La più bella storia di Superman…di sempre?
Superman. L’Uomo d’Acciaio, la Meraviglia di Metropolis, l’Azzurrone, il primo supereroe, e sicuramente nella top 3 dei personaggi a fumetti più conosciuti di sempre. Protagonista di letteralmente migliaia di storie, molte avventure di questo profugo del piante Krypton sono interessanti discese nel bizzarro, storie noiose, azione al fulmicotone, e alcune, sono anche capolavori. Ma, nel parere di chi scrive, nessuna storia mai scritta ad oggi su questo uomo con poteri straordinari può battere “Birthright”, o “Diritto di Nascita”.
Storia del 2003, scritta da Mark Waid e disegnata da Lenil Francis Yu, e composta da 12 numeri. In principio, l’idea era quella di creare un avventura del nostro, che non fosse inserita nella continuity delle storie del grande universo narrativo Dc, ma dopo averne visto la portata, la serie diventerà parte del passato di Superman, fino al successivo reboot dello stesso del 2009.
Paradossalmente, Birthright è una storia molto semplice, ma come molte storie importanti, ha un senso anche nascosto, di cui però parleremo alla fine.

L’inizio dell’avventura lo conosciamo tutti: sul pianeta Krypton, lo scienziato Jor-El e la moglie astronauta Lara hanno costruito un razzo sperimentale. Solo loro infatti sono a conoscenza dell’imminente distruzione del pianeta ma, come Cassandra, nessuno crede loro. Sconvolti e disperati e senza più tempo da perdere, la coppia decide di affidare al razzo e alla gentilezza degli estranei il loro figlioletto, Kal-El, facendogli il regalo più grande che due genitori possano fare ad un figlio: il futuro.
Il piccolo Kal viene poi adottato dalla coppia gentile formata da Jonathan e Martha Kent, agricoltori del Kansas che insegnano al piccolo i valori in cui credono, scoprendo, assieme al bambino che ormai è il loro figlio, che forse il cielo ha donato qualcosa di più al piccolo alieno. Sotto la luce gialla del sole infatti, come previsto da Jor-El, Kal, ora Clark, ha poteri straordinari. Grazie ai Kent, come sperato da Jor-El e Lara, Clark ha anche una morale straordinaria. E così il nostro decide di viaggiare, diventando un corrispondente estero, viaggiando in Africa e tastando il mondo intorno a lui, cercando di capire il modo migliore per aiutare la gente.
Per farlo, Clark si farà cucire un costume dalla madre, usando il simbolo della casata di El come stemma, per ricordare al mondo e a se stesso le sue origini, ma senza mai dimenticare di essere al servizio di un bene più grande. E poi Clark penserà anche ad un travestimento: una versione di se stesso un po’ goffa e maldestra, che permetta al suo vero io di proteggere chiunque ne abbia bisogno. Ma a non tutti piace questa idea, quella di qualcuno più forte che difende chi è più debole. E così Superman si troverà a dover affrontare il miliardario Lex Luthor, in uno scontro che nasconde più segreti di quanti possiate immaginare.

Birthright, doveva essere “L’origine di Superman per il 21esimo secolo”, una storia che chiunque potesse prendere in mano e apprezzare. Nel fare questo, Mark Waid fa un ottimo lavoro, prendendo tutto quello che nel passato di Superman funzionava e lasciando stare il resto. Perchè scrivere il remix di un classico non è semplice. O meglio, lo è, se si vuole fare un lavoro sommario. Tutti conosciamo le origini di Superman. O meglio, tutti conosciamo Superman. Beh, Waid, fa un lavoro su Clark Kent, e sul suo cast di comprimari, che definire magistrale è fargli un torto.
Quando si riscrive un classico, ci si deve ricordare innanzitutto, che cosa voglia dire “classico”. E, per chi non lo sapesse “Classico” vuol dire qualcosa che trascende il tempo nella quale è stato creato, e che può essere apprezzato da chiunque, anche a distanza di secoli. Non si legge ancora l’Iliade perchè ci piace ascoltare un tizio che per un libro intero ci racconta di tutte le navi che partecipavano alla famosa guerra di Troia, la leggiamo, e la apprezziamo, per il suo valore di fondo, per la sua storia che non è solo una storia.
Non agli stessi livelli di un poema Epico, ma Birthright riesce, con un sapiente lavoro autoriale, a dare alle origini di Superman quel pizzico di corpo in più, che funge sia da strizzata d’occhio agli appassionati, a momenti belli per chi non ha mai letto un fumetto, e a spiegazione di quelle piccole cose che un lettore del 21esimo secolo si chiede.
Perchè, ridendo e scherzando, la sensibilità di un lettore cambia, e sebbene per molti l’idea del travestimento di Clark Kent è abbastanza palese, per altri è una boiata, e quindi, Waid e Yu, in un modo per nulla intrusivo, grazie anche ad un ritmo nella narrazione quasi perfetto, ci creano un ritratto perfetto, di chi sia Superman.
Un lavoro fatto di momenti intimi, di costruzione dei personaggi intorno al suo mondo, come la madre che diventa appassionata di ufologia per capire meglio il figlio, del padre che ha paura di non aver fatto bene il suo lavoro, di una Lois Lane che dimostra ogni giorno di più di come sia la migliore giornalista investigativa del mondo, di una Metropolis viva e frenetica, perfetta rappresentazione del mondo moderno. Un mondo nella quale Clark deve usare un travestimento per entrare, perchè lui, al contrario di altri, è un classico. Lui trascende se stesso. E quindi Clark si traveste….da Clark. In una mossa di un’intelligenza assurda, Waid e Yu, in 12 numeri ci rivelano che sì, Clark Kent è un travestimento. Ma ci sono due Clark Kent. Quello vero, che a volte si veste di blu e viene soprannominato Superman, e quello che lavora in un giornale. Sembra complesso, ma non lo è.
Perchè Birthright, è una storia di formazione, che ci mostra le origini di un Clark che non è infallibile, che porta paura e sgomento anche quando si veste di azzurro, e che si trova ad affrontare problemi che neanche i suoi poteri possono risolvere.E’ una storia sul capire chi siamo, e sul capire le nostre potenzialità.

Quando si scrive una storia di Superman, le opzioni sono due. In verità sono molteplici, ma la storia ci insegna che il meglio l’uomo d’acciaio lo dà in questo bivio. O si va a mille, si pigia il pulsante sul piede dell’acceleratore e si mostra un uomo che getta l’entropia nel Big Bang, che ripara il sole, si pesta con un angelo, sposta i pianeti e si picchia con il dio del male, oppure si scava. Si scava nell’idea stessa del supereroe, dove quella calzamaglia sgargiante non rappresenta qualcosa da nascondere, ma la nostra personalità.
Ed è questo il lavoro di Waid e Yu su Birthright, un’analisi dettagliata su chi sia Clark Kent, e sul perchè ogni tanto si vesta col completo. Un’analisi su un uomo, che pur potendo spostare le montagne, è solo, in un mondo di altri uomini, e si deve muovere di conseguenza. Waid e Yu, trovano, o meglio, fanno scoprire l’umanità in Superman, in una storia fatta sì di azione al fulmicotone, esplosioni e “S” giganti usate come scudo. Perchè è comunque un fumetto di supereroi, un fumetto d’avventura, e possiamo fare i filosofi del nerdismo quanto ci pare, ma anche il divertimento senza pensieri è importante quando si scrive una storia del genere.
Birthright riesce a bilanciare tutto quanto, l’azione veloce, il dramma, l’umorismo e i momenti di introspezione, senza trasformare il tutto in un calderone di cose, messe lì per far vedere che Superman è interessante perchè gli sono successe tante cose nel corso degli anni. Birhtright racconta di come Superman sia interessante, perchè Clark Kent è interessante. Perchè tutti noi siamo più o meno bravi in qualcosa, ma anche quando siamo bravi, non sempre riusciamo. Ma, ecco, la seconda arma segreta di Waid e Yu. Un’arma che viene usata verso il finale, quando ci viene rivelato che il piano di Lex Luthor è quello di screditare Superman, facendo invadere Metropolis da un orda di finti Kryptoniani, trasformando la S di Superman in una svastica. Armati di tecnologie all’avanguardia potenziate dalla Kryptonite, i finti alieni riescono a portare devastazione per la città e a terrorizzare gli abitanti. Superman è forte, l’abbiamo visto, ma non è ne ubiquo ne invincibile.

Indebolito dalla Kryptonite, Superman spenderà ogni oncia della sua energia per salvare più civili possibili, fino a quando Val Gar, capitano dell’armata di Krypton riuscirà a fermare l’azzurrone, strappandogli la S sul suo costume, e arrivando quasi ad ucciderlo. Ma prima di sferrare il colpo finale, Val gar verrà fermato dalla più grande forza dell’uomo del domani: le persone che ha ispirato. Una folla, capitanata da Jimmy Olsen si mette a mò di muro fra l’eroe e il cattivo. Fino a poco prima nessuno voleva avere a che fare con Superman, ma dopo aver visto quello che ha fatto e che può fare, nessuno alzerà un dito sull’uomo d’acciaio. Perchè quella S, quel simbolo, non significa svastica. Significa Sogni. Significa Speranze. Superman forse può sollevare le montagne e saltare da un continente all’altro, ma la sua vera forza, come eroe e come personaggio è il potere di ispirare chi legge.
Quella frase, di Jimmy Olsen, il momento più bello della storia di Superman, e il secondo momento più bello della serie, è semplice, ma complesso. “Giù le mani. Lui sta con noi”. E non ho parlato molto di Yu in questo articolo, ma guardate quella vignetta. La furia nel volto di Jimmy, il dettaglio della signora anziana che combatte con una spatola, l’uomo con un tubo di ferro, il tutto da dimenticare che non c’è uno sfondo da quanto il tutto è forte e ben studiato. Dicevamo “Lui sta con noi”. Quell’idea, semplice che quello che facciamo ha un senso, perchè quando saremo stanchi, qualcun altro potrà portare la torcia. Si diceva Birthright è una storia su Clark Kent, è vero o contraddirrei gran parte di questo articolo, ma è anche una storia sul dono e sul futuro. Un futuro che forse non vedremo mai, che rivela come il lavoro di chi fa del bene sia piantare dei semi, e forse un giorno vedrà crescere qualcosa. Con la parola chiave che è “forse”. Due famiglie hanno dato tutto per dare al loro ragazzo un futuro. E quel futuro, siamo noi. Noi, e Superman perchè, per citare me stesso: Superman è Troppo forte? Forse. Troppo buono? Certo. Troppo umano? Mai abbastanza.
Birthright è una storia semplice, ma come tutte le storie semplici, nasconde in realtà una complessità reale, fatta di tecnica, di fatica e di amore per quello che si vuole raccontare, che non è indispensabile, ma non guasta.
Una storia che cattura l’essenza di Superman, fondendo dentro il calderone del costume blu il passato di un personaggio nato per essere un campione del popolo, diventato poi un eroe cosmico, ma ancorandolo alle sue origini umane, pronto per essere proiettato ancora avanti. Sempre più in là, nel tempo e nello spazio. Una delle più belle storie di Superman, per la sua semplicità, e il primo film dell’Uomo d’acciaio, quello che aveva come Tagline “Crederete che un uomo possa volare”. Una storia che sebbene sia un po’ sciocchina, almeno nel finale, è la perfetta summa di quello che è Superman, un qualcosa che chiunque può apprezzare anche se non ha mai sentito parlare dell’azzurrone.
Birthright è la stessa cosa ma fatta un pelo meglio: chiunque può leggerla, capirla anche fra dieci anni e, se ne avrà voglia, amare Superman. Perchè non serve aver letto nulla, ma proprio nulla per poter apprezzare Birthright come opera. E ci farà credere che dietro a quella S, ci sia un tizio, proprio come noi, a cui hanno fatto un regalo enorme. E che ha deciso che vuole donarlo anche a noi. C’è un motivo per cui Superman è chiamato “L’uomo del domani”. Perchè col tempo, dove è lui, ci arriveremo anche noi.
- – Una nuova versione delle origini dell’Uomo d’Acciaio, di cui finalmente c’importa
- – Disegni clamorosi, fino al minimo dettaglio
- – La storia definitiva del personaggio
- – La sua importanza si è persa a causa dei continui rilanci del personaggio
