The Spirit di Will Eisner-Speciale

Se cercavate il cavallo animato, avete sbagliato direzione

Nel mondo dei videogiochi, va molto di moda parlare di retrogaming, ossia giocare a vecchie glorie del passato videoludico, per una loro importanza o bellezza intrinseca, che trascende le limitazioni tecnologiche dell’epoca in cui sono state create. Nei fumetti non dovrebbe esistere il retroreading, ma in realtà è largamente incoraggiato, perchè il linguaggio di alcune opere, non solo trascende il suo tempo, ma è davvero senza tempo alcuno. Oggi quindi, vi parliamo di uno dei fumetti più importanti della storia: Spirit di Will Eisner.

Siamo 1939 e la Quality Comics si sta gettando nel business dei personaggi a fumetti. In quel periodo inoltre ci fu una sorta di boom del comic-book, anche grazie all’avvento di Superman e del suo Action Comics, con quotidiani che vedevano parte delle loro entrare svanire nel nulla e con un’America che si preparava alla guerra. Molti giornali volevano un inserto domenicale che non contesse strisce, ma vere e proprie tavole a fumetti; in questo la Harvey Comics vide una bella opportunità e la prese al volo, mostrando a vari giornali americani i lavori a fumetti di uno studio in particolare chiamato Eisner ed Iger. Il boss della Harvey parlò con una delle due metà dello studio, William Erwin “Will” Eisner, proponendogli un unicum nella storia dei fumetti: la possibilità di lavorare nei fumetti, con un personaggio di proprietà. Cascasse il mondo, qualsiasi cosa Will avesse creato, sarebbe rimasta sua nei secoli a venire, e in un momento storico dove Superman, la proprietà a fumetti per eccellenza, non era in mano ai suoi creatori, l’occasione era più che ghiotta. Senza contare che l’audience dei giornali non era la stessa dei fumetti, Eisner avrebbe potuto fare quasi tutto quello che aveva sempre sognato.
Il nostro lascerà così il suo studio, vendendo la sua metà di quota ad Iger, e creerà Spirit. E la leggenda era solo all’inizio.

Ma chi era Spirit? Beh, la storia è più complessa di quanto sembri. Partiamo dal principio: il nome. L’editor di Eisner voleva un personaggio erratico, etereo, e pensò di chiamarlo prima “il Fantasma” ed in seguito si fissò sul nome “Spirit”, costringendolo ad usarlo.
In seguito i giornali volevano eroi in costume, ma i supertizi non erano il vero e proprio genere di Eisner e così alla richiesta “Il personaggio ha un costume?” Will disegno sul suo personaggio una mascherina da carnevale e disse “Ovvio che ce l’ha”.
E poi, l’ispirazione più grande. Vedete, secondo Eisner, un buon fumetto doveva contenere tre cose: Azione, Mistero e Suspense. E nessun genere di fumetto si prestava meglio a questi tre ingredienti fondamentali, se non il noir, le storie di detective. E mentre il nostro lavorava ancora alla Harvey, aveva buttato giù dei bozzetti per un nuovo personaggio, un detective con una benda sull’occhio chiamato “John Law”. Viste le similitudini col suo Spirit, molte grandi avventure del personaggio, anche alcune considerate ormai dei veri e propri classici del fumetto,nascevano proprio dalle avventure mai pubblicate di Law. E quindi torniamo alla domanda più importante, “chi è Spirit?”. Spirit è Denny Colt, un giovane detective che, muore nelle prime tre pagine del suo esordio, in uno scontro contro il folle Dottor Cobra.
Fine dell’articolo, tutti a casa.
Scherzi a parte, Cobra stava lavorando ad un esperimento chimico sull’immortalità, e nello scontro con Denny, il nostro era rimasto per un po’ in una sorta di animazione sospesa. Questo donerà al nostro un grande vantaggio sul crimine: il mondo credeva che Denny Colt fosse morto, che non esistesse più. Il buon detective era infatti invisibile, una sorta di spirito tornato in vita per proteggere la città, cosa che farà con l’aiuto del commissario di polizia Dolan, e con la sua fidanzata storica, Ellen, figlia del suddetto commissario.
Prendendo residenza nel cimitero Wilwood, indossando maschera, cappello, guanti ed impermeabile blu, la vita di Denny era finita, ed iniziava quella di Spirit.
Le prime avventure del nostro, prendevano vita a New York, ma in seguito la location cambierà nella fittizia Central City. E no, non quella di Flash, e ridendo e scherzando anche quella della prima apparizione dei Fantastici Quattro. Spirit fu da subito un grande successo, principalemente, per tre grandi motivi. Ah. Tre. Chissà se c’è un pattern dietro questo numero…
Il primo, quello più evidente, era il taglio del disegno, e delle varie soluzioni grafiche impiegate da Eisner, e dai suoi Ghost Artist, quando il nostro fu reclutato nell’esercito durante la seconda guerra mondiale (fra i quale citiamo Lou Fine, il disegnatore preferito di Jack “King” Kirby, il che fa di lui tipo “The Emperor”).
Se pensate che oggi i fumetti abbiano un taglio cinematografico, lo dobbiamo a Will Eisner, e al suo Spirit. Se adorate le soluzioni pop-art di Jim Steranko, uno dei fumettisti più influenti della storia, allora lo dovete a Will Eisner.

Una vignetta di Spirit non era mai solo una vignetta. Era un insieme di soluzioni e strategia grafiche, di amore verso il medium, e di qualità dura e pura, che non aveva mai paura di osare.
Il secondo motivo, era il mix. Certo, Spirit era una serie noir, con alcuni momenti emotivi di grande forza, con un cast di comprimari e nemici variegati e variopinti, come il suo arcinemico Octopus, di cui non vedremo mai il volto, ma solo i famosi guanti viola e gialli. Ma Spirit era anche una serie umoristica, con un senso della battuta tutto suo. Una battuta fatta di slapstick, ma anche di sarcasmo, di satira e surrealismo, che ben si fondeva con lo spirito di un fumetto che cercava di essere qualcosa di più. Quel qualcosa di più, che era andare oltre il classico, il terzo motivo. Le storie di Spirit finiranno di essere pubblicate sui giornali nel 1952, una cavalcata durata 12 anni (negli ultimi periodi Eisner era quasi solamente un supervisore della sua creatura), ma le avventure del nostro non si fermeranno certo qui. Negli anni 60, la Harvey Comics pubblicherà numerose ristampe delle avventure del nostro, negli anni 70 questo lavoro sarà opera della Warren Publishing e della Kitchen Sink Press, con qualche nuova apparizione del nostro spruzzata qui e la.
Negli anni 80 il lavoro di ristampe continuerà, e negli anni 90 la Kitchen Sink pubblicherà nuove avventure di Spirit, firmate da big del fumetto come Alan Moore, Neil Gaiman e Paul Pope.
Questo fino a che negli 2000, la Dc comics non comprerà i diritti del personaggio, e per un po’ Spirit potrà apparire nel Dc universe, in un bel crossover con Batman, e in una serie di 32 numeri assolutamente deliziosa. Di recente, i diritti di Spirit sono passati alla IDW, ma, il personaggio, stabile come una roccia, appartiene ancora, sempre e comunque, agli eredi di Eisner, che pubblicherà la sua ultima storia di Spirit nel 2005. Una nota sullo Spirit della Dc Comics, ed una nota personale, se mi permettete: di solito me le riservo per la fine, ma già che siamo qui, cerchiamo di provare qualcosa di antico. E qualcosa di mio.
I primi 12 numeri della serie Dc di Spirit, scritti e disegnati da Darwyn Cooke, furono il mio primo approccio col personaggio. Si trattava di una lunga saga, che rimodernava le tre cose che c’erano da rimodernare nel personaggio, che resta iconico per più di un motivo, e manteneva le numerose parti che invece erano perfette così.
E per chi me lo chiedesse, le cose da rimodernare erano il togliere dall’assistente di Spirit, Ebony White il suo essere una palese caricatura molto poco simpatica nei confronti degli afroamericani (cosa ammessa anche da Eisner in persona), il dare nuove personalità inquietanti ad alcuni cattivi (come Mister Carogna, l’uomo che gira con un avvoltoio da compagnia) e dare una spolverata all’umorismo. E, a parte la prima, che è la più problematica, il resto non era altro che una passata di vernice nuova, su un mobile quasi perfetto.
Ecco, dicevo, quei 12 numeri, furono per me una rivelazione. Dopo tre anni, passati a capire i supereroi, a respirare i supereroi, Spirit era una boccata d’aria fresca, un qualcosa di famigliare ma di nuovo, un fumetto che ho rovinato a furia di leggerlo, rileggerlo e di prestarlo a chiunque, e una delle prime serie nel quale notai con dispiacere, che a volte un cambio di team creativo, per quanto valido, può rendere un po’ tristi. Ma non sono stato l’unico ad essere stato influenzato dall’opera di Will Eisner. Credo non sia un azzardo definire Spirit come un personaggio importantissimo nel medium, ma con molta meno riconoscibilità al di fuori dello stesso o come qualsiasi altro esempio che io possa fare ricevendo un “Ma no dai, lo conoscono tutti”.
D’altro canto, una pletora di grandi autori del fumetto citano Eisner come pioniere, non solo per l’appeal del suo personaggio, nato da un genere, che fa suo in modo del tutto personale, ma soprattutto come uomo che è riuscito dove molti altri hanno fallito, ed è sempre riuscito a tenersi stretto quello che era suo di diritto.

Non possiamo non far notare, anche se preferiremmo non farlo, che Eisner è una delle muse di Frank Miller, che ha diretto il secondo exploit filmico di Spirit (il primo era un pilota per una serie Tv), creando un prodotto….beh, diciamo non proprio di qualità elevata, ma che paradossalmente aveva dei momenti di puro Spirit, che, se non si conosce il personaggio, possono passare inosservati.
Della serie, ad un certo punto due personaggi si menano, e uno colpisce l’altro con una tazza del gabinetto. Suona folle, suona scemo, ma è quell’umorismo tipico da Slapstick, mezzo cartone mezzo quadro di pollock con cui Eisner farciva davvero ogni sua singola storia. Solo che si tratta solo di momenti. E se lo vedete con gli occhi di un diciottenne senza fidanzata, si tratta anche di Paz Vega che interpreta una danzatrice del ventre, ma non sta lì il discorso. Alla fine di tutto parlare di Spirit è molto complessoma anche molto semplice. Semplice, perchè le avventure di Denny Colt e compagnia, erano avventure. Erano fumetti anni luce davanti a molte altre storie contemporanee, con dialoghi che non sembravano telegrammi, e personaggi che si evolvevano, e che sembravano montagne russe di divertimento. Non erano storie scritte per essere classici del fumetto, e francamente, non tutte lo sono.
Ma l’idea non era quella, l’idea era quella di creare qualcosa si nuovo, usando solo Azione, Mistero e Suspense.

Ed è questo a cui mi riferisco quando dico che parlare di Spirit è semplice, perchè per farlo basta citare queste parole, usarle come un mantra e trapiantarsele nella testa.
Ma poi mi ricordo quella che è la mia storia preferita di Spirit, quella che è poi la storia preferita di molti, che è il toccante incontro/scontro fra il nostro, ed il suo primo amore, Sand Seref.
E allora le parole ti mancano, ti mancano perchè Eisner era un maestro non solo della costruzione della tavola, ma anche delle espressioni facciali, e delle emozioni.
E quando vedi questi personaggi plastici, queste sagome di cartone che si muovono, in un mondo vero, reale, ti rendi conto di star osservando qualcosa di più, di un fumetto dove una donna viene condizionata per comportarsi da tigre, o quella volta che Spirit andò sulla Luna.
“Facile dirlo”, dirà qualcuno. “Lo dici di tutti i fumetti che ti piacciono”. Questo è vero, ma c’è un grosso ma. Esiste, uno strano effetto nel mondo della finzione, che io chiamo “citazione boomerang”. Ovverosia che quando vediamo un’opera fare qualcosa, nella nostra mente questa si cementifica come la prima nella storia a farla. E quando vediamo l’originale, dopo aver visto anni ed anni di copie, l’impatto di quella citazione, di quel tropo di quell’azione, si ferma.
Beh, con Will Eisner, e con Spirit, questo succede… meno spesso. Non si può fermare il boomerang, ma Spirit ci riesce, e ogni singola storia dove il nostro parla di cittàe di sentimenti, ogni momento, anche quello dove ci viene chiesto di non ridere, quando ci viene narrato di un uomo che poteva volare… In quel momento il rumore di fondo nella nostra mente si ferma, e si focalizza sulla storia. Sul mondo tessuto da Eisner e dai suoi collaboratori, e per un singolo momento, diventiamo semplici lettori, e non più scafati critici o cinici appassionati.
Si può parlare per ore di Spirit. Si può recensire sessanta volte la storia “Sessanta minuti”, e ottenere sessante recensioni diverse, si può parlare di quanto Ellen sia una protofemminista, si può discutere se togliere Ebony dalle storie invece che modificarlo in modo positivo fosse una mossa intelligente, e insomma, parlare di Spirit è complesso. Perchè il mare dell’azione è vastissimo, come il cielo del mistero e la terra della Suspense. Gli ingredienti che formano il mondo dove vive Spirit, e che noi, fortunatamente, possiamo continuare a visitare.
Perchè Denny Colt è solo creduto morto. Spirit, vive per sempre.

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