The Sheriff of Babylon- Recensione

Il fumetto per adulti non è mai morto

Pubblicata nel 2015 dalla Dc comics sotto la sua etichetta Vertigo (creata per portare sul tavolo fumetti con temi più maturi dei soliti supereroi e che nel corso degli anni ci ha portato capolavori come Sandman, Enigma, ma anche Doom Patrol ed Animal Man) la nostra storia è una miniserie in 12 numeri,scritta dall’ex agente della CIA Tom King (che effettivamente ha servito in Iraq) e disegnata da Mitch Gerads (che si inchiostra anche da solo).
Tutto ha inizio a Febbraio del 2004 a Baghdad, dove un poliziotto Iraqeno è stato trovato morto dalle forze Americane; da ciò, in una zona di guerra dove il senso di cosa è giusto e cose è sbagliato si rarefa sempre di più, partono tre storie fermamente intrecciate. Quella di Chris, poliziotto della Florida assunto dal governo per addestrare la nuova forza di polizia americana sul suolo medioorientale, la storia di Nasser un ex capo della polizia che lavorava sotto Saddam più per sicurezza che per vero amore per il dittatore e la storia di Sofia, una giovane Sunnita che ha passato gran parte della vita in America, ed ora ha i contatti ed i mezzi per essere una forza della natura nella sua patria distrutta.

Tre storie molto diverse ma strettamente interconnesse, legate ad una vita perduta, che porteranno però ad un qualcosa di completamente inaspettato.
Gerads è un disegnatore molto interessante perchè, fondamentalmente, è una fusione quasi perfetta di due modi completamente diversi di fare fumetto. E se di base questa caratteristica rappresenta decine, se non centinaia di artisti, che magari fondono il loro tratto tipicamente americano con influenze europee oppure giapponesi, Gerads unisce un tratto americano moderno… ad un tratto americano antico. Gerads ha un tratto sporco, netto e quasi abbozzato. I suoi frigoriferi non sono perfette riproduzioni di frigoriferi presi dal catalogo del supermercato tal dei tali e copiati alla perfezione, sono un insieme di righe che a volte si confondono pure con lo sfondo, e a tratti sembrano pure storti, come fossero solo schizzati. Ma si capisce perfettamente che sono frigoriferi, perchè catturano l’essenza di quello che è un frigorifero.
Ma poi, osservi le inquadrature, la regia, il gioco delle ripetizioni fatto di pose simili, ma leggermente diversi, come fossero fotogrammi sulla pellicola, e vedi tutto il lato cinematografico della vicenda, tutta la sperimentazione che c’è nell’illustrare con toni cupi e grevi, una delle situazioni più terribili della vita dell’uomo, e vedi l’essenza di quella che è la narrazione a fumetti oggi, con il suo taglio particolare ed i suoi ritmi.

Sospeso fra il passato del fumetto americano ed una mano protesa verso il futuro, Gerads non è fra i disegnatori più dinamici che il mondo ricordi, scegliendo di mostrare il movimento più in sequenza di vignette che nella vignetta singola come fanno alcuni colleghi più bombastici e, sebbene nel parere di chi scrive alla lunga questo possa diventare un difetto, racchiuso in una serie limitata e con l’atmosfera giusta, il risultato è più che ottimale e, anzi, dona all’opera un personalità che pochi avrebbero potuto dare.
Certo, l’idea dell’abbozzo per dare l’idea della crudezza della vicenda è graficamente molto interessante ma, come molti altri grandi del fumetto che hanno puntato più al design della storia storia che ai dettagli, a volte i personaggi non principali di Gerads sono francamente indistinguibili uno dall’altro, e in una storia così complessa, a volte è abbastanza fastidioso.
Tom King, è uno scrittore che fa suo il motto: scrivi quello che sai. E quando hai visto l’orrore e la violenza, scrivi di orrore di violenza. Anche il Re lo faceva, a modo suo bombastico e con un bel sorrisone finto sulle labbra, ma la guerra ti cambia e questo lo sappiamo.
Detto ciò, The Sheriff of Babylon è una storia di violenza che smaschera la violenza, la storia di un mondo che sembra lontano, ma che poi è invece tristemente vicino, solo che è stato bellamente ignorato.
King si muove con estrema destrezza fra le sue tre storie, usando come idea di base quella di un mondo confuso alla ricerca di se stesso, come nella famosa Babilonia (detta anche Babele) nelle storie raccontate nelle tre religioni monoteiste più diffuse. E così abbiamo pure capito il titolo.
Fatto sta che la storia procede su tre binari completamente differenti, fra chi crede di non avere nulla a che fare con il conflitto e vuole solo aiutare, a chi vive a metà fra una cultura e l’altra e vuole tornare ad essere felice, e chi ha perso tutto ma prova lo stesso a vivere la sua vita.
Nei due classici approcci narrativi, quello basato sulla storia orizzontale (il protagonista deve arrivare qui, per fare questa cosa) e quello sulla storia verticale (Il protagonista fa un viaggio morale interno), King è estremamente verticale, ma in un modo insolito; l’omicidio iniziale è solo un pretesto, così come i personaggi, per raccontare uno scorcio di quello che era l’Iraq. Quello che King ha visto, in Iraq.
Sono cambiati i nomi, si parlerà anche di cose di fantasia, ma questo fumetto è altamente autobiografico e racconta con un delicato pugno nello stomaco, una storia fatta di Speranza e perdita della stessa, su uno sfondo fatto di squallore, miseria e violenza.
La serie, doveva durare otto numeri, ma è poi stata allungata a 12, ed effettivamente, questo si vede: gli ultimi numeri sono un po’ più deludenti e meno mordaci rispetto ai primi, ma diciamo che questo è solo un piccolo difetto in una storia di grande qualità, sotto più punti di vista.
Mi sono già spoilerato da solo nell’ultima riga che ho scritto, e sono troppo pigro per cambiare la frase: sì, The Sheriff of Babylon è una bella, bellissima e straziante miniserie a fumetti.
Una storia di guerra perfetta per il tempo in cui ci troviamo, uno smascheramento del sentimento di violenza, patriottismo, e anche una riflessione su cosa significhi essere un essere umano.
A modo suo, alternando momenti di violenza spaventosa ad altri di riflessione intima, The Sheriff of Babylon non perde mai il ritmo, non perde mai quella voglia sovversiva di raccontare cose che non vorresti sapere, o che se già sapevi forse avresti preferito dimenticate
Un fumetto che non prende posizione in modo palese (in positivo ed in negativo), ma che presenta il conflitto a più livelli, fisico e morale, letale e simbolico. L’invasione dell’Iraq è stata legittima o meno? Le cose sono stare fatte per il bene del paese o no?

Non mi interessa dare una risposta politica in questa sede, anche perchè dopo la lettura (e molte altre letture) si hanno spesso più domande che risposte, ma mi interessa molto leggere questo tipo storia, narrato in questo medium, che invece è sempre stato fortemente politico, sempre al suo meglio quando aveva un messaggio vero da portare con se.
Questa dualità morale, questa dualità fisica che permea tutta la storia, che muove i personaggi quasi fosse lei il vero narratore, il suo vero motore, questa dualità incarnata anche dal team creativo, che se descritti singolarmente non sembrerebbero avere chimica manco per scherzo ma che invece lavorano come fossero un sol uomo, con una precisione ed una cura per il dettaglio che ho visto raramente. Perchè si vede che è un fumetto scritto con a cuore tante cose, ed un fumetto che pone delle domande, forse perchè neanche chi lo ha fatto ha le risposte.
Ma se dentro di te una domanda urla e vuole essere fatta, non farla nel modo e al momento giusto, ti roderà dentro fino a quando non diventerai solo l’ombra di te stesso. Racchiuso per sempre, in un inferno che ti sei costruito da solo, e coincidentalmente, anche la guerra stessa non è molto dissimile dall’inferno.
The Sheriff of Babylon la domande te la fa. Ed è sempre quella terribile, maledetta domanda filosofica che mi faccio e che non mi fa dormire da quando ho 18 anni: Chi sei veramente, quando le luci della civiltà si spengono?

Pro
  • – Storia basata nel reale
  • – Personaggi molto ben caratterizzati
  • – Offre ottimi spunti di vista
Contro
  • – Non sempre il disegno è molto dinamico

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