come succedeva a molte serie giapponesi all’epoca, vittime di una pratica di censura mirata ad edulcorarle per renderle adatte ad una platea infantile. Purtroppo, l’edizione trasmessa da noi si basò su questa riadattata, con un’amara consolazione rappresentata dalla stupenda sigla italiana cantata da Marco Masini.

Dopo tutto questo, Takei pubblicò un po’ di spin-off, tra cui Shaman King Flowers, un piccolo seguito dell’opera principale. La serie sembrava ormai defunta, nonostante il seguito di fan che era riuscita a guadagnarsi. Tuttavia, proprio recentemente Shaman King è riuscito a tornare sotto i riflettori: nel 2017 i diritti della serie passarono all’editore Kodansha, il quale si apprestò a ripubblicare la Perfect Edition in un formato standard, così come gli spin-off già pubblicati ed alcuni inediti. Questa nuova edizione è edita qui in Italia da Star Comics con il titolo Shaman King Final Edition. Inoltre, è stata anche annunciata una nuova serie animata attualmente in corso, che adatterà fedelmente tutto il manga.

In conclusione, Shaman King è stato un manga che non ha avuto molta fortuna ai tempi della sua uscita, ma forse è proprio ciò che l’ha fatto entrare nella storia. Vuoi per una conclusione prematura, vuoi per un immeritato adattamento occidentale che non gli ha reso giustizia, ma sta di fatto che la serie non è memorabile per questi soli motivi. L’opera di Takei può offrire una storia profonda e ricca di folclore, personaggi particolari e disegni dallo stile unico, e che sarebbe capace di competere con varie serie moderne. Considerando la nuova edizione del fumetto e la nuova trasposizione animata, che arriverà su Netflix nel corso dell’anno, questa è la migliore occasione per avvicinarsi alla serie e lasciarsi stupire dalle vicende di Yoh Asakura.