Sguainate gli artigli per la prima volta!
Pubblicata a puntate sull’antologico “Marvel Comics Presents” (sui numeri da 72 ad 84 del 1991), e scritta e disegnata da Barry Windsor-Smith la nostra avventura risponde di base ad uno dei grandi misteri della Marvel: come mai il mutante canadese Wolverine possiede artigli di metallo nelle mani? E la risposta non è “per renderlo il personaggio preferito di chiunque nella fascia d’età 12/18”, ma un qualcosa di più complesso.
Questo perchè, se non lo sapeste, a metà degli anni 70, la testata degli X-men aveva rilanciato gran parte del suo cast di protagonisti, inserendo alcune facce nuove e alcuni personaggi che avevano già calcato le scene dei fumetti Marvel.
Il buon Wolverine era fra questi, avendo fatto ben due apparizioni in un paio di numeri dell’Incredibile Hulk, e nel corso degli anni, lo scrittore Chris Claremont, e i suoi collavoratori ai disegni avevano deciso che, va bene, ci avrebbero raccontato le origini e le storie di tutti questi nuovi X-men, ma che avrebbero lasciato la storia di Wolverine un pelo più misteriosa.
E visto che all’appassionato di fumetti medio basta dire due cose su un personaggio, perchè questo si crei avventure incredibili nella sua testa senza aver mai letto una sua sola avventura, Wolverine verrà lanciato nello Stardom del fumetto mondiale.
Tornando al dunque, negli anni ci verrà rivelato che il potere mutante di Wolverine consisteva in un fattore di guarigione potentissimo, sensi acutissimi, ed una piccola dose di superforza. Gli artigli, il suo tratto distintivo, invece, erano artificiali.

Questo perchè, una volta scoperte le enormi capacità curative del nostro, un gruppo di scienziati facenti parte del misterioso programma noto come Arma X (dove la X, è, a seconda delle versione, la lettera X, il numero romano dieci, o la lettera greca “Chi”) del quale fanno parte Abraham Cornelius, Carol Hines ed un uomo noto solo come “il Professore”, decidono di tentare un esperimento rischiosissimo: fondere lo scheletro di un essere umano con il metallo indistruttibile noto come Adamantio. L’esperimento, che usa Wolverine come cavia, va fin troppo bene, ed in poco tempo, il trio di scienziati si trova ad avere per le mani, e sotto controllo mentale, una creatura a metà fra bestia ed uomo, con uno scheletro indistruttibile, la capacità di guarire da ogni ferita, e per un curioso effetto collaterale, anche degli artigli affilatissimi: una macchina di morte, praticamente perfetta. Chi conosce un po’ l’arte di BWS, sa che in principio, quando il nostro si firmava solo Barry Smith, il suo tratto era molto Kirbyano nelle movenze: potente, altezzoso, e bombastico. E funzionava, funzionava molto bene, BWS ha illustrato alcuni dei momenti più importanti dei Vendicatori (e anche la prima apparizione dell’adamantio) con una forza del disegno fenomenale. Negli anni però, il nostro ha deciso di sperimentare, e di dare una morbidezza molto particolare al suo tratto, figlio di una breve pausa dal mondo del fumetto, dandosi all’illustrazione “pura” e alla pittura.
In questo albo, BWS si disegna, si inchiostra, si colora, e si lettera pure per quasi tutta la storia (con l’aiuto di Jim Novak), riuscendo a fare quello che pochissimi autori sono riusciti a fare, ovvero mettere sotto il loro completo controllo l’opera da loro creata.
Le tinte tenui, unite ad un maestoso gioco cromatico, che fa dei colori caldi il metaforico (e appropriato) fil rouge della storia, contrasta alla perfezione con le immagini di dolore e di terrore che ci vengono presentate. Questi corpi statuari, ma scolpiti nella creta che diventa quindi malleabile si muovono, si rompono, si tagliano in forme sempre più grottesche e spaventose, diventando tetre ed inquietanti, ma resta lo stesso quasi impossibile staccare gli occhi di fronte ad una tale maestria, e all’abilità di BWS di creare un mondo fantastico, ma realmente crudo.

Si parla spesso della violenza nei fumetti, e BWS fa della violenza un’arte, anche quando tutto è primigeno, quando tutto è primordiale, anche quando la bestia prende il sopravvento sull’uomo, nella storia, l’uomo controlla sempre il disegno, con una meccanica fredda, e calcolatrice, con una precisione che spaventa da tanto contrasta con la crudeltà emotiva di quello che si vede sulla pagina, dando vita ad una progressione di sofferenza quasi musicale, e lasciando il lettore a farsi delle domande, sul perchè, alla fine della fiera, ancora sia lì. Imbambolato. Di fronte alla bellezza della morte. Sebbene le successive ristampe di “Arma X” inseriscano il nome di Wolverine nel titolo (anche perchè il concetto di Arma X, verrà poi utilizzato, e cambiato molte volte nel corso della storia della Marvel), il nostro eroe non è proprio il protagonista della storia. Il nostro è un deus ex machina, e alcune delle sue parti sono proprio machina, il cui scopo non è solo risolvere la vicenda a fine albo, ma anche darle vita, e forza. I veri protagonisti sono i tre scienziati, tre persone completamente differenti fra di loro, e al contempo uguali, tre persone che forse sono troppo persone, e quindi non più parte della natura, che cercano di tenere a bada un qualcosa di più grande di loro. Tre persone che, ai loro occhi, e solo ai loro occhi, sono gli eroi di una storia non scritta.
Wolverine è sullo sfondo, Wolverine è la cavia, il mostro, l’uomo, il mutante, l’essere umano, l’animale, che viene distrutto, e ricostruito, ma che lotta, lotta contro un qualcosa che non può controllare, ed è innegabile, che almeno in una delle scene finali, non si possa non esultare per le sue scelte, per i suoi dialoghi, per delle mosse che troveremo aberranti in ogni contesto, ma non in questo.
Ma non è questo, quello che Arma X ci racconta. Arma X ci racconta un progetto il cui scopo è semplicemente quello di uccidere qualunque cosa: anche il concetto stesso di umanità.
BWS usa moltissimo le didascalie, come si faceva all’epoca (anche più di ora, quasi), una tecnica che in quegli anni era ancora agli albori, ma il nostro riesce ad usarla con grande maestria, delineando la situazione, e tutte le emozioni che vengono provate dai nostri protagonisti, con estrema efficacia.
Come nei migliori film del terrore, la suspense è data da quello che sappiamo e da quello che non sappiamo.

Dal mostro, orrendo e spaventoso che si nasconde nel buio. Quel mostro, che ovviamente siamo noi. Su Arma X, è stato detto, praticamente tutto. Non sarò certo io a dire qualcosa di nuovo, se non un mio vecchio cavallo di Battaglia: a me, Wolverine, non è mai piaciuto come personaggio. Mettetteci che sono uno impaziente, e il mistero lo voglio rivelato presto, metteteci che se in un gruppo di supereroi c’è un cattolico dall’aspetto strano, con poteri particolari e che nasconde la depressione sotto un sorriso e allora io mi immedesimerò ALLA GRANDE, ma non sono mai stato preso dal Canadese più famoso dei fumetti. Ma, il concetto alla base del personaggio, quella domanda che ci facciamo tutti, su chi siamo davvero quando le luci si spengono, e nessuno ci guarda, quel gioco di assoluti che si può solo essere un Samurai, un eroe legato all’onore sopra di tutto, o un animale, selvaggio e brutale, è sicuramente una diatriba affascinante, che Arma X affronta in un modo nuovo.
Certo, letta oggi, specie se abbiamo letto o visto le molteplici avventure di Wolverine del presente, o molte altre storie simili, forse Arma X non sembra essere nulla di travolgente.
Invece, lo è ancora e probabilmente lo sarà sempre.
E non solo perchè, come scritto in precedenza, questa storia racchiude perfettamente tutta la sua anima, anche solo nel modo in cui è stata raccontata, fondendo assieme forma e contenuto, in una mossa che se me l’avessero solo raccontata non ci avrei mai creduto.
Ma è una storia che decide che rispondere ad un quesito essenzialmente inutile, perchè, guardiamoci in faccia, chissenefrega del perchè un supereroe possa fare quella cosa lì, quando ce ne sono mille altri che fanno cose ancora più strane, e decide di usare la domanda come una scusa.
Va bene, occhei, ti dico come ha avuto gli artigli. E ti racconto di come la verità stia aristotelicamente nel mezzo, e che nello scontro fra uomo e natura, la natura, di solito, vince.
E lo fa con una poesia mascherata da azione, con una potenza mascherata da violenza. con un’arte alta mascherata da illustrazione pop che ti fa solo dire un grosso “Wow” alla fine di tutto, perchè, anche a me, che di Wolverine me ne frega meno di un paio di scarpe fatte di cartavelina. riesce a psssare un messaggio, che ti fa solo sperare, che gente così, che emozioni così, esistano solo in un fumetto.
Perchè se così fosse, se tutte queste emozioni fossero vere, ci sarebbe da avere paura.
Paura di guardare nel buio. Paura, di guardarsi nel buio.
Arma X resta, a distanza di anni, una delle storie più significative e importanti della storia della Marvel Comics e, nel parere di chi scrive, un vero e proprio classico del fumetto mondiale.
- – Disegni morbidi ed eleganti
- – Delizioso uso del colore
- – Storia profonda e riflessiva
- – Wolverine non è proprio il vero protagonista, se cercate un fumetto di Wolverine

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