Che cos’è la decostruzione del supereroe? (Chiedilo al Giova) – Speciale

Bisogna demolire per ricreare

“Chiedilo al Giova” è la rubrica aperiodica dove voi lettori potete fare tutte le vostre domande sul fumetto a Giovanni, il nostro uomo dei fumetti più anziano. Avete una curiosità sul mondo dei supereroi? Un dubbio amletico sulle mutande di Superman? Il Giova sa e risponde. Oggi rispondiamo ad un quesito del lettore Marco che ci chiede: Che cos’è la decostruzione del supereroe?

Partiamo da un presupposto molto semplice: “Decostruzione” è un termine che la maggior parte delle persone che legge fumetti di supertizi, con una certa costanza, ha sentito almeno una volta, e più o meno sempre legata ad un’opera seminale del genere come Watchmen o Il ritorno del cavaliere oscuro ma, nel bene o nel male, come succede spesso, la parola non viene contestualizzata, ma data un po’ per scontata.
Che cosa sto decostruendo? Beh, l’idea di base è abbastanza semplice. Il supereroe, è un concetto narrativo che funziona su due piani, quello del personaggio, e quello della storia. Questi due livelli, sono la base del racconto moderno, eterni rivali per la supremazia all’interno della narrazione, e difesi a spada tratta da chi preferisce storie con grandi personaggi, e chi invece preferisce una grande storia, ignorando che questi elementi dovrebbero vivere in equilibrio,un equilibrio dato da alcune regole generali, che si applicano ad ogni genere, e ad ogni tipologia di personaggio.

Per quanto possiamo pensare di essere originali, è abbastanza complesso creare qualcosa che sia completamente nuovo e già visto, spesso e volentieri il gioco sta tutto nell’usare ingredienti già presenti nel patrimonio narrativo umano, e mischiarli in un modo diverso, tanto da distrarre abbastanza il fruitore del racconto da poter dire un bel “Wow”, e non un terribile “Ehi, ma questo è uguale ad X”.
Negli anni 40, il modello del supereroe, la costruzione del personaggio se volete, era molto, molto semplice. Un uomo/donna (ma raramente) molto forte moralmente, che mena i cattivi. La novità, quel pepe in più non era dato dalla personalità del personaggio spesso e volentieri, ma dalle atmosfere e dalle abilità del protagonista. Batman non era molto diverso da altri vigilanti pulp, Superman più che un boyscout era un rivoluzionario superforte, e Wonder Woman era Superman con qualche idea di come il mondo dovesse essere in mano alle donne. Si poteva deviare un po’ dai binari, ma la base restava la stessa.


Negli anni 60 nei fumetti arriva l’introspezione, e abbiamo così eroi con veri e propri problemi personali, e abbiamo così una prima decostruzione del genere, che fa sua questa rivelazione, rendendola parte delle convenzioni del genere.
Nella nostra modernità, è quasi impossibile non vedere un supereroe che piange, o che fa il depresso. Un po’ perchè c’è questa orrenda tendenza nelle storie a credere che solo la tristezza possa essere profonda, mentre la felicità sia una cosa da sfigati, un po’ perchè, il mondo era comunque cambiato.
Per quanto sia bello pensare che l’arte debba vivere in una bolla che è la mente dell’artista, e che il pubblico debba solo goderne ammirato, le cose non vanno proprio così. In modo molto semplice, se qualcosa non è rotto, non va aggiustato, ma non significa che non si possano fare delle modifiche al progetto iniziale.
Con una maggiore possibilità di acquisire cultura, senza l’ombra di una guerra mondiale alle spalle, l’idea, il modello di supereroe visto come il belloccio che salva tutti, non era più appetibile. E allo stesso tempo, i problemi esagerati e da soap opera dei supertizi moderni potevano sembrare tutto sommato un qualcosa di poco tollerabile.

E arriviamo così alla terza decostruzione, quella più famosa, quella di Watchmen, che, per chi non lo sapesse, prende dei vecchi personaggi Charlton Comics, gli cambia il costume, e fa la sua prima magia: divide i componenti basilari della loro personalità, e li ricombina in un modo tutto nuovo.
Non solo le emozioni dei personaggi diventavano più vere e reali, ma il mondo intero intorno a questi personaggi particolari cambiava e si evolveva. Le scelte dei personaggi avevano conseguenze, se un vigilante pestava qualcuno in un vicolo, il mondo intero non lo vedeva più come un salvatore, ma, come nel mondo vero, qualcuno aveva giustamente da ridire sui suoi metodi.
Insomma, il mito veniva tolto dal piedistallo, e fatto affondare nel grigiore della mediocrità.
Da un punto di vista prettamente personale, faccio molta, moltissima fatica a capire il bisogno del “reale” a tutti i costi nei fumetti di supereroi, spesso perchè non si tratta di realtà vera, ma solo di cinismo tanto per, ma, d’altro canto, è anche vero che leggere un fumetto anni 40 medio, per quanto possa essere un gusto acquisito, è francamente difficile. Non c’è pathos, e figuriamoci se ci sono anche porthos ed aramis, non c’è personalità vera, c’è solo uno scheletro, fatto di fumo e specchi per mascherare il fatto che non ci sia reale differenza fra il leggere Tor, il signore della jungla o Baar, il re degli elefanti.
Più che altro, come successe con la prima decostruzione, anche questa seconda evoluzione del medium ebbe numerose conseguenze sul genere, che decise con forza di prendere questo contesto, e calarlo in tutte le storie possibili ed immaginabili, creando però non pochi problemi.
Watchmen, Il ritorno del cavaliere oscuro e molte altre storie, avevano un tono cupo, ma per un motivo reale, per delle reali esigenze narrative. Altre opere, non avevano bisogno di quel tipo di decostruzione, e anzi, hanno risentito del cambiamento, diventando pesanti e pretenziose. Certo, alcune storie come Stormwatch, dalla decostruzione ci hanno solo che guadagnato, ma questa overdose di serietà, porterà un’altra cosa nuova.

La decostruzione faceta. Quell’analisi che dice “Va bene, pestare i criminali a sangue nei vicoli senza autorità legale è una cosa brutta, e siamo d’accordo, ma perché farlo vestito da scemo?”.
Il puntare il dito verso l’assurdità della vicenda, il mostrare che sì, il re è nudo, e che il supereroe resta un medium che funziona al suo meglio quando è proiettato per l’infanzia, e quindi quando è colorato e sciocchino, fu la seconda grande rivoluzione del medium.
Nascevano così storie squisitamente postmoderne, dove il contesto perdeva di significato, ed era la personalità dei personaggi a prendere con forza il ruolo del leone, l’idea che indossare un costume non rendesse perfetti, anzi, veniva ribaltata sulla testa, e si imparava a ridere delle nostre follie ed idiosincrasie, e non solo ad avere paura di chi fosse ad osservare i vigilanti.
E arriviamo così al cuore della domanda, quale delle due decostruzioni è migliore? Quella seria, dove l’eroe deve affrontare le sue scelte, o quella faceta dove l’eroe è un cretino?
La verità, è un ritorno al principio dell’articolo. Ovverosia un terribilmente ignavo “Dipende”.
Il vero problema della decostruzione del supereroe, è che veniva spesso presa troppo sul serio, e decontestualizzata. Quando uscì Watchmen, il messaggio non era “siate tutti brutti e cattivi”, ma “aggiungiamo uno strato di complessità nuovo”. Per dire, l’autore dell’opera, Alan Moore, passerà poi buona parte della sua carriera dei fumetti post Watchmen a ricostruire il mito dei supereroi, e ci darà poi il suo più grande capolavoro, Tom Strong, che è un eroe pulp, con problemi e paturnie, ma con una grande aura di felicità alle spalle.
Ecco, il segreto sta nel capire che tipo di storia voglio raccontare, e che tipo di storia ho davanti.
Nessuno vieta di fare supereroi cupi, o supereroi cretini, il gioco sta nel capire chi ho davanti, sia come lettori, sia come personaggi, sia come storie.

Si tratta di un equilibrio molto difficile da mantentere, perchè purtroppo i fattori da tenere in considerazione non sono pochi. Da un lato c’è l’idea che un personaggio debba sempre avere un certo feel, e quindi che non si possa mai muovere dalla sua zona di comfort, dall’altro c’è la difficoltà di rendere vero un mondo dove la gente vola, e dall’altro tutto un insieme di regole non scritte alla quale i lettori di fumetti sono ben abituati, e alle quali spesso e volentieri danno spiegazioni lunghe e complesse, per divertimento, o per giustificare il loro amore verso qualcosa che non è proprio fatto per loro. Ops.
Da un lato, una decostruzione più seria, dà corpo ad una storia, la rende sporca, cruda, più vera. Diventa più semplice empatizzare, sentire vicino, un personaggio che ha dei problemi reali, e che non ha sempre un lieto fine, un personaggio dal quale possiamo rubare frasi e traversie ed applicarle alla nostra vita.
Dall’altro, una decostruzione più faceta, mette le ali alla creatività, e non la lascia cadere mai, perchè siamo in un mondo dove la gente vola, l’assurdo non è un problema, anzi.
La decostruzione ha fatto molto, per il medium. Possiamo dire tranquillamente, che più che “decostruzione” abbiamo avuto di fronte un’evoluzione del medium, che ha deciso di esplorare in modo sempre più approfondito le sue conseguenze, facendosi spesso e volentieri molte domande.
“Cosa succede a tizio dopo che vince?”, “Come funziona una matrimonio con un supertizio?”, “Cosa c’è di meglio di un tipo che vola e fa cose?”. E, come hanno scoperto gli autori con una lentezza straordinaria, e qualcuno ancora non l’ha capito, è che non esiste una risposta fissa.
Mettendo i supereroi in un contesto più reale, in un contesto fatto di persone e non di archetipi, si è aperta la porta al fatto che le persone sono diverse fra di loro.
E quindi per un dato personaggio, è importante un feeling cupo, per un altro uno leggero, e per un altro ancora entrambi.

Perchè la vita, l’universo e tutto quanto, sono grigi e tristi, ed anche assurdi alle volte.
Il problema è ingabbiare la rivoluzione, mettere le catene alla creatività, per una serie di regole che non stanno né in cielo né in terra, e verso una reverenza religiosa per alcune opere seminali.
Ho scritto già di come i fumetti belli in realtà rovinino tutto, perchè impediscono al medium di crescere, creando una serie di cloni, creati solo per ricatturare il genio nella lampada e fare un valanga di soldi, ma la decostruzione ha lo stesso potere.
Le cose si smontano, per ripararle, non per lasciarle smontate.
Il gioco non è mai stato decostruire il supereroe in un sola maniera, per poter raccontare storie cupe o stupide; il gioco è sempre stato aprire la scatola, vedere cosa si poteva migliorare, e farlo.
Perchè il mondo del fumetto non ha bisogno di un nuovo Watchmen, di una nuova Justice League International. Ha un bisogno, quasi morboso, di qualcosa di nuovo, di una terza decostruzione e poi, di volare sempre in avanti.

E anche oggi, le vostre domande hanno avuto risposta! Ma se ne avete altre, e riuscite a trovarlo, forse potrete reclutare il Giova per un altro giro! Fatevi sentire nei commenti, o sui nostri canali social!

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