Le Mascotte del passato – Terza Parte – Speciale

Siamo all’ultimo giro di boa!

Come disse una volta il sommo Dante Alighieri, “… uscimmo a riveder le stelle”. Dopo aver esplorato i meandri del passato videoludico, volgiamo gli occhi verso le stelle, cadenti e non. Il terzo e ultimo macrogruppo che guarderemo include mascotte definite “storiche” e senza tempo, con titoli di ogni tipo e dalle potenzialità sconfinate, spesso sviluppate come idee relativamente ben riuscite. Il caso di queste tre, però, è un po’ diverso dagli altri.

Pac-Man  Cosa non è stato già detto di Pac-Man, l’adorabile pizza a sette spicchi di Namco? Potremmo fare gli intellettuali e raccontare l’origine del suo nome, un po’ come fa Scott Pilgrim; potremmo raccontare le gesta del campione del mondo di Pac-Man, Billy Mitchell; o potremmo, più banalmente, raccontarvi il rapido decadimento della mascotte dal 2000 in poi. Indipendentemente dal punto affrontato, Pac-Man resta una delle serie più importanti del mondo, senza la quale, probabilmente, i videogiochi non sarebbero gli stessi. Per certi versi raggiunge lo stesso grado di importanza di Tetris, questo è vero, ma è altrettanto vero (purtroppo, oseremmo dire), che il motivo per cui Pac-Man si ritrova in un elenco di mascotte definite “di serie B” non è affatto lasciato al caso. Come già abbiamo anticipato poc’anzi, l’inizio del nuovo millennio non è stato molto gentile con Pac-Man. Certo, la rivisitazione del brand con Pac-Man World è risultata in diversi platform estremamente robusti e piacevoli che catturavano perfettamente l’essenza del brand in formato 3D, sperimentando in maniera nuova e inedita la possibilità di esplorare i livelli utilizzando anche l’asse Z. Dopo questa breve parentesi, però, il brand si è un po’ perso, raggiungendo un picco negativo con la tiepida serie delle Avventure Mostruose. Il nuovo Pac-Man che Namco, stavolta con Bandai, ha cercato faticosamente di ricostruire per la terza volta non è riuscito a convincere nello specifico i fan storici della serie, specie considerando la rivisitazione del character design, troppo giocattolosa e priva di quell’anima che, sempre stando ai fan, caratterizzava il Pac-Man di qualche anno prima. Fortuna vuole però che, tra tutte le compagnie, fosse proprio Nintendo a smuovere le cose attorno al 2014. Smash Bros for Wii U (sviluppato, ricordiamo, proprio da Bandai-Namco) fu il primo titolo a riportare Pac-Man ai fasti d’un tempo. Certo, magari senza tutto il suo lustro, ma consegnandogli di sicuro un look più riconoscibile e apprezzabile, per far capire ai fan che erano stati ascoltati e che sarebbero stati accontentati con Smash. La parentesi Platform di Pac-Man lo aveva reso sfortunatamente l’ombra di ciò che era davvero, ma per fortuna Namco è tornata sui propri passi per riaffermare il brand come uno dei puzzle game più popolari della storia, partorendo perfino un battle royale su Nintendo Switch (PAC-MAN 99). Certo è, comunque, che nonostante le qualità altalenanti, Pac-Man potrebbe davvero accogliere tantissimi nuovi fan tra le fila del genere. Alla stessa maniera degli altri brand, ci auguriamo che un giorno possa tornare qualche altro platform a tema, a patto che mantenga la qualità dei grandi classici.

Frogger  Se c’è una serie che ha avuto un destino peggiore di Pac-Man, è probabilmente Frogger. Nato come alternativa ai tanti altri numerosissimi titoli da sala giochi del periodo, Frogger vide la luce nel 1981, convincendo fin da subito con il suo gameplay semplicissimo (bisognava portare una rana alla sua tana passando attraverso un’autostrada prima e un fiume poi) e a tratti piuttosto ripetitivo, ma comunque divertente e ben riuscito. Furono in tanti a imitarne lo stile, ma nessuno riuscì a eguagliarne la raffinatezza e le caratteristiche. Nonostante la sua più che onorata carriera, però, anche Frogger fu reduce di una serie di strafalcioni dal 2000 in poi, specialmente durante l’epoca Playstation 2. I creativi e freschissimi puzzle platformer che sviluppavano l’idea di base del brand su livelli considerevolmente più ampi vennero presto sostituiti da una versione del personaggio molto meno apprezzabile, ricadendo nel genere dell’action adventure, e inquinando al contempo tutte le ottime versioni della serie in uscita contemporanea su console portatili. Nonostante i seguiti piuttosto discreti dopo gli strani titoli della combriccola, il danno era purtroppo fatto. Frogger aveva perso rapidamente la sua nomea, restando un titolo prevalentemente ricordato per i fasti d’un tempo, più che per la qualità dei suoi giochi in quel periodo. Dopo il 2005 la serie si è vista rapidamente scemare sia in interesse che in qualità. Da allora sono usciti diversi titoli che, però, e forse a buona ragione, seguono la filosofia del ritorno al classico, piuttosto che della forzata innovazione. Davvero un peccato.

Bubsy  Potrebbe sembrare uno scherzo, ma Bubsy rientra a tutti gli effetti tra le mascotte storiche per diversi motivi. Nonostante non abbia neanche un decimo del lustro di Frogger o Pac-ManBubsy si è rivelata essere una delle serie più scostanti ma longeve della storia. Iniziata nel 1993 con il titolo per SNES e Mega Drive “Claws Encounters of the Furred Kind” (chiara parodia del titolo “Incontri ravvicinati del terzo tipo”), Bubsy scelse un gameplay affine a Sonic, ma senza le caratteristiche che lo rendevano bilanciato e divertente. Lo scostante lavoro alle spalle del primo titolo ha comunque convinto la critica dell’epoca, rendendolo una valida alternativa ai più affermati Mario e SonicAccolade aveva in qualche modo fatto il colpo grosso, ma non riuscì affatto a capitalizzare, specialmente parlando in termini di qualità. Un misto di contesti e situazioni sfortunate mandò Bubsy al macello fin dal suo primo seguito, trend da cui non si è mai più ripreso. Nonostante tutto questo, però, la serie è rimasta impressa nella memoria dei giocatori dell’epoca come un classico di culto, di cui si apprezzano i pregi e si accettano largamente i difetti, nel bene e nel male. Il mix di elementi che compongono il carattere di Bubsy lo rendono una delle mascotte più sconclusionate della storia, ricordata quasi esclusivamente per la sua distintiva e assillante vocina. Ultimamente la serie non se la passa malaccio: l’ultimo capitolo del brand è uscito lo scorso 2019 e ha portato a casa, come tutti gli altri titoli della serie, risposte dal pubblico spietatamente mediocri. Ciò che salva il brand, ad oggi, è l’autoironia. Accolade conosce perfettamente i pregi e i difetti di Bubsy, ed è per questo che ne decanta ogni aspetto.

Quest’ultimo sguardo a Bubsy ci porta alla conclusione di una lunga, disamina sulle mascotte dei platform goliardicamente definite come “di Serie B”. Non abbiamo neanche scalfito la superficie di quel vastissimo mondo, ma è giusto iniziare da qualche parte. Tra i vari Ty, Tak, Kay, Kya, Kao e chi più ne ha più ne metta si nascondono giochi davvero apprezzabili, che aspettano solo di essere esplorati. Magari non avranno il lustro di un Tripla A, ma sapranno comunque tenerci compagnia, come solo i videogiochi sanno fare.

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